cultura e salute

“Vish” Viswanath (Harvard):
Difficile da studiare e definire,
la felicità è un diritto di tutti

Domenica 16 giugno 2024 circa 4 minuti di lettura
Il professor  Kasisomayajula “Vish” Viswanath (Harvard University) - Foto di Chiara Micci/Garbani
Il professor Kasisomayajula “Vish” Viswanath (Harvard University) - Foto di Chiara Micci/Garbani

di Paolo Rossi Castelli

Da sempre si occupa dei rapporti fra la cultura e la salute, e si batte per una maggiore “equità sanitaria”, estesa anche alle fasce più deboli della società. Kasisomayajula “Vish” Viswanath, direttore dell’Harvard University Lee Kum Sheung Center for Health and Happiness, a Boston, è un’autorità del settore, a livello internazionale. La sua missione, come si legge nelle pagine web del suo “Centro per la salute e la felicità”, è costruire una scienza rigorosa e interdisciplinare di salute positiva, felicità e benessere, e tradurre la scienza per influenzare la pratica e la politica.
Viswanath ha avuto un ruolo importante nell’organizzazione del Lugano Happiness Forum, il primo di questo genere, insieme a Luigi Di Corato (direttore della Divisione cultura della Città di Lugano), Laura Marciano (ricercatrice alla Harvard University) e Silvia Misiti (direttrice della IBSA Foundation), e sarà uno dei relatori principali del convegno, in programma il 17 e 18 giugno al LAC Lugano Arte e Culturaa.

Professore, qual è la definizione (se esiste) di felicità? La felicità è una sensazione (o un insieme di sensazioni) così sfumata e così variabile da persona a persona, che sembra impossibile “categorizzarla” in qualche modo...

«Non esiste un’unica descrizione della felicità - risponde Viswanath. - Alcune definizioni puntano sulle emozioni positive, a partire dal piacere, spesso etichettato come dimensione edonistica (piacere immediato e soddisfazione dei desideri, ndr) della felicità. Altre definizioni si concentrano, invece, sulla dimensione eudemonica, come significato e scopo nella vita  (la felicità che si ottiene, cioè, attraverso la virtù e la realizzazione del proprio potenziale umano, ndr). È facile notare che in entrambe queste dimensioni il focus è diretto sulla felicità individuale, piuttosto che sulla gioia collettiva».

Esiste un modo scientifico per misurare la felicità (individuale e collettiva)? Varie classifiche tengono conto di fattori come il benessere fisico, la disponibilità economica, la situazione politica e sociale, il livello dell’assistenza pubblica. Ma è questo il metodo migliore, secondo Lei?

«È possibile misurare la felicità, o almeno ci sono tentativi di misurarla. Il lato positivo è che sono stati elaborati alcuni metodi standard per farlo, fra i quali l’uso di domande basate su un certo numero di  parametri. Questo sistema viene utilizzato soprattutto per classificare e confrontare la situazione dei diversi Paesi. Ma non c’è accordo sull’attendibilità e la correttezza di questi indicatori. E ci si chiede anche se non ne manchino alcuni. Ad esempio, la felicità in un certo gruppo sociale va considerata e misurata come un aggregato, o come una media della felicità degli individui? Oppure c’è ancora dell’altro?»

Osservando il ricchissimo programma del Lugano Happiness Forum, si nota la presenza di molti economisti, psicologi, sociologi ed esperti di organizzazione della sanità pubblica. Questo sembra suggerire che la felicità abbia anche un altro aspetto, più pragmatico: le persone felici “costano” meno alla società? E allora è giusto favorire la loro felicità anche per “sostenere” le finanze pubbliche?

«Questa è una buona domanda Se consideriamo una definizione più ampia di felicità – il “benessere” - come l’ha articolata l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), allora è possibile delineare tre dimensioni: fisica, psicologica e sociale. In generale, livelli più alti lungo tutte queste dimensioni possono suggerire una maggiore felicità. Chiedersi, poi, se le persone felici “costano” meno alle finanze pubbliche è una questione difficile. È anche una questione di valori, non solo economici».

Quanto possono influenzare il benessere della popolazione le attività culturali? Vanno considerate quasi come una terapia?

«La cultura è assolutamente importante! Arricchisce la vita, fornisce nutrimento intellettuale e anche gioia e piacere estetico».

La felicità è un diritto di ogni cittadino (in un Paese democratico)?

«Se adottiamo la definizione di benessere che ho appena citato (quella dell’OMS), sì, è un diritto di tutti essere felici, o almeno raggiungere i più alti livelli di benessere».