Passa anche dal Ticino
il network svizzero
delle tecnologie spaziali
Incontro a Lugano fra la "piattaforma" Space Exchange Switzerland e gli esperti dell’Università della Svizzera italiana, partner di un consorzio che comprende anche il Politecnico di Zurigo e quello di Losannadi Valeria Camia
Non capita quasi mai di trovarsi di fronte a una melodia accompagnata da toni corali che seguono ritmi diversi e pensare di ascoltare “una bella musica”. Perché siano piacevole all’orecchio, perché “funzionino insieme”, suoni, voci, strumenti, tutto deve essere armonico.
L’armonizzazione, a ben vedere, non è una questione solo musicale ma riguarda vari ambiti - e tra questi, lo Spazio. Se pensiamo al solo continente europeo e a tutte le “attività spaziali” che avvengono sopra la nostra testa, è difficile immaginarne il successo e i vantaggi, se ogni attore che se ne fa promotore si muovesse per proprio conto. Per questo, la questione della definizione di standard condivisi e trasparenti, investimenti congiunti e sinergici tra i diversi attori del settore spaziale, comprese le delegazioni nazionali, l’industria, le università e gli istituti di ricerca, è centrale per l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e per la Svizzera, che dell’ESA è membro e che, dunque, si pone il problema di come far andare d’accordo le ricerche accademiche e i progressi tecnologici delle diverse realtà industriali e start-up nei Cantoni della Confederazione con le richieste e l’agenda dell’ESA.
Di armonizzazione si è discusso a fine maggio in Canton Ticino, quando Lugano ha ospitato un incontro importante di networking tra Space Exchange Switzerland (SXS) - piattaforma nazionale per la promozione dello spazio in Svizzera finanziata dallo Swiss Space Office (SSO) della Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI) - e professori dell’Università della Svizzera italiana (USI), che è proprio uno dei partner del consorzio SXS, assieme al Politecnico federale di Losanna (EPFL) e a quello di Zurigo (ETH), all’Università di Zurigo e alla Fachhochschule Nordwestschweiz (FHNW).
Per l’occasione, all’incontro erano presenti anche Deborah Müller e Julien Bonnaud, ricercatori, consulenti per la tecnologia e l’innovazione spaziale e responsabili delle relazioni con l’industria: l’una per l’ETH, l’altro per l’EPFL, si occupano di fornire supporto tecnico per l’armonizzazione tecnologica nell’ambito dell’ESA, nonché di creare reti e collaborazioni tra istituti di ricerca e imprese attraverso l’SXS. Li abbiamo intervistati, per comprendere meglio di che cosa parliamo quando usiamo il termine “armonizzazione” in campo spaziale e anche come si situa l’USI, con il Canton Ticino tutto, nel panorama delle attività dello Space Exchange Switzerland.
Come possiamo riassumere l’impegno della Svizzera e dell’SXS in termini di ricerca, investimenti, innovazione e competitività in armonia con le esigenze e le strategie dell’ESA?
(Julien Bonnaud): «Lavoriamo in stretto e costante contatto con tre attori, che sono, appunto, l’ESA, i centri di ricerca svizzeri e le aziende presenti nel territorio del nostro Paese. Non ci occupiamo di delineare strategie e piani d’azione di lungo termine, ad esempio impostando e coordinando linee-guida volte al raggiungimento di obiettivi “spaziali”. Il nostro ruolo per l’SXS è anzitutto quello di connettere il mondo della ricerca e quello dell’industria. Con un inglesismo, si potrebbe dire che ci cerchiamo di promuovere “matching”: si tratta, cioè, di abbinare, letteralmente, le innovazioni che arrivano dai centri accademici svizzeri a progetti concreti e commerciali sviluppati da partner industriali, affinché, insieme, accademia e industria possano rispondere al meglio alle richieste tecnologiche e agli sviluppi nel settore dello spazio sui quali si lavora all’ESA. È, questo, un approccio cosiddetto top-down: vediamo, cioè, quali sono i bisogni attuali e la direzione nel medio-breve periodo verso la quale si orienta l’ESA; cerchiamo di identificare come la Svizzera possa rispondere nel modo migliore a questi sviluppi».
(Deborah Müller): «Monitoriamo costantemente la ricerca e l’innovazione che avviene nel nostro Paese, all’interno delle sue università, laboratori accademici e aziende private (dalle spin-off, alle start-up, passando per le piccole-medie sino alle grandi imprese), per identificare quali di questi attori stanno lavorando a progetti e proposte che possono essere di interesse per l’ESA. Successivamente ci occupiamo di aiutare queste realtà con analisi del mercato “spaziale”, mettendole in contatto con referenti dell’ESA per sviluppare ulteriormente progetti congiunti».
Il coinvolgimento della Svizzera in campo spaziale europeo e l’impegno di SXS, per essere sostenuti, necessitano di idee, progetti ma anche persone dedite, per così dire, allo Spazio…
(Julien Bonnaud): «Esatto. Proprio su questo punto entra in gioco l’USI, perché il suo Career Service svolge un ruolo centrale nei rapporti con l’SXS e i suoi partner, in quanto è di supporto ai giovani che studiano o si sono laureati nelle università svizzere, fornendo loro informazioni utili su come intraprendere una carriera o svolgere un stage presso l’ESA. Senza dubbio, l’USI è attivamente coinvolta nella formazione della futura generazione di esperti spaziali. Credo sia anche fondamentale sottolineare che il Career Service dell’USI non si rivolge solamente a studenti con conoscenze di astrofisica o simili. Per il raggiungimento degli scopi prefissati dall’ESA e promuovere idee innovative, le figure richieste sono molteplici, da chi si occupa di informatica, a coloro che fanno studi in economia, finanza, legge, comunicazione, architettura o biomedicina».
(Deborah Müller): «Proprio in riferimento agli studi biomedici, per l’USI si aprono varie opportunità all’interno di SXS. Stanno ad esempio suscitando grande interesse le applicazioni mediche e riabilitative scaturite dai risultati di varie ricerche spaziali. La sostenibilità delle missioni umane spaziali - dalla sopravvivenza e benessere degli astronauti, alla fornitura di ossigeno, acqua, energia elettrica, cibo, farmaci sino al disegno architettonico e all’ergonomia degli ambienti di permanenza e lavoro - non è una questione da fantascienza. Sta crescendo sempre più la consapevolezza che lo Spazio rappresenta un laboratorio unico di sperimentazione scientifica per sviluppare una medicina personalizzata con applicazioni cliniche da utilizzare poi sulla Terra, in quanto offre un ambiente per quello che noi chiamiamo “accelerated testing”, ovvero test accelerati (grazie all’assenza di gravità e ad altre caratteristiche fisice, ndr). Lo Spazio, insomma, offre l’opportunità di verificare ipotesi mediche impossibili da valutare sul nostro pianeta. In questa prospettiva per un istituto di eccellenza come lo IOR, l’Istituto Oncologico di Ricerca di Bellinzona, si aprono opportunità di collaborazione con altri centri accademici elvetici - la collaborazione con l’ETH di Zurigo è già avviata - nonché con varie industrie farmaceutiche la cui sede è a Basilea o Zugo».
(Julien Bonnaud): «Per esempio, ci sono opportunità per le ricerca condotte in Canton Ticino sul tumore alla prostata e lo Spazio, nel senso che si stanno aprendo scenari concreti per testare l’impatto di condizioni di micro-gravità e radiazioni per lo sviluppo di cellule tumorali».
Quella che state presentando è un’immagine della Svizzera fortemente integrata negli sviluppi dell’ESA. Possiamo dire così?
(Julien Bonnaud): «Assolutamente sì. La Svizzera è al settimo posto, su 22 membri dell’ESA, per quanto riguarda il contributo individuale di ogni Paese al budget annuale dell’Agenzia. Diverse tecnologie in campo spaziale usate nel contesto europeo, e nella UE, sono “nate” da noi. Pensiamo a Galileo, cioè al sistema globale di navigazione satellitare (GNSS) dell’Unione Europea, che funziona grazie all’orologio atomico la cui storia e il cui sviluppo sono fortemente legati all’innovazione e alla ricerca condotte in Svizzera».
Un’ultima domanda a lei, Deborah Müller, sulla presenza delle donne nel settore delle ricerche spaziali. Possiamo dire che le disuguaglianze di genere si stanno riducendo?
(Deborah Müller): «È una domanda delicata e difficile, per certi versi. Il mondo accademico sta cambiando. Nel team in cui lavoro, posso dire che la parità esiste. Stiamo anche cercando di sostenere quanto più possibile la presenza e l’interesse di giovani studentesse e ricercatrici per le discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria/Engineering e Mathematica) e devo dire che i risultati sono, da alcuni anni, promettenti. Cito, ad esempio, il programma di mentoring Swiss TecLadies di SATW, ma ricordo anche il crescente impegno, generalizzato in molti ambienti accademici, volto a sviluppare moduli interni di tecnologia nelle scuole, enfatizzando le attività di sensibilizzazione per attirare più ragazze e donne nei settori STEM. Tuttavia a livello delle industrie le disparità sono ancora evidenti, in termini di quote, differenze nei salari e anche per quanto riguarda l’accettazione e il rispetto nei confronti delle donne che lavorano in ambiti scientifici, indipendentemente dai loro titoli e dalle loro esperienze».