MEDICAL HUMANITIES

Sessualità nei luoghi di cura:
un tabù difficile da superare,
anche per chi fa ricerca

Lunedì 12 dicembre 2022 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache
Foto Shutterstock
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Solo recentemente questi problemi sono entrati nel dibattito politico e scientifico. L’ottavo convegno annuale della Fondazione Sasso Corbaro ha sollevato il velo su un tema con un forte impatto sulla salute
di Michele Corengia

Secondo il mito platonico presente nel Simposio, Eros nacque dall’incontro tra Poros (Ingegno) e Penia (Povertà). La sua esistenza si sviluppa, quindi, lungo una soglia, dilaniata dalla tensione tra due poli: la ricchezza e la bellezza da una parte, la miseria e la manchevolezza dall’altra. «Eros ci ricorda la medicina (e la Cura, in senso più ampio), perché anch’essa è sia potenza che povertà» - afferma Graziano Martignoni, vicepresidente della Fondazione Sasso Corbaro, che ha organizzato recentemente il suo ottavo Convegno annuale sul tema "La sessualità nei luoghi di cura", presso la Sala del Consiglio Comunale del Palazzo Civico di Bellinzona.

Pensare e parlare di sessualità, nei diversi luoghi di cura, per persone in diverse condizioni, senza cadere in stereotipi, non è solo un esercizio intellettuale. Uno studio di Christine Curley e Blair Johnson, pubblicato a maggio 2022 sulla rivista scientifica Social Science & Medicine, afferma che il benessere sessuale può dipendere più dal cambiamento di norme sociali sulla sessualità che da nuovi farmaci che trattano limiti fisici. Prendersi cura del benessere sessuale può impattare positivamente sui programmi di salute pubblica, come suggerito da un articolo apparso nel 2021 su The Lancet. Questi studi indicano l’importanza di ripensare il modo in cui si parla e si pensa la sessualità, dato l’impatto che il benessere sessuale ha sulla salute di tutti noi, indipendentemente dalla condizione di vita in cui ci troviamo.

Il Convegno della Fondazione Sasso Corbaro ha parlato di sessualità e cura coerentemente a questa visione, cercando di andare oltre il silenzio che spesso avvolge questa tematica, senza cadere nella banalizzazione di un discorso incentrato sugli aspetti biologico-funzionali del sesso. Come un sentiero nel giardino di Eros, le varie relazioni hanno esplorato il tema della sessualità nella disabilità, nell’anzianità, nel decadimento cognitivo, nel disagio psichico, nel post-trauma e nella relazione educativa, offrendo una ricostruzione poliedrica di un fenomeno che la nostra società fatica a pensare.

«È ancora oggi difficile parlare di sessualità nella cura - spiega Donatella Oggier-Fusi, consulente nell’ambito dell’affettività per l’Associazione Atgabbes di Lugano, professoressa alla SUPSI e relatrice al congresso. - Soprattutto per le persone con disabilità intellettiva, che sono spesso viste come non adulte, senza bisogni sessuali, condannate ad un limbo tra la fase infantile e quella matura». È un’altra condizione di liminalità, come si dice in termine tecnico, che impedisce di pensare istituti di cura, ad esempio, con camere doppie e ambienti per coppie, o che crea resistenze di fronte alle figure delle assistenti sessuali. Se «una porta che si chiude può aprire nuovi spazi», come afferma la professoressa Oggier-Fusi, allora la chiusura di stereotipi potrebbe aprire spazi di cura e ricerca fino a poco tempo fa inimmaginabili. È questo uno dei messaggi impliciti del Convegno.

Basti notare che dal 1945 al 2022 sono state prodotte nel mondo circa 10.000 ricerche scientifiche sul tema della sessualità negli anziani, ma circa la metà di esse hanno visto la luce solo negli ultimi dieci anni. «Di tutti questi studi, la prima metà insisteva sulle funzioni e disfunzioni sessuali, oppure su possibili limiti fisici alla base dei problemi legati alla sessualità» - spiega Elisabetta Acerbis, medico presso la Casa Parco San Rocco di Morbio Inferiore. Una fotografia di una ricerca scientifica miope nei confronti della fenomenologia dell’esperienza sessuale per una popolazione, quella anziana, invece, molto vicina al tema. «Il 26% delle persone con più di 75 anni afferma di essere sessualmente attiva» - spiega la dottoressa Acerbis. Sfumature di esistenza poco tracciate dalla ricerca scientifica, in una fase della vita che coinvolgerà potenzialmente ognuno di noi.

Se la sessualità è stata riconosciuta come uno dei diritti fondamentali dell’uomo, ci dovremmo chiedere se siamo pronti come società a rispondere a questa chiamata, con tutta la complessità che porta con sé. Pensiamo ai pazienti con demenza, sempre più numerosi in una società, come la nostra, dove la vita media si sta allungando, il cui impulso sessuale può essere legato o meno a un disturbo della personalità, complicando la lettura di questo fenomeno, come suggerito da Clara Girardi, geriatra presso la Casa Parco San Rocco. O ancora, pensiamo a situazioni di vita in cui tutto si complica da un momento all’altro, come quelle successive a un trauma. Sara Rubinelli, filosofa e professoressa associata di Comunicazione Sanitaria nel Dipartimento di Scienze e Politiche della Salute all’Università di Lucerna, ha rivelato, nel suo intervento, tutta la complessità nella riabilitazione sessuale e nella comunicazione attorno a questo tema, presentando il modello PLISSIT, usato in sessuologia per identificare i vari livelli di intervento di una terapia di recupero della sessualità. 

«La cura è nel dialogo che aiuta a superare i limiti fisici» - riflette la professoressa Rubinelli. Allora, la cura è soglia di linguaggio tra l’Io e l’Altro, proprio come la sessualità stessa, dimensione esistenziale dell’essere umano, linguaggio non verbale attraverso cui gli individui condividono le loro fragilità. È questa la provocazione che il Convegno della Fondazione Sasso Corbaro ha lanciato alla comunità scientifica e al grande pubblico: pensare la sessualità nei luoghi di cura, che sono isole di senso in quella che molti percepiscono invece come insensatezza delle nostre esistenze, con un linguaggio non riduttivo, che metta in dialogo le due anime di Eros. Ri-pensare la sessualità per ri-pensare la cura attraverso un approccio fenomenologico, che abbracci una carezza così come un rapporto sessuale in un’unità di senso: l’Uomo.