Lugano

Tutto esaurito al congresso
sui linfomi: 4’000 iscritti
e l’annuncio di nuove terapie

Martedì 13 giugno 2023 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache
Franco Cavalli, organizzatore del congresso (foto di Chiara Micci/Garbani)
Franco Cavalli, organizzatore del congresso (foto di Chiara Micci/Garbani)

Dopo l’edizione di due anni fa, solo online per il Covid, recupera il consueto aspetto l’International Conference on Malignant Lymphoma (ICML), l’evento scientifico più importante del Canton Ticino
di Paolo Rossi Castelli

Torna “in presenza” a Lugano il congresso internazionale sui linfomi maligni (International Conference on Malignant Lymphoma – ICML), dopo l’edizione del 2021, che si era svolta soltanto online per effetto delle regole anti-Covid (il congresso, che è il più importante evento scientifico organizzato nel Canton Ticino, ha una cadenza biennale). Dunque quest’anno tutto avrà l’aspetto e i “riti” dei vecchi tempi, nella tradizione di questa kermesse giunta alla 17esima edizione, con circa quattromila partecipanti in carne e ossa provenienti dai cinque continenti, e almeno altre mille/duemila persone fra accompagnatori e familiari: una grande folla, in una città, come Lugano, di 68’000 abitanti. E infatti la zona intorno al Palazzo dei congressi, dove l’ICML ha la sede principale, è attraversata da fiumi di uomini e donne con il badge del congresso che pende dal collo. Ed è difficile, forse impossibile, trovare un posto negli alberghi o presso gli “airbnb”, che - è brutto rilevarlo - in molti casi hanno alzato notevolmente i prezzi, fino anche a raddoppiarli, vista l’alta richiesta. Alcuni congressisti sono stati dirottati verso gli hotel di Locarno, grazie ai nuovi collegamenti ferroviari veloci.

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LA “MAPPA” - L’ICML è disseminato in sette punti diversi di Lugano: tre intorno al Palacongressi (Villa Ciani, le tensostrutture nel parco e l’ex-Asilo Ciani), più il cinema Corso, l’Auditorium del Campus ovest dell’Università della Svizzera italiana e la sala polivalente del Campus est. Numerosi cartelli-mappa sono comparsi in centro per aiutare i congressisti, che rimarranno a Lugano dal 14 al 17 giugno. Ma già il 13 sono previsti i primi simposi organizzati dalle aziende farmaceutiche per presentare i più recenti risultati ottenuti con molecole innovative. E sempre il 13 un centinaio di esperti internazionali si riunirà in un “Closed workshop” (una seduta a porte chiuse) durante la quale, come in ogni edizione dell’ICML, si parlerà di un tema particolarmente significativo e attuale. Quest’anno gli oncologi si confronteranno sulla cosiddetta “Classificazione di Lugano”, messa a punto proprio nella città ticinese durante il Closed workshop del 2011, che tuttora viene utilizzata in tutto il mondo per classificare lo stadio della malattia, nei pazienti affetti dai tumori del sistema linfatico (i linfomi, appunti).

RICERCA DI ALTO VALORE - Il Ticino è diventato uno dei punti di riferimento internazionali per questo tipo di tumori, grazie all’attività di Franco Cavalli e di altri ricercatori, come Emanuele Zucca, che dagli anni ’90 in poi hanno studiato questa patologia “arruolando” équipe di alto livello, che si sono via via ampliate, ottenendo risultati di grande rilievo, pubblicando sulle più importanti riviste scientifiche e raccogliendo finanziamenti sempre più robusti. Attualmente lo IOSI (Istituto oncologico della Svizzera italiana, una struttura dell’Ente ospedaliero cantonale) e lo IOR (Istituto oncologico di ricerca) dedicano forti energie allo studio dei linfomi che, lo ricordiamo, secondo alcune stime sono il settimo tipo di tumore più diffuso a livello globale.
«Durante l’ICML di quest’anno - spiega a Ticino Scienza Franco Cavalli, organizzatore del congresso - verranno presentati diversi dati interessanti. In particolare, i risultati di due studi sul linfoma di Hodgkin (una delle due grandi suddivisioni dei linfomi, ndr), che mostrano un ulteriore aumento delle percentuali di guarigione, grazie alla combinazione di immunoterapia e chemioterapia, superando l’attuale livello,  già molto buono, dell’80%, se il tumore viene diagnosticato precocemente. Ora questi studi dimostrano che si può andare anche oltre».
Più complesso è invece il discorso a proposito dei linfomi definiti non-Hodgkin, un gruppo eterogeneo che comprende molti sottotipi diversi, ognuno con caratteristiche differenti e risposte al trattamento variabili. «Ma anche nei confronti di questa “famiglia” di linfomi - continua Cavalli - si stanno sperimentando nuove terapie che lasciano ben sperare. Una è quella con i cosiddetti anticorpi bispecifici: anticorpi monoclonali, cioè, simili a quelli umani ma realizzati con tecniche di ingegneria genetica in modo tale che l’anticorpo stesso blocchi i linfociti B alterati (quelli che provocano la malattia), ma nello stesso tempo stimoli anche altre cellule “buone” del sistema immunitario a frenare quelle tumorali».

LE CART-T CELLS - C’è poi il grande capitolo delle terapie a base delle CAR-T cells, cioè di linfociti (cellule fondamentali del sistema difensivo dell’organismo) che vengono prelevati al paziente, modificati in laboratorio perché siano più efficaci contro il tumore, e reimmessi poi nel sangue del malato. «L’uso delle CAR-T adesso è stato esteso anche ai bambini - dice Cavalli. - Le sperimentazioni sono ormai avviate». Al congresso si parlerà di questa tecnica, che in certi casi, soprattutto sui linfomi non-Hodgkin più difficili da curare, sta dimostrando risultati migliori delle terapie classiche. 
Proprio durante la seduta plenaria, di apertura, si racconteranno i progressi anche tecnici (non solo clinici) nella preparazione, molto complessa, delle cellule CAR-T. Fino a oggi solo poche aziende ultra-specializzate, nel mondo, si sono rivelate in grado di realizzarle (a prezzi altissimi), e gli ospedali devono spedire lì le cellule dei pazienti, attendere che vengano elaborate, riceverle indietro per corriere e finalmente utilizzarle sui malati. «Alcuni ospedali, anche in Svizzera, stanno però provando a realizzare “in casa” le CAR-T - conclude Cavalli. - All’ospedale universitario di Losanna, in particolare, hanno deciso di investire 30 milioni di franchi in questo settore. Non è facile. Ma, quando la produzione di queste cellule potrà avvenire a livello locale, i benefici saranno grandi per tutti».