Da Locarno a Losanna il lungo cammino per curare i tumori
dei bambini con le cellule "CAR-T"

Intervista a Francesco Ceppi, oncologo pediatrico al CHUV, uno dei tre ospedali svizzeri in cui si utilizza un’avanzata forma di immunoterapia contro la leucemia linfoblastica acuta. Collaborazione con Franco Cavallidi Benedetta Bianco
Da Locarno, dove è nato, a Losanna, dove lavora presso il Centre Hospitalier Universitaire Vaudois (CHUV), passando per quattro anni in Canada e uno negli Stati Uniti, il cammino professionale del ticinese Francesco Ceppi ha sempre ruotato intorno a un settore difficile della medicina, l’oncologia pediatrica. Adesso Ceppi è uno dei pochi specialisti svizzeri in grado di applicare una tecnica di grande “potenza”, ma molto complessa da gestire, per curare i linfomi maligni nei bambini: quella che utilizza le CAR-T cells, cioè linfociti T (cellule immunitarie) dei piccoli pazienti, estratti dal sangue, modificati con sistemi di ingegneria genetica per renderli molto più efficienti nella battaglia contro il cancro, e infine reimmessi in circolo. Ceppi non ha mai lavorato in Ticino, ma collabora estesamente con il professor Franco Cavalli, cofondatore dell’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR) di Bellinzona. Inoltre, Ceppi è nel comitato dell’International Conference on Malignant Lymphomas (ICML), uno dei congressi di riferimento a livello internazionale sui lifomi, che ogni due anni viene organizzato a Lugano proprio da Cavalli.
La sigla CAR-T sta per “Chimeric Antigen Receptor T cell”, e si basa sull’idea innovativa di combattere i tumori come se fossero un’infezione, vale a dire potenziando il sistema immunitario del paziente in modo che sia in grado di riconoscere le cellule tumorali e ucciderle. Come funziona? Sulla superficie delle cellule malate sono presenti dei frammenti di proteine, chiamati antigeni, che le differenziano dalle altre e ne permettono il riconoscimento, a patto però di avere la giusta “chiave”. L’ingegneria genetica serve proprio a far sì che i linfociti T vadano a colpire quei recettori (e solo quelli, senza danneggiare le cellule sane).
Il primo trattamento con le CAR-T cells è stato somministrato con successo nel 2012, in un ospedale statunitense, a una bambina di 7 anni, e da allora questa terapia personalizzata ha via via rivoluzionato la cura di diversi tumori del sangue che non rispondono alle terapie tradizionali. La strada da percorrere, però, è ancora molto lunga: le cellule CAR-T, infatti, sono offerte unicamente in ultima istanza a bambini e adulti affetti da tumori aggressivi che hanno già avuto numerose ricadute e che non hanno risposto a chemioterapia e al trapianto di midollo osseo. Eppure, sottolinea Ceppi, il trattamento potrebbe essere risolutivo sin da subito, evitando mesi o anni di cure aggressive con annessi pesanti effetti collaterali.
«Al momento - conferma Ceppi - la terapia con cellule CAR-T è stata approvata solo in condizioni specifiche, per pazienti con una ricaduta di leucemia linfoblastica acuta, che hanno già subito un trapianto di midollo, o per pazienti con leucemie estremamente resistenti: questo fa già capire che non è un trattamento di prima linea e neanche di seconda. È un trattamento di terza linea».
Ceppi, come dicevamo, lavora al CHUV di Losanna, ed è anche responsabile dei linfomi pediatrici a livello nazionale per il Gruppo di Oncologia Pediatrica Svizzera (SPOG). In Svizzera sono solo tre, per il momento, le città in cui è disponibile la terapia a base di cellule CAR-T: oltre a Losanna, anche Ginevra e Zurigo.
Le leucemie sono tumori delle cellule staminali del midollo osseo da cui hanno origine le cellule del sangue: nelle persone colpite da queste malattie vi è una proliferazione incontrollata delle staminali, che interferisce con la crescita e lo sviluppo delle normali cellule del sangue. La leucemia linfoblastica acuta, in particolare, è un tipo di leucemia che colpisce i progenitori dei linfociti (i linfoblasti, appunto), e progredisce molto velocemente (da cui il termine “acuta”). Si tratta di una patologia rara, ma è la forma di tumore più frequente in età pediatrica: rappresenta, infatti, circa l’80% delle leucemie e il 25% di tutti i tumori diagnosticati tra 0 e 14 anni.
La terapia a base di cellule CAR-T si è pian piano estesa anche agli adulti (non ancora ai bambini, però) per i linfomi, tumori che hanno origine dai linfociti “adulti” (o “maturi”), presenti nel sistema linfatico, dove si è dimostrata più efficace del trapianto di midollo osseo e lo sta, quindi, sostituendo. «Da diversi anni cerchiamo di fare la stessa cosa nei bambini - dice Ceppi - ma l’ostacolo principale è costituito dalle aziende farmaceutiche, che non hanno interesse a sviluppare ulteriormente le cellule CAR-T anche nei pazienti pediatrici, poiché il mercato non è abbastanza ampio. Ci troviamo, perciò, in una impasse che coinvolge tutti gli specialisti di leucemia del mondo».
La ricerca resta quindi confinata quasi soltanto nell’ambito accademico, ma questo significa allungare molto i tempi, soprattutto per la maggiore difficoltà a reperire i fondi necessari per effettuare gli studi. Un aiuto in tal senso potrebbe arrivare dai macchinari prodotti da diverse aziende in grado di automatizzare il procedimento necessario per ottenere le cellule CAR-T, che richiede diverse settimane per ogni paziente: in questo modo, sarà possibile produrre direttamente “in loco” (cioè negli ospedali) la terapia, senza dover spedire i campioni di sangue ai pochissimi laboratori super-specializzati in Europa, capaci di creare le CAR-T. «La possibilità di avere i “macchinari” in ospedale è una soluzione molto interessante adottata, ad esempio, a Barcellona – commenta Francesco Ceppi – che può ora vantare il primo prodotto CAR-T approvato da un Ministero della Salute e che viene, quindi, rimborsato». Al momento, le uniche altre CAR-T rimborsabili in Svizzera sono quelle prodotte da Novartis, somministrate unicamente ai bambini che hanno ricadute dopo trapianto e leucemie refrattarie.
Da qualche tempo i ricercatori, a livello internazionale, stanno cercando di utilizzare le cellule CAR-T anche per alcuni tipi di tumori solidi (quindi non solo per i tumori del sangue: leucemie e linfomi), come quelli cerebrali, dove vengono iniettate direttamente nel cervello, ma c’è ancora molto lavoro da fare, anche perché non sono sempre risolutive e bisogna ancora capire come mai alcuni pazienti mostrano ricadute dopo il trattamento.
«Nei bambini - spiega Ceppi - se le CAR-T persistono nel sangue per almeno 6-12 mesi, probabilmente la cura risulta poi definitiva. Se, invece, vengono perse precocemente, avviene quasi sempre una ricaduta: la persistenza delle CAR-T è fondamentale». Per ottenere cellule CAR-T che durino il più a lungo possibile conta molto il momento nel quale viene fatto il prelievo dei linfociti che dovranno poi essere modificati: l’ideale è prelevarli in una fase iniziale, prima che l’organismo venga sottoposto a diversi cicli di chemio e radioterapia, e a trapianto di midollo.
«Per me - aggiunge Ceppi - il futuro vedrà i bambini malati ricevere solo un po’ di chemioterapia e cellule CAR-T, perché l’obiettivo non è solo curarli, ma anche evitare tutti gli effetti collaterali: adesso, un bambino con leucemia linfoblastica acuta resistente riceve trapianto di midollo e TBI (total body irradiation, una tecnica di radioterapia che consente di distruggere il midollo osseo e le cellule tumorali residue), un trattamento estremamente aggressivo e tossico per l’organismo, con pesantissimi effetti collaterali». La terapia con cellule CAR-T, invece, può produrre effetti secondari completamente diversi, come febbre, reazioni infiammatorie sistemiche e reazioni avverse neurologiche, che è possibile prevenire e che, soprattutto, si risolvono in poco tempo, senza lasciare conseguenze a lungo termine (anche se è vero che, in alcuni casi, possono essere anche molto violente). Ma non solo: «Quando parlo di effetti collaterali - conclude Ceppi - non intendo soltanto gli eventuali problemi a lungo termine, ma anche il poter vivere una vita da bambino: andare a scuola, giocare con gli amici, stare a casa. Per un adolescente, un anno passato in ospedale è un anno perso per sempre: la terapia con cellule CAR-T permette proprio di evitare tutto questo».