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Caccia alle strategie più
avanzate contro le malattie oncologiche del cervello

Mercoledì 21 dicembre 2022 circa 6 minuti di lettura In deutscher Sprache
Gianfranco Pesce (a sinistra), responsabile clinico del Centro Neuro-oncologico della Svizzera italiana, con Stefano Leva, capotecnico della radioterapia all’ospedale San Giovanni di Bellinzona (foto di Loreta Daulte)
Gianfranco Pesce (a sinistra), responsabile clinico del Centro Neuro-oncologico della Svizzera italiana, con Stefano Leva, capotecnico della radioterapia all’ospedale San Giovanni di Bellinzona (foto di Loreta Daulte)

Immunoterapia, farmaci innovativi, radioterapia "chirurgica": la difficile battaglia contro i tumori cerebrali si arricchisce di nuovi strumenti. Parla Gianfranco Pesce (Centro Neuro-oncologico della Svizzera italiana)
di Agnese Codignola

Nell’ambito dell’oncologia, c’è un settore che, in Ticino, ha una sua nicchia specifica molto importante: quello dei tumori cerebrali, patologie particolarmente complesse, per le quali è sempre necessario un approccio multidisciplinare, perché il cervello è l’organo più protetto del corpo umano e, nello stesso tempo, ha funzioni vitali fondamentali e, per tali motivi, i tumori che lo colpiscono sono più difficili da curare. 
Il centro di riferimento è quello Neuro-oncologico della Svizzera italiana dell’Ente Ospedaliero Cantonale sotto la responsabilità clinica di Gianfranco Angelo Pesce, medico caposervizio di radio-oncologia. 

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Nelle scorse settimane Pesce è stato anche il padrone di casa di un congresso che, dopo due anni di sessioni solo virtuali, si è finalmente tenuto in presenza, a Lugano: lo Swiss Italian Neuro-oncology meeting 2022. «Questo congresso - spiega Pesce a Ticino Scienza - è ormai una tradizione e si tiene di volta in volta in zone diverse della Confederazione. A seconda della località, si invitano i colleghi delle aree limitrofe (questa volta l’Italia), con lo scopo di favorire lo scambio di informazioni sulle ultime novità e di idee in tutti gli ambiti della neuro-oncologia: dalla neurologia alla neurochirurgia, dalla radioterapia alla ricerca di base, fino ai modelli assistenziali».
Quest’anno l’incontro è stato particolarmente fecondo, perché ha confermato un’idea proposta da qualche anno, che comporta un ripensamento generale della visione stessa dei tumori cerebrali. Spiega infatti Pesce: «È sempre più chiaro che la classificazione tradizionale, basata sulle caratteristiche istologiche del tumore (cioè quelle che emergono dallo studio al microscopio delle cellule cancerose, ndr) e sulla sua localizzazione, non è più adatta alle attuali conoscenze, e anche l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) lo ha dichiarato apertamente. Oggi sappiamo - continua Pesce - che, ai fini terapeutici, sono molto importanti le caratteristiche bio-molecolari, che permettono di esprimere un giudizio prognostico più accurato, o di prevedere con maggior precisione la risposta a un certo tipo di terapia, sia essa chemio, o radioterapia. In particolar modo, si sono rivelate cruciali le caratteristiche di metilazione del DNA (come si dice in termine tecnico), cioè le aggiunte di piccoli gruppi chimici a un solo atomo di carbonio, soprattutto se presenti su geni che regolano la risposta ai farmaci, o la resistenza a essi (come nel caso di un gene specifico di quest’ultimo tipo chiamato MGMT). In altre parole, a seconda della quantità e delle variazioni di questi piccoli gruppi chimici sul DNA di certi geni, la risposta può essere più o meno efficace»

Ma nell’incontro di Lugano sono emersi anche altri aspetti che potrebbero tradursi in benefici diretti per i pazienti. Ancora Pesce: «Negli ultimi anni le indagini che si possono effettuare con le tecniche di imaging quali le risonanze, le PET, le TAC e le loro combinazioni, grazie a nuovi traccianti fluorescenti o radioattivi e a computer sempre più capaci di interpretare quanto rilevato, sono diventate estremamente sofisticate e attendibili, al punto che sono ormai strumenti imprescindibili anche in sala operatoria, dove forniscono le immagini in tempo reale, permettendo ai chirurghi di operare con la massima precisione, risparmiando il più possibile i tessuti sani». 

Con lo stesso approccio basato sulla precisione, poi, anche la radioterapia riesce ormai a essere “chirurgica”, grazie alle tecniche stereotassiche, basate appunto su una localizzazione estremamente specifica della zona sulla quale si deve intervenire con i raggi.

Dal punto di vista farmacologico, inoltre, il futuro potrebbe riservare sorprese, quali terapie più efficaci rispetto a quelle utilizzate finora, che non sono mai state risolutive, proprio per le peculiarità del cervello.

TECNICHE DI INGEGNERIA GENETICA - Dopo le parziali delusioni associate all’immunoterapia con inibitori di checkpoint (così vengono definiti), che nel cervello non mostra la stessa efficacia vista in numerosi altri distretti dell’organismo, è infatti il momento di quella basata sui linfociti modificati in laboratorio con tecniche di ingegneria genetica per potenziarli (le CAR-T cells), e dei vaccini. Chiarisce Pesce: «Grazie agli organoidi, agglomerati tridimensionali di cellule nervose fatti crescere in laboratorio che riproducono in modo completo e realistico una certa zona cerebrale, si stanno facendo passi in avanti che potrebbero portare, anche in questo ambito, a un approccio immunoterapico realmente efficace». Ma c’è di più. Sottolinea infatti l’esperto: «Sono già arrivate alle prime fasi della sperimentazione sui pazienti (la 1 e la 2) alcune molecole che appartengono a una classe nuova di farmaci, gli IDH inibitori, in studio per i tumori che rispondono di meno agli approcci tradizionali». Si tratta di farmaci che agiscono su un enzima, l’isocitrato deidroigenasi (da cui la sigla), già in uso per alcuni tumori del sangue e anche per altre forme come quelle delle vie biliari, che potrebbero trovare nuove applicazioni proprio nel tumori cerebrali. Nei prossimi mesi si capirà se l’armamentario terapeutico a disposizione degli oncologi e dei malati diventerà più ricco, forse anche grazie ad alcune cosiddette piccole molecole (farmaci mirati contro singole mutazioni del DNA delle cellule cancerose), anch’esse in fase di sperimentazione.

L’USO DELLE MICROONDE - Infine, al congresso sono stati presentati anche dati su una strategia completamente diversa: quella basata sulla somministrazione, in loco, di fasci mirati di microonde attraverso un apposito strumento inserito nella sede dell’intervento: una tecnologia che potrebbe rivelarsi di grande aiuto, e che è oltremodo interessante perché basata su principi fisici e non farmacologici; queste apparecchiature potrebbero essere le prime di un approccio totalmente nuovo.

CURE SEMPRE PIÙ PERSONALIZZATE - Al di là del momento del congresso, è comunque la quotidianità che conta, per coloro che sono malati oggi. Una routine che, nel centro diretto da Pesce, si declina all’insegna della multidisciplinarietà e della collaborazione, per accompagnare i malati in ogni momento del loro difficile cammino attraverso le cure. «Quello che si cerca di fare - conclude Pesce - è definire il percorso più adatto a ogni singola situazione, in base alle valutazioni cliniche, ma anche a quelle molecolari, e poi a quelle riabilitative e perfino sociali, in stretta collaborazione con il territorio e con le strutture specializzate, stabilendo in modo puntuale anche un’intensa collaborazione con l’hospice, per i pazienti che ne hanno bisogno».

Ricevere una diagnosi di tumore cerebrale rappresenta un momento critico per chiunque, anche per i familiari e le persone che assistono in varie forme i pazienti, ma non più una condanna senza appello per tutti i malati, come era fino a qualche anno fa. Oggi per molti ci sono speranze concrete. Ma è fondamentale affidarsi a mani esperte.