Schweizer Jugend Forscht

La Ricerca? “Una passione,
una gara, ma soprattutto un’occasione per stare insieme”

Domenica 1 maggio 2022 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache

Al Campus Est di Viganello la finale del concorso nazionale “Scienza e gioventù”, per progetti innovativi, che ha coinvolto 100 studenti provenienti da 17 cantoni. Fra i premiati, 7 ragazzi della Svizzera italiana  
di Paolo Rossi Castelli

Trecento progetti di altrettanti ragazzi con la passione per la Ricerca scientifica, provenienti da 17 cantoni svizzeri. Hanno risposto in tanti, dopo il “buio” del periodo Covid, al bando per il concorso nazionale “Scienza e Gioventù”, giunto quest’anno alla cinquantaseiesima edizione. I progetti sono stati presentati nell’ottobre 2021, e poi hanno affrontato il vaglio nei mesi successivi di una commissione di esperti, che ha scelto i 100 più innovativi. Nei giorni scorsi, al Campus est USI-SUPSI di Viganello, durante una sorta di Finale, ogni ragazzo ha avuto la possibilità di illustrarli, raccontarli, in appositi mini-stand (100, appunto), tra un fiume di visitatori, insegnanti, semplici appassionati, che hanno animato questa “Esposizione” così particolare. Era dal 2012 che il momento conclusivo del concorso non tornava a sud delle Alpi.

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Tutti i 100 progetti finalisti hanno ricevuto una valutazione (da buono a eccellente), e sulla base di questi giudizii sono stati assegnati premi in denaro, e anche altri riconoscimenti significativi, come viaggi di studio, la possibilità di assistere alla cerimonia della consegna dei Premi Nobel, l’“iscrizione” a un campo di ricerca sullo Jungfraujoch (a 3500 metri di quota), o, ancora, la partecipazione allo European Contest for Young Scientists organizzato dall’Unione Europea.

Qual è lo scopo del concorso, che è stato organizzato dalla Fondazione Schweizer Jugend Forscht di Berna ed è itinerante in tutta la Svizzera? «Promuovere i talenti - spiega Mariasole Agazzi, responsabile della comunicazione per la Svizzera italiana. - Far emergere i ragazzi che hanno avuto idee innovative, creare una rete di contatti e di conoscenze che potranno poi essere importanti nella vita di questi studenti. Insomma, il concorso vuole essere l’inizio di qualcosa di ancora più grande». L’età dei partecipanti? Dai 16 ai 23 anni. 

Il concorso Scienza e Gioventù è sostenuto dalla Confederazione, dal Politecnico federale di Zurigo e da sponsor privati, ed è gestito, come dicevamo, dalla Fondazione Schweizer Jugend Forscht, creata nel 1970 dal biologo e zoologo Adolf Portmann, professore all’Università di Basilea e autore di studi importanti sull’Evoluzione (ricordiamo, fra gli altri, il libro Le forme viventi. Nuove prospettive della biologia, pubblicato in Italia da Adelphi). Portmann era stato il presidente della prima edizione del Concorso, nel 1967, e - ormai settantenne - aveva deciso di creare tre anni dopo la Fondazione, per incrementare le iniziative destinate ai giovani con curiosità scientifiche. Da allora, il Concorso è stato sempre “guidato” dalla Fondazione.

Fra i finalisti dell’edizione di quest’anno, 7 erano della Svizzera italiana, con un contenuto scientifico alto, e valutato molto positivamente dagli studiosi “senior”, che in alcuni casi hanno anche affiancato i ragazzi nelle loro ricerche. Il team di Vittorio Limongelli, per esempio, professore di farmacologia e biologia computazionale all’ Università della Svizzera Italiana, ha fornito i computer e il software a Nathan Oberti, 18 anni, studente del Liceo cantonale di Bellinzona, per simulare la struttura tridimensionale della proteina MAS1 (coinvolta in varie patologie cardiocircolatorie) e per prevedere le interazioni con possibili farmaci. Nathan ha ottenuto, per questo suo studio, il premio speciale “Regeneron International and Engineering Fair ISEF”, che lo porterà a rappresentare la Svizzera in  un importante concorso scientifico per giovani negli Stati Uniti.

Un’altra finalista ticinese, Jocelyne Savi, 19 anni, del Liceo Lugano 1, ha invece ottenuto la collaborazione dello IOR (Istituto Oncologico di Ricerca) di Bellinzona per un progetto che l’ha portata a elaborare modelli matematici per predire gli esiti delle terapie e lo sviluppo di un particolare tipo di linfoma.  «Studierò matematica all’ETH - racconta Jocelyne - per poterla applicare in vari campi della medicina, nel modo più possibile utile e “concreto”».

Dal canto loro, Martino Camponovo e Ramon Fitze (Liceo Lugano 2) hanno messo a punto un originale sistema per abbinare una cella RedOx (si chiama così in termine tecnico) a una coltura di cianobatteri commestibili (quelli che poi producono la biomassa chiamata Spirulina), in modo da utilizzare l’ossigeno - rilasciato durante la crescita di questi microrganismi - per produrre energia elettrica. 

Ma c’è chi, come Martino Valsangiacomo (Liceo Lugano 2), si è invece dedicato a uno studio sull’acustica delle sale da concerto. O chi, come Daniel Barta (Liceo Lugano 2), ha studiato le “fionde gravitazionali”, ossia le manovre che permettono ai razzi di ottenere un’accelerazione senza dispendio di carburante, sfruttando il campo gravitazionale dei corpi celesti che incontrano durante il loro viaggio. Grazie al suo progetto, Daniel ha ottenuto il premio speciale “European Space Camp" (ESC), che gli permetterà di trascorrere una settimana al Centro spaziale di Andøya, in Norvegia.

Su un versante molto diverso, Aki Giulia Bücher (Scuola cantonale grigione) ha dimostrato come da quello che spesso viene considerato un sottoprodotto alimentare (le uova di salmone) si possa invece ottenere un prodotto di alto valore nutritivo. Per questo progetto Aki ha ricevuto il premio speciale “Alfred Escher – ETH Student”.

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Ma cosa ha spinto, nei mesi scorsi, centinaia di ragazzi a partecipare a questo concorso, con un aggravio di impegno, tempo, lavoro, oltre ai normali ritmi di studio? Certo, erano previsti riconoscimenti speciali, come dicevamo, e anche premi in denaro, per un totale di circa circa 90’000 franchi. Ma c’è molto di più: «Ci siamo iscritti al concorso per conoscere altri giovani provenienti da tutta la Svizzera - spiega Martino Valsangiacomo. - Perché è bello parlare fra noi nonostante le barriere linguistiche, ed è interessante il confronto con quello che hanno approfondito gli altri. Insomma, perché è fondamentale mettersi in gioco».