Studio, molta pratica in ospedale
ma anche sport (e lago):
la vita degli studenti di Medicina
Bilancio positivo per il primo anno del nuovo Master dell’USI, nonostante i problemi-Covid. I 48 allievi hanno potuto continuare sempre le esercitazioni in corsia. Insegnamento personalizzatodi Paolo Rossi Castelli
Ogni lunedì la lezione “plenaria” di gruppo (l’unica con tutti i 48 allievi del nuovo Master in Medicina dell’Università della Svizzera italiana). Ogni martedì e mercoledì, la pratica in ospedale. Giovedì e venerdì: lezioni a gruppi piccoli (16 studenti), sui temi “portanti”, o piccolissimi (4 o 5), su singoli casi clinici. In più, numerosi corsi facoltativi, scelti da ogni allievo. L’anno accademico che si sta concludendo in queste settimane - il primo della “nuova era” dell’USI (quella con i corsi anche della Facoltà di scienze biomediche, appunto) - è andato avanti, così, in modo superorganizzato, dal settembre 2020, nonostante l’emergenza Covid, fino al 4 giugno, con un programma un po’ diverso rispetto a quello delle altre facoltà svizzere di medicina: molto più pratico e molto più personalizzato, grazie a un rapporto fra docenti e studenti che nessun’altra università elvetica (e forse europea) può vantare, 150 docenti, compresi quelli clinici, per 48 studenti. Tutto nuovo (anche il palazzo che ospita le aule), tutto da sperimentare.
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«Sono contenta di essermi iscritta a un corso di laurea completamente nuovo - dice Alessandra Pfister, responsabile dei social media dell’Associazione studenti di medicina dell’USI (in sigla, SMUSI). - Ho deciso di venire qui a Lugano anche per questo: come molti altri miei amici-colleghi, ho apprezzato l’idea di fare da apripista. Ed è stato bello ritrovarsi in gruppi piccoli, con lezioni interattive». Certo, notevolmente più complicato gestire questo tipo di organizzazione per i docenti dell’USI, che hanno dovuto ripetere le lezioni a ogni gruppo...
Al Politecnico federale di Zurigo, dove Alessandra aveva frequentato il bachelor (cioè i primi tre anni di corso), gli studenti di medicina erano 100 (all’Università di Zurigo, per citare qualche altro numero, circa 400, e ben 3000 a Milano, fra le varie università). «Mi piace molto la scelta di Lugano - continua Alessandra. - Qui ci conosciamo bene tutti».
Come sono stati creati i gruppi di 16 studenti (che sono rimasti costanti per tutto l’anno accademico)? «Ognuno di noi ha espresso le sue preferenze, e la Facoltà ha poi deciso - aggiunge Alessandra. - Pensavo che ci fosse la tendenza, da parte nostra, a ricreare i gruppi di origine (tutti quelli che avevano ottenuto il bachelor a Basilea, per esempio, riuniti insieme, o tutti quelli che provenivano da Zurigo), ma non è avvenuto. Si è creato un mix, che ha funzionato».
IL TRASFERIMENTO - Ma è stato uno shock trasferirsi a Lugano per chi arrivava da oltre le Alpi? «Non direi - continua Alessandra. - Siamo comunque in Svizzera! Anche se è vero che l’Italia è molto vicina. Per molti di noi la cosa più difficile è stata imparare velocemente una lingua nuova... Non per me, in verità, perché mia nonna è ticinese, e fin da piccola ho sentito parlare italiano, anche se sono sempre vissuta a Uetlinburg, nel Canton San Gallo. In ogni caso, i due giorni settimanali di pratica all’ospedale, che non si è mai interrotta (nemmeno durante la pandemia), hanno aiutato tutti noi a “correre” nell’apprendimento dell’italiano: se ti trovi con i pazienti, devi interagire con loro (ma anche i pazienti stessi ci hanno aiutato molto a esprimerci meglio). Poi l’USI, comunque, ci ha offerto anche una serie di corsi di lingua. Per quanto riguarda le lezioni, invece, nessun problema: erano in inglese, tutte.
SERVONO PIÙ MEDICI - Nato per un’esigenza svizzera - fronteggiare lo squilibrio tra i medici che vanno in pensione annualmente (circa duemila ogni anno) e quelli che vengono formati (circa mille) - il Master triennale in Medicina all’USI permette di contribuire a raggiungere gli obiettivi dello standard di formazione svizzero, riassunti con la sigla PROFILES, un acronimo che sta per Principal Relevant Objectives and Framework for Integrative Learning and Education in Switzerland. Detto diversamente, la Facoltà di scienze biomediche dell’USI sottostà alla regolamentazione federale per quanto riguarda obiettivi e regole. In pratica questo significa che gli studenti iscritti al Master, provenienti dalle università partner (in particolare ETH Zürich e Università di Basilea), dovranno superare due tipi di esami finali: quelli che ogni facoltà propone, e quelli federali (questi secondi, ai quali si accede solo dopo aver passato i primi, sono obbligatori per accedere al perfezionamento e all’esercizio della professione medica). «Gli studenti in medicina all’Università della Svizzera italiana - spiega Fabrizio Barazzoni, responsabile degli esami pratici federali per il Canton Ticino - sosterranno gli esami esattamente lo stesso giorno e momento dei loro colleghi che frequentano le altre Facoltà distribuite sul territorio svizzero».
LA NOVITÀ - Dunque, dicevamo, grande spazio viene dedicato alla pratica in ospedale. Ma come sono stati accolti, dai pazienti delle strutture sanitare dell’Ente ospedaliero cantonale, gli studenti in corsia (era la prima volta che accadeva) al seguito dei medici titolari? «I dottori hanno sempre chiesto il via libera ai malati, prima di entrare nelle loro camere, spiegando con gentilezza che da quest’anno erano partiti i corsi di medicina all’USI - racconta Rahel Schmidt, studentessa del Master - e non abbiano quasi mai ricevuto un “no”. Per alcuni malati, credo (soprattutto per i più anziani), la nostra presenza è stata, anzi, gradita, perché con noi hanno avuto la possibilità di parlare a lungo e di raccontare i loro problemi, le vicende delle loro famiglie: racconti che i medici, per carenza di tempo, non riescono spesso ad accogliere. Mi sono ritrovata - continua Rahel - anche con pazienti colpiti da problemi seri: per esempio, una leucemia. Li ho visitati (avendo sempre accanto, naturalmente, il medico che li aveva in cura), ho sentito i polmoni e il cuore, ho guardato con loro i risultati degli esami diagnostici. Poi ne ho discusso con lo staff dell’ospedale, affrontando anche gli sviluppi della terapia. Molto importante per me questa esperienza! Sono anche andata in ginecologia, e in altri reparti, e poi entrata in sala operatoria, ma solo per assistere al lavoro dei chirurghi... Piano piano, mi lasceranno fare sempre di più».
Le lezioni del Master, cioè degli ultimi tre anni (gli unici, come dicevamo, attivati per ora dall’USI), sono tutte basate sull’alternanza fra una parte più teorica e un’intensa esperienza pratica in ospedale. «Questo sistema mi piace - dice Rahel. - Le cose che ho visto in ospedale me le ricordo molto meglio». Conferma un’altra sudentessa, Alessia D’Alto: «Lavorare in piccoli gruppi, sia nella clinica sia durante le lezioni, fa sì che l’effetto di apprendimento sia molto maggiore».
LA VITA OLTRE LO STUDIO - Ma com’è la vita sociale per questi studenti, finite le ore di lezioni al Campus est di Viganello e le esercitazioni in ospedale (a Lugano, ma anche a Bellinzona, Locarno e Mendrisio)? Alcuni di loro hanno scelto di condividere gli appartamenti (a prezzi sicuramente più ragionevoli, rispetto a Ginevra, Losanna o Zurigo). In ogni caso le norme anti-Covid hanno obbligato tutti, per mesi, a condurre una vita molto isolata, quando i bar e i ristoranti, fra l’altro, erano chiusi. Molti studenti hanno preferito tornare nelle città di origine, per alcuni giorni la settimana, seguendo da lì le lezioni, che sono state online fino alla fine di aprile. Certo, il martedì e il mercoledì dovevano però tornare in Ticino, per le esercitazioni in ospedale, e quello era un appuntamento fisso, “in presenza”, gestito con tutte le cautele sanitarie, per non mettere a rischio i pazienti. «La didattica a distanza ha avuto anche i suoi pregi - commenta Alessia D’Alto - perché ci ha permesso di riascoltare le lezioni in ogni momento. Questo non vuol dire non avere sofferto per l’isolamento, con le sue conseguenze negative per la psiche. Per fortuna, a differenza di altre università, abbiamo sempre potuto continuare le lezioni pratiche e, poiché ci troviamo in piccoli gruppi, siamo stati anche in grado di passare alle lezioni in presenza abbastanza presto, quando le norme di legge l’hanno permesso».
GLI SPAZI VERDI - Lugano, comunque, con il suo “circondario” ha offerto molti spazi all’aria aperta, immersi nella natura, anche nei momenti più difficili dei mesi scorsi. «Il verde e il blu che colorano i monti, i laghi e i corsi d’acqua del Cantone, e la luce calda del sole in questa Sonnenstube svizzera, sono certamente un buon motivo in più per completare il proprio corso di studi in medicina all’USI» - commenta Rahel Schmidt, che ama molto l’attività sportiva. Mancano solo alcuni dettagli. Per esempio, dice Rudolf Kaelin, anche lui studente del Master, i grill sul lungolago del Parco Ciani: «È una cosa strana non vederli - racconta - per me che ero abituato a grigliate ovunque lungo i corsi d’acqua...». Anche Rudolf ama l’attività sportiva e Lugano è una città accogliente, da questo punto di vista. «L’USI ha un Servizio Sport che si impegna in molte attività, organizza corsi e dispone di buone strutture - spiega - anche se l’emergenza Covid ha bloccato quasi tutto, per mesi».
IL TRAFFICO - L’unico vero punto debole, per molti studenti che arrivano dalla Svizzera tedesca, è l’eccessiva quantità di automobili, a discapito delle biciclette, e un servizio di trasporti pubblici penalizzato dall’assenza di corsie preferenziali e, naturalmente, dalla mancanza dei tram, così efficienti e importanti in città come Zurigo o Basilea. «Per due volte ho perso il treno - racconta Alessandra Pfister - perché gli autobus erano bloccati nel traffico e sono arrivati troppo tardi in stazione. A Zurigo i tram hanno le loro corsie, e tutto questo non succede». Aggiunge Rahel Schmidt: «C’è troppo traffico, con rischi notevoli per chi si muove in bicicletta, e poche strade pedonali. Penso che la situazione debba cambiare. Per il resto, Lugano è una città molto bella, come tutto il Ticino, d’altronde. E le persone sono più aperte, rispetto alla Svizzera tedesca».
UN BILANCIO POSITIVO - Ma a parte le difficoltà legate all’eccesso di automobili (che non dipendono certo dall’Università), il bilancio complessivo del primo anno di Master è positivo. Un anno iniziato, nel settembre scorso, prima dell’avvio delle lezioni, con tre giorni di benvenuto organizzati dall’USI al Centro sportivo nazionale della gioventù di Tenero, sul lago Maggiore. «È stato un momento molto piacevole - ricorda Rahel. - L’Università ha cercato di farci conoscere l’un l’altro e di spiegare bene il funzionamento dei corsi, e i professori hanno anche preparato una grigliata... Cene tutti insieme, ma anche, durante la giornata, una nuotata nel lago. Bello!». Il prossimo settembre sarà (anche) l’Associazione degli studenti di medicina a organizzare un evento di benvenuto per i nuovi allievi che arriveranno in Ticino...
(ha collaborato Valeria Camia)