SCENARI FUTURI

«Voglio creare un’intelligenza artificiale più intelligente di me (per poi ritirarmi...)»intelligenza artificiale

Lunedì 21 dicembre 2020 circa 6 minuti di lettura In deutscher Sprache

Parla Jürgen Schmidhuber, direttore scientifico dell’IDSIA. Pioniere dell’intelligenza artificiale, è autore di una serie di algoritmi per il riconoscimento vocale usati da miliardi di dispositivi mobili al mondo
di Elisa Buson

Afferrate lo smartphone e domandate al vostro assistente vocale “chi è Jürgen Schmidhuber?”: se potesse vi risponderebbe “papà”, ma molto più probabilmente si limiterà a indirizzarvi sul suo profilo in Wikipedia. Così scoprirete che questo pioniere dell’intelligenza artificiale (in sigla AI), autore degli algoritmi per il riconoscimento vocale usati da miliardi di dispositivi mobili al mondo, lavora proprio in Ticino: ricopre il ruolo di direttore scientifico all’IDSIA-Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza Artificiale, affiliato all’Università della Svizzera Italiana (USI) e alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI). Probabilmente finirete per visitare pure la sua pagina personale sul sito dell’Istituto, e lì avrete modo di conoscere non solo il professore, ma anche il personaggio.

Tra numeri di telefono e fax “fasulli” (trasformati in diaboliche sequenze con il numero 6 ripetuto sei volte), troverete anche un indirizzo e-mail a cui siete letteralmente invitati a inviare spam, e capirete subito che l’ironia è il suo pane. A chi non lo conoscesse, Schmidhuber ricorda che si trova su Internet dall’anno 1405 (“secondo il calendario musulmano”) e offre pure una rapida lezione di tedesco per imparare a pronunciare il suo cognome non semplicissimo (“se potete pronunciare Schwarzenegger, Schumacher e Schiffer, allora potete anche dire Schmidhuber”). Oltre al gusto per gli scherzi (non provate a premere il bottone rosso in fondo alla pagina, per carità!), il professore ha anche una buona vena artistica, come dimostrano le sue vignette. 

Riempie di speranza quella in cui ha disegnato un robot che con un cazzotto ribalta il virus SARS-CoV-2. Perché Schmidhuber sì, è davvero convinto che l’intelligenza artificiale potrà tirarci fuori da questa pandemia. «La crisi del coronavirus ha portato la collaborazione scientifica mondiale a un livello senza precedenti - spiega. - L’intelligenza artificiale basata sulle reti neurali e sul deep learning (apprendimento profondo, ndr) può aiutarci a combattere Covid-19 in molti modi. Il principio base è semplice: addestrare le reti neurali a riconoscere elementi ricorrenti nei dati relativi a virus e pazienti in modo da utilizzarli per predire le conseguenze di possibili azioni». La tecnologia può essere impiegata per tracciare l’evoluzione del virus così come gli spostamenti e i contatti delle persone, per prevedere lo scoppio di nuovi focolai e la necessità di farmaci e attrezzature mediche. Può anche esaminare i parametri vitali e gli esami clinici delle persone, per scoprire gli asintomatici contagiosi e i pazienti a rischio di complicanze severe. Inoltre può anche aiutare la ricerca nello sviluppo di nuovi farmaci e vaccini. 

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Insomma, nel campo dell’intelligenza artificiale le aspettative sono molto alte e vanno ben oltre la lotta a Covid-19. Le possibili applicazioni di questa nuova tecnologia, infatti, sono molto più numerose e potenti di quelle che abbiamo sperimentato finora. «Oggi la maggior parte dei profitti dell’AI sono nel mondo virtuale - dice Schmidhuber - e derivano dal marketing e dalla vendita di pubblicità: questo è ciò che fanno le piattaforme delle grandi società che si affacciano sul Pacifico, come Alibaba, Amazon, Facebook, Google e Baidu, per citarne alcune. Il marketing, però, è solo una piccola frazione dell’economia mondiale. La fetta più consistente viene da tutto il resto, che sarà presto invaso dall’intelligenza artificiale proprio come nei film. È questa la grande novità che ci attende nel futuro: l’intelligenza artificiale nel mondo fisico, applicata per esempio a robot e processi industriali».

E allora come cambierà la nostra vita? Se lo chiedete a Schmidhuber farete meglio ad allacciarvi le cinture di sicurezza, perché verrete sbalzati immediatamente in uno scenario ai limiti della fantascienza: «Molte intelligenze artificiali curiose, capaci di automigliorarsi e di ideare i propri obiettivi (proprio come quelle che per decenni sono esistite nel mio laboratorio) riusciranno rapidamente a perfezionarsi, vincolate solo ai limiti fondamentali della fisica e della computazione». Se temete che i robot possano conquistare il mondo, beh, sappiate che potrebbero non accontentarsi della Terra. «Lo Spazio è un ambiente ostile agli umani ma non ai robot progettati in maniera appropriata - precisa Schmidhuber. - Inoltre offre molte più risorse rispetto al nostro sottile strato di biosfera, che riceve meno di un miliardesimo dell’energia del Sole. Sebbene alcune intelligenze artificiali curiose possano restare affascinate dalla vita, almeno finché non la comprenderanno fino in fondo, la maggior parte di loro invece sarà più interessata alle incredibili nuove opportunità dello Spazio. Grazie a innumerevoli fabbriche di robot auto-replicanti nella fascia degli asteroidi e oltre, trasformeranno il Sistema solare, poi la galassia e il resto dell’Universo raggiungibile. Nonostante il limite della velocità della luce, le intelligenze artificiali avranno tutto il tempo per colonizzare e modellare il cosmo. È semplice: la maggior parte di loro dovrà andare dove ci sono più risorse fisiche in modo da creare nuove intelligenze artificiali sempre più grandi e numerose».

La condizione necessaria affinché questa fantasia diventi realtà è che l’intelligenza artificiale possa un giorno superare il cervello umano. Un obiettivo che potrebbe essere raggiunto già intorno al 2050 stando alla cosiddetta “legge di Schmidhuber”, secondo la quale l’intervallo di tempo che intercorre tra una rivoluzione tecnologica e la successiva decresce in maniera esponenziale: in pratica ogni innovazione nella computer-science emerge due volte più rapidamente della precedente. 

«È da quando avevo 15 anni che sogno di creare un’intelligenza artificiale più intelligente di me, per poi ritirarmi - aggiunge Schmidhuber. - Ora sì, credo di essere vicino a quel traguardo. Spero di poter completare il progetto in qualche anno o decennio». 

Ma lo farà sempre in Ticino? «Secondo le classifiche Times Higher Education World University Rankings - dice Schmidhuber - la Svizzera è ancora capofila nella ricerca sull’intelligenza artificiale in termini di impatto pro capite, e gran parte della moderna intelligenza artificiale viene proprio dai nostri laboratori in Ticino, oltre che dall’altro laboratorio all’Università Tecnica di Monaco. Quindi sì, la Svizzera è ancora un buon posto dove fare ricerca sull’intelligenza artificiale. Tuttavia altri Paesi hanno iniziato a investire più di quanto non faccia la Svizzera: mi è stato riferito che Shanghai intende investire 15 miliardi di dollari nell’AI. La Svizzera ha un’economia più o meno comparabile a quella di Shanghai, eppure sta investendo solo una parte di quella cifra».

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