intelligenza artificiale

Super-algoritmi per estrarre
il calore dal sottosuolo
senza provocare terremoti...

Venerdì 5 febbraio 2021 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache

Rolph Krause, direttore dell’Istituto di scienza computazionale dell’USI, coordina un importante progetto per sfruttare al meglio la geotermia, in collaborazione con l’ETH e il Centro svizzero di calcolo scientifico
di Elisa Buson

Lanciata verso un futuro sempre più green, la Svizzera cerca nuova energia, pulita e rinnovabile, per dire finalmente addio al nucleare, riducendo al tempo stesso la dipendenza dai combustibili fossili. A tracciare la roadmap è la Strategia energetica svizzera per il 2050, approvata dal Consiglio federale e basata su quattro pilastri fondamentali: più efficienza energetica, meno consumi, graduale dismissione delle centrali nucleari e potenziamento delle energie rinnovabili. Non solo quelle derivanti da acqua, vento e sole, ma anche quella che scaturisce direttamente dal “cuore” del nostro pianeta: l’energia geotermica. Quest’ultima, in particolare, rappresenta una sfida davvero ardua: in passato ha già fatto letteralmente tremare la terra sotto i piedi a molti svizzeri, ma presto potrebbe essere vinta grazie alla matematica e all’intelligenza artificiale. Ci proverà il nuovo progetto FASTER (Forecasting and Assessing Seismicity and Thermal Evolution in Geothermal Reservoirs), che coinvolge l’Università della Svizzera italiana (USI), il Servizio Sismico Svizzero (SED), il Politecnico federale di Zurigo (ETH) e il Centro nazionale svizzero di calcolo scientifico (CSCS).

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«L’energia geotermica è generata dal calore del sottosuolo, che si manifesta attraverso l’aumento progressivo della temperatura delle rocce, pari in media a 3°C ogni 100 metri di profondità: è una fonte di energia pulita» - spiega Rolf Krause, professore ordinario dell’USI e direttore dell’Istituto di scienza computazionale (ICS), nonché coordinatore del progetto FASTER insieme a Thomas Driesner, professore presso l’Istituto di geochimica e petrologia all’ETH.
L’energia termica accumulata nel sottosuolo può essere estratta attraverso l’acqua o il vapore, che fluiscono in superficie dal serbatoio geotermico in modo spontaneo (ad esempio attraverso i geyser) oppure attraverso pozzi artificiali. «Per soddisfare i consumi di una casa in generale - continua Krause - basta scendere nel terreno di 80-100 metri, mentre gli impianti più importanti possono arrivare anche fino a un chilometro». Per raggiungere tali profondità, bisogna iniettare importanti quantità di acqua ad alta pressione, in modo da creare fessure nella roccia: questo genere di stimolazione idraulica, però, rischia di generare vibrazioni sotterranee e perfino terremoti.
È accaduto nel 2006 a Basilea, con una serie di microterremoti culminati con una scossa di magnitudo 3.4 che è stata percepita in un’area molto estesa, come riporta il Servizio sismico svizzero. Successivamente è accaduto anche a San Gallo, nel 2013, quando un’improvvisa fuga di gas ad alta pressione nel pozzo ha costretto i tecnici a intensificare le opere di pompaggio fino a scatenare un sisma di magnitudo 3.5, chiaramente avvertito dalla popolazione. Tanto è bastato per suscitare preoccupazione e bloccare ulteriori esplorazioni del suolo elvetico.

«Per operare in sicurezza bisogna capire esattamente quanta acqua iniettare e a quale pressione, ma è difficile prevedere come reagirà il sistema, perché ogni territorio ha caratteristiche geologiche a sè», sottolinea Krause. Per superare queste difficoltà, nel 2017 è nato FASTER, un progetto che vede geologi, matematici e informatici fianco a fianco per creare nuovi strumenti con cui stimare in modo affidabile il rischio di terremoti indotti, con tempistiche che consentano di intervenire per evitarli.
«Per prevedere il rischio bisogna creare un “gemello” digitale del sito che si intende perforare - spiega l’esperto dell’USI. - Per questo abbiamo sviluppato un software che permette di fare una simulazione “multifisica” del sistema, ovvero di riprodurre in maniera virtuale i processi fluidodinamici che regolano le interazioni tra liquido e solido (cioè tra l’acqua e la roccia) insieme a tutte le variabili che possono condizionarli, come la geometria e la geologia del sottosuolo, la temperatura e le reazioni chimiche che si innescano nel terreno». Per “vedere” con un’alta risoluzione cosa accade fin dentro le più piccole fratture delle rocce serve un’imponente capacità di calcolo, quella del supercomputer del Centro nazionale svizzero di calcolo scientifico (CSCS) di Lugano. I ricercatori contano però di sfruttare l’intelligenza artificiale e altri algoritmi complessi per semplificare il sistema di simulazione, in modo che in futuro possa essere utilizzato anche da computer meno potenti e "divoratori" di energia (energivori, come si dice in gergo).

«Il software - precisa Krause - può avere molte applicazioni che vanno ben oltre la geotermia, perché il problema matematico dell’interazione tra fluido e solido si presenta in svariati settori: noi, per esempio, lo stiamo già utilizzando in collaborazione con l’Università di Lucerna per la simulazione di turbine, mentre con l’Università di Berna e il Cardiocentro Ticino lo impieghiamo per studiare il funzionamento delle valvole cardiache artificiali. Queste - conclude Krause - sono le incredibili possibilità che offre l’astrazione della matematica, la “lingua” degli algoritmi: la sua forza è che ci permette di guardare la realtà senza perderci nei dettagli, ma con la mente libera di riconoscere cosa si nasconde dietro».

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