cultura e salute

Arte che cura, lezione 7
Fulvia Salvi: «Così il cinema
entra negli ospedali»

Lunedì 2 dicembre 2024 circa 7 minuti di lettura
La sala allestita da Medicinema all’interno dell’ospedale Niguarda di Milano
La sala allestita da Medicinema all’interno dell’ospedale Niguarda di Milano

di Valeria Camia

Pochi giorni fa, a Padova, nel Centro regionale per le cure palliative e terapia del dolore - Hospice Pediatrico del Veneto, è stato inaugurato dall’organizzazione senza fini di lucro Medicinema Italia, grazie alla collaborazione con The Walt Disney Italia, il Cinema Mobile,  ispirato al “Main Street Cinema” (un piccolo cinema presente a Disneyland, in California).
Medicinema Italia ha realizzato anche altre due sale-cinema, all’ospedale Niguarda di Milano e al Policlinico Gemelli di Roma. Ulteriori progetti sono in corso a Genova e in altre città italiane, come spiegherà Fulvia Salvi, presidente dell’organizzazione, durante la settima e conclusiva lezione del corso “Arte che Cura”, promosso dalla Facoltà di scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana, con la Divisione Cultura della Città di Lugano e con la IBSA Foundation per la ricerca scientifica. Alla lezione, in programma il 2 dicembre, ore 18, parteciperà anche il professor Enzo Grossi, coordinatore del corso. L’appuntamento (aperto al pubblico, gratuitamente) è previsto nell’Aula Polivalente del Campus Est di via La Santa 1 a Lugano-Viganello.

Ma perché è opportuno portare il cinema direttamente dentro gli ospedali? Perché, dati scientifici alla mano, la cine-terapia determina un miglioramento psicofisico in oltre il 50% dei pazienti, nonché una riduzione dello stato d’ansia e della percezione del dolore. È a partire da queste evidenze che nel 2013 - sul modello dell’esperienza attivata in precedenza nel Regno Unito - Medicinema Italia ha deciso di promuovere il cinema come strumento di cura e di riabilitazione. La cine-terapia determina, in particolare, un "effetto pausa”. Insomma, guardare un film crea una sorta di anestetico che procura uno spostamento di tutto quello che è la sensazione corrente del corpo. 

Ingrandisci la foto Ingrandisci la foto Fulvia Salvi Ingrandisci la foto

Dottoressa Salvi, ci accompagni all’interno di una delle sale cinematografiche realizzate da Medicinema Italia...

«Sono sale - risponde la presidentessa dell’organizzazione - che ricordano in tutto e per tutto quelle di un cinema “qualsiasi”. Anche la programmazione dei film in ospedale è spesso simile a quella dei cinema cittadini, perché per noi è centrale dare continuità alla vita quotidiana, nei limiti del possibile, anche nei momenti di difficoltà dovuti a una malattia o a un ricovero ospedaliero. E, come nei cinema tradizionali, anche nelle sale cinematografiche all’interno di strutture ospedaliere abbiamo proiezioni più volte alla settimana. Ma le similitudini si fermano qui, a livello di forma. Anzitutto perché nei progetti di cine-terapia vengono proposti film che sono selezionati in base a criteri scientifici (abbiamo un comitato composto da esperti di cinema che supervisionano i film anticipatamente e poi si interfacciano con un team di medici). Procediamo secondo due modalità operative: ci sono proiezioni aperte a qualsiasi paziente, e poi film proposti a persone con determinate patologie. Quindi i film sono scelti tenendo in considerazione il contenuto e l’argomento trattato, ma non solo. In presenza di persone con decadimento cognitivo, ad esempio, un film non può avere troppo “parlato” al suo interno ed essere troppo lungo, in quanto ciò provocherebbe un aumento dell’ansia e dello stress nel paziente che a fatica a seguirebbe quanto viene detto sullo schermo. Naturalmente, come ho anticipato, il nostro progetto si basa su basi scientifiche. I risultati sono misurabili: mi preme sottolinearlo.
Dunque non stiamo parlando di opinioni o percezioni soggettive su questo o quel film, come si farebbe all’uscita di una proiezione cinematografica “normale”. Chi frequenta le proiezioni cinematografiche organizzate da Medicinema riceve all’ingresso in sala un questionario molto breve, ma con domande che servono al team medico per valutare quella che è la sfera emozionale durante la visione del film, e l’effetto che viene provocato successivamente per quanto riguarda il miglioramento dell’umore, la riduzione dell’ansia e della percezione del dolore fisico. Inoltre, nel caso di trattamento di patologie specifiche sono adottati protocolli clinici approvati da un comitato etico».

Ci fa qualche esempio di progetti che avete realizzato?

«Ricordo anzitutto un progetto i cui risultati sono stati recentemente pubblicati dalla rivista scientifica Cancers. La ricerca è stata svolta coinvolgendo donne affette da tumori ginecologici, con il Dipartimento di Psicologia Clinica del Policlinico Gemelli di Roma. Si è lavorato nell’individuazione delle aree emozionali coinvolte nella gestione del superamento dello stato psicologico dovuto alla malattia. Per circa un anno si è andati a misurare con una serie di test - nello specifico, scale di qualità della vita - tutto quello che accadeva nel percorso di “visione” dei film.
Attualmente, tra gli altri progetti in corso, desidero citare quello in collaborazione con Advanced Radiation Therapy (la divisione di Radioterapia Onocologica del Gemelli). MediCinema svolge la selezione e il posizionamento di tutti i contenuti filmici da fruire nel reparto.
A breve partirà anche un altro protocollo di misurazione clinica su bambini con disturbi neuropsichiatrici, che vedrà la nostra collaborazione. Tra i progetti realizzati e dedicati ai più piccoli segnalo, infine, i laboratori di cinema e arte per bambini delle Unitа Operative Complesse (Neurologia pediatrica e Malattie muscolari, Gastroenterologia pediatrica ed Endoscopia digestiva) dell’Istituto Gaslini di Genova».

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un crescendo di persone con malattie mentali, che in molti casi non vengono però curate nei reparti ospedalieri. Esiste una versione di Medicinema Italia “al di fuori dagli ospedali”?

«Noi siamo un ente che opera all’interno degli ospedali e dei luoghi di cura, con progetti strutturati sui bisogni primari di intervento in ambito psichiatrico e neurologico. Però, in questi anni, abbiamo portato fuori dagli ospedali quest’esperienza, perché la cine-terapia è uno strumento che può essere utilizzato in qualsiasi percorso terapeutico, sia strettamente legato a una patologia trattata in ospedale durante il ricovero, sia esternamente, in situazioni di post-ricovero e di fragilità psicologica. Ad esempio, durante la pandemia di Covid-19 abbiamo trattato il problema dell’isolamento nei giovani e dell’abuso anche dei social attraverso laboratori di cinema on line, sempre strutturati con la misurazione dei benefici e quindi con la presenza di psicologi in modo costante. Abbiamo anche lavorato all’interno di scuole e nei luoghi di trattamento dei disturbi comportamentali dei giovani.
Nel 2020 Medicinema Italia ha predisposto, in collaborazione con il Gaslini,  un progetto che ha permesso a circa cinquanta bambini e ragazzi di seguire laboratori di cinema, ma anche di fumetto, con l’obiettivo di promuovere il loro benessere e il loro inserimento sociale.  
Nel contesto di una ricerca sulle patologie dell’invecchiamento, invece, sono state prodotte “pillole filmiche” appositamente create sotto la supervisione dei neurologi e neuropsicologi del Niguarda e somministrate anche a domicilio via web».

Quali sono le sfide principali che si prospettano in futuro?

«Medicinema è un progetto abbastanza complesso, che richiede la partecipazione di ospedali molto strutturati. Non è sempre facile, però, entrare in questi centri, perché c’è bisogno di spazio e di rotazione di pazienti per poter ottenere una misurazione attendibile. Soprattutto c’è bisogno di ricerca. In alcuni casi, laddove non esiste la psicologia clinica e l’ospedale non è un istituto di ricerca, abbiamo coinvolto le università con le quali collaboriamo. Ma portare la cine-terapia negli ospedali oggi è complicato anche dal fatto che le degenze cliniche sono sempre più ridotte - mi riferisco alla permanenza - con un turnover molto elevato di ingressi e uscite. Questo aspetto costituisce ora (e ancor più lo sarà in futuro) una componente significativa da considerare nei nostri protocolli. 
Infine (ma non certo ultimo per importanza) Medicinema Italia si è posta un obiettivo particolarmente ambizioso: fare in modo che la cine-terapia venga riconosciuta e accreditata dalle autorità sanitarie, per entrare di diritto nelle cartelle cliniche dei pazienti come uno degli strumenti riabilitativi disponibili, nell’ambito della salute mentale, affiancando la medicina tradizionale».