Terapie avanzate

Prostata, dagli esperti riuniti
a Lugano linee-guida per i casi oncologici più complessi

Lunedì 20 maggio 2024 circa 7 minuti di lettura In deutscher Sprache
Silke Gillessen Sommer è primaria di oncologia medica e direttrice medica e scientifica dello IOSI. È anche docente all’Università della Svizzera italiana (© foto Ti-Press)
Silke Gillessen Sommer è primaria di oncologia medica e direttrice medica e scientifica dello IOSI. È anche docente all’Università della Svizzera italiana (© foto Ti-Press)

La "Consensus Conference" (APCCC) organizzata da Silke Gillessen Sommer è considerata un punto di riferimento a livello internazionale per gli specialisti del settore e fornisce risposte e nuovi protocolli
di Simone Pengue

L’oncologia di frontiera è approdata nuovamente a Lugano, nelle settimane scorse, per l’Advanced Prostate Cancer Consensus Conference (APCCC, in italiano Conferenza di Consenso sul Cancro Avanzato della Prostata), organizzata da Silke Gillessen Sommer, primaria di oncologia medica e direttrice medica e scientifica dell’Istituto Oncologico della Svizzera italiana (IOSI). Oltre 750 gli oncologi presenti a questo evento (considerato un punto di riferimento a livello internazionale nel settore del tumore prostatico), ai quali si sono aggiunti altri 400 specialisti, che hanno seguito le discussioni da remoto. Il congresso si è svolto nel Palazzo dei congressi dal 25 al 27 aprile, ma i risultati raggiunti faranno sentire i loro effetti anche nei prossimi mesi, perché le Consensus Conferences sono pensate soprattutto per fornire risposte concrete su temi complessi e controversi, che diventano poi vere e proprie linee guida per i medici sparsi nel mondo, fino alla “Conference” successiva (nel caso dell’APCCC, fra due anni).

Non è sempre facile, in effetti, curare il carcinoma prostatico, perché può presentarsi in forme  anche molto diverse fra loro. Numerosi sono i trattamenti possibili (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, terapia ormonale, immunoterapia, e altro ancora), con una serie di protocolli standard, ormai ben studiati. Ma in certi casi non  esistono, invece, sufficienti dati scientifici sul trattamento migliore da utilizzare, e questo apre le porte a soluzioni differenti, non sempre efficaci. Da qui l’esigenza di riunire i migliori specialisti del mondo, per raggiungere un “consenso” sull’approccio migliore da attuare in casi specifici per i quali, come dicevamo, non esiste ancora letteratura di riferimento. I risultati vengono poi resi pubblici, in modo che tutti possano utilizzarli.

Il carcinoma prostatico è il tipo di cancro più diagnosticato tra gli uomini e determina il 15% delle morti per tumore in Svizzera (la prostata, lo ricordiamo, è una ghiandola presente nell’apparato genitale maschile, sotto la vescica). Il Ticino sta diventando sempre più un polo di riferimento per la ricerca sui tumori prostatici: oltre allo IOSI, anche all’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) e all’Istituto oncologico di ricerca (IOR) di Bellinzona sono attivi diversi gruppi importanti. Un congresso come l’APCCC rafforza questo “ruolo scientifico” del Cantone, che può vantare anche altri settori di ricerca oncologica di eccellenza, a partire da quello sui linfomi. Questo comparto a  sua volta “esprime” un altro congresso internazionale di grande valore: l’International Conference on Malignant Lymphoma (ICML), che porta la firma di Franco Cavalli. Tutti e due hanno cadenza biennale e, dal 2022, vengono proposti ad anni sfalsati, per evitare sovrapposizioni, utilizzando una “macchina organizzativa” comune.

Quello che differisce fra i due congressi, oltre naturalmente alla direzione scientifica, è la storia. Mentre l’ICML è nato oltre quarant’anni fa in Ticino, l’APCCC è solamente, si fa per dire, alla sua quinta edizione, dopo avere fatto tappa in altre città della Confederazione per le prime tre. Adesso, in seguito anche all’arrivo di Silke Gillessen Sommer a Bellinzona, la sede si è trasferita definitivamente nel nostro Cantone.

Ma di cosa si è parlato al Palazzo dei congressi, durante la Consensus conference di fine aprile? Tra gli argomenti salienti va sicuramente citata la “teranostica”, un approccio innovativo nel campo della medicina, che combina la terapia e la diagnostica (da qui, il nome) in un’unica procedura, diretta contro lo stesso obiettivo molecolare. In questo ambito la ricercatrice australiana Louise Emmett ha affrontanto il tema del PSMA (prostate specific membrane antigen), un metodo nuovo, ma già presente in Svizzera. Il PSMA è una molecola utilizzata  come tracciante per le “fotografie” eseguite tramite PET (proton emission tomography, tomografia a emissione di positroni), ma anche  come guida per la terapia radioattiva con il lutezio-PSMA, contro il tumore prostatico. 

Un altro intervento di particolare interesse è stato quello di Heather Cheng, ricercatrice dell’Università di Washington, che ha parlato di alcune mutazioni genetiche presenti nelle cellule tumorali del 15% degli uomini con un tumore alla prostata. In questi pazienti, un sofisticato esame del sangue consente di rilevare la presenza del DNA tumorale mutato e di strutturare così una terapia mirata, limitando gli effetti collaterali.

Anche la ricerca ticinese, naturalmente, ha avuto modo di esprimersi nel corso dell’APCCC. I risultati preliminari di uno studio importante sono stati presentati dal gruppo della stessa Silke Gillessen Sommer, in collaborazione con l’Institute for Cancer Research di Londra e con i gruppi guidati da Andrea Alimonti e Arianna Calcinotto, dello IOR di Bellinzona. I ricercatori hanno messo a punto un nuovo tipo di terapia basata sugli anticorpi monoclonali (immunoterapia), seguendo un approccio diverso da quello utilizzato finora (che funziona solo sul 4-5% dei pazienti e prende di mira il cosiddetto checkpoint immunitario: una molecola chiave per la risposta del sistema difensivo dell’organismo contro i tumori). La terapia attualmente in fase di sperimentazione, invece, farà leva sulle cellule mieloidi, ovvero staminali presenti nel midollo osseo da cui si sviluppano molti tipi di cellule del sistema immunitario. 

Inoltre, la squadra dello IOSI ha illustrato al congresso i primi passi di un altro progetto volto a migliorare, questa volta, l’efficacia della terapia ormonale, sviluppato anch’esso in collaborazione con Andrea Alimonti (la terapia ormonale, lo ricordiamo, inibisce la produzione del testosterone, il principale ormone sessuale maschile, che nei malati di carcinoma prostatico tende a favorire la crescita del tumore). Di cosa si tratta, più esattamente? I ricercatori hanno osservato che nelle feci di alcuni pazienti sono presenti batteri - provenienti dall’intestino, dove vivono - in grado di produrre testosterone. Questi microrganismi aiutano, così, il tumore a “dribblare” la terapia ormonale (che è diretta principalmente contro il testosterone prodotto nei testicoli) e a svilupparsi, nonostante i farmaci. Il prossimo sviluppo della ricerca, che prenderà il largo nei prossimi mesi, sarà lo studio di terapie per eliminare o contenere questa popolazione batterica e permettere così di azzerare completamente la produzione di testosterone.

GLI EFFETTI COLLATERALI - Non solo le terapie e i metodi diagnostici variano molto tra diversi tipi di tumore, ma anche le problematiche collaterali che lo avvolgono. Una su tutti, nel caso della prostata, riguarda la sessualità. In molti casi, infatti, le terapie ormonali per curare il carcinoma prostatico portano alla completa perdita della libido e delle funzioni sessuali. Problemi in questo ambito possono sopraggiungere anche dopo gli interventi chirurgici con cui, in determinati casi, viene tolta la prostata. Ma grazie a diagnosi sempre più precoci, utilizzando strumenti diagnostici più efficaci e meno invasivi, si sta facendo strada la tendenza a ricorrere sempre più spesso, quando possibile, alla cosiddetta vigile attesa - se le caratteristiche di aggressività del tumore lo consentono. In pratica, la scelta migliore a volte è quella di non intervenire, limitandosi a monitorare attentamente la situazione nel tempo. Le ricerche degli ultimi decenni hanno messo in luce come in molti casi i tumori alla prostata diagnosticati quando sono ancora di minime dimensioni non si evolvono - per una serie di peculiarità biologiche - e non creano problemi particolari (naturalmente la situazione varia molto da paziente a paziente e va valutata con estrema attenzione dagli oncologi, che devono avere un’ampia esperienza per gestire queste situazioni). La vigilanza attiva consente, quando possibile, alle persone di evitare le sofferenze e i disagi dovuti agli interventi chirurgici - che in passato venivano spesso prescritti in modo più frequente e drastico - e agli effetti collaterali delle terapie farmacologiche.

La prevenzione e il monitoraggio, in ogni caso, restano i componenti fondamentali nella lotta contro il tumore alla prostata. «Si dovrebbe eseguire il monitoraggio negli uomini soprattutto se si ha un caso in famiglia – raccomanda Silke Gillessen Sommer. - Ad esempio, con un parente di primo grado che ha avuto il tumore alla prostata, il rischio raddoppia. Inoltre, si parla molto della mutazione genetica BRCA correlata al cancro al seno, soprattutto dopo il caso di Angelina Jolie, che presentava questa variante del DNA. Però anche gli uomini devono prestare attenzione a questa mutazione, perché fa aumentare notevolmente il rischio anche di tumore della prostata».