Sperimentazione

Un casco hi-tech per alleviare
il dolore da cancro:
al via i test anche in Ticino

Lunedì 30 gennaio 2023 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache
(Diesegno di Marco Galli)
(Diesegno di Marco Galli)

Oltre 70 i pazienti oncologici in fase avanzata che nel nostro cantone verranno "arruolati" per l’importante progetto europeo PAINLESS, che vede la partecipazione dell’EOC attraverso il Neurocentro e lo IOSI
di Elisa Buson

Alleviare il dolore da cancro grazie a un casco hi-tech da indossare comodamente a casa propria: è l’ambiziosa sfida che intende vincere il nuovo progetto di ricerca internazionale PAINLESS, finanziato con quasi sei milioni di euro in cinque anni nell’ambito del programma Horizon Europe dell’UE. L’iniziativa, che sta muovendo i primi passi dopo l’avvio ufficiale dello scorso luglio, è guidata dagli spagnoli dell’Università di Santiago de Compostela e coinvolge un consorzio di oltre 20 enti e istituti di Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Repubblica Ceca, Israele, Romania e Svizzera. Anche il Ticino è in prima fila con l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), in particolare con il Neurocentro della Svizzera Italiana (NSI) e l’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI), vincitori di un grant europeo di oltre 500.000 euro che permetterà di coinvolgere nella sperimentazione oltre 70 malati oncologici.

«Il dolore è il sintomo più temuto dai pazienti e uno di quelli che impattano maggiormente sulla qualità di vita», spiega Maria Teresa Carillo de la Pena, responsabile del progetto presso l’Università di Santiago de Compostela. «Si stima che il 59% dei pazienti sottoposti a trattamento oncologico, il 64% di quelli con tumore in fase avanzata e il 33% dei guariti soffrano di dolore». In 8 casi su 10 il problema può essere efficacemente controllato grazie alla terapia farmacologica, ma resta ancora un 20% dei pazienti che mostra una scarsa risposta ai farmaci o è addirittura costretto a interromperli a causa degli effetti collaterali. Da qui l’esigenza di capire quali meccanismi cerebrali si nascondano dietro a questo insuccesso e quali metodi non farmacologici possano contribuire a dare sollievo ai malati.

Il progetto PAINLESS scommette sulla possibilità di modulare le connessioni cerebrali che alimentano il dolore attraverso un metodo non invasivo di stimolazione transcranica (tDCS), che consiste nell’applicare delle deboli e innocue correnti elettriche attraverso piccoli elettrodi sullo scalpo: i campi magnetici così generati vanno a modificare l’attività elettrica dei neuroni aumentandone o diminuendone l’attività, a seconda della frequenza e della durata della stimolazione. «Negli ultimi anni la tDCS è stata studiata per diversi tipi di dolore cronico, come il dolore da cancro, la sclerosi multipla, la neuropatia diabetica e la fibromialgia», spiega la dottoressa Eva Koetsier, medico specialista in Anestesia e Terapia del Dolore che lavora presso il Centro per la Terapia del Dolore NSI-EOC ed è caposervizio di anestesiologia dell’Ospedale Regionale di Lugano. «Ad oggi, però, le prove sugli effetti analgesici della tDCS non sono ancora sufficientemente solide a causa di diversi fattori: gli studi clinici sono stati eseguiti su gruppi di pazienti molto piccoli, non avevano dei protocolli standardizzati e il trattamento aveva spesso una durata insufficiente. Tuttavia, un gran numero di risultati positivi suggerisce il potenziale analgesico della tDCS in molteplici tipi di dolore cronico, incluso il dolore cronico da cancro, e senza provocare effetti collaterali».

Per valutarne la reale efficacia, i ricercatori del consorzio PAINLESS hanno messo a punto un protocollo sperimentale che prevede l’uso di un casco hi-tech per la stimolazione elettrica transcranica domiciliare, supervisionato a distanza. «Si tratta di un sistema wireless facile da usare», osserva Koetsier. «I dati e i sintomi verranno trasmessi allo smartphone e da lì a una piattaforma cloud per la gestione remota e la supervisione del trattamento». Nella sperimentazione saranno coinvolti oltre 2.000 pazienti di cui 75 in Ticino, come spiega Claudia Gamondi, medico oncologo palliativista e primario della Clinica di cure palliative e di supporto dello IOSI. «La selezione comincerà in primavera: arruoleremo 75 volontari con tumore in fase avanzata. Di questi ne sceglieremo in modo casuale 45 che useranno il casco a casa per 15 minuti tre volte al giorno, per un totale di due settimane. Al termine valuteremo l’efficacia sul dolore, la soddisfazione dei pazienti e la tollerabilità del trattamento, confrontando i risultati con quelli del gruppo di controllo». 

Il parametro principale che verrà monitorato è «l’intensità del dolore – aggiunge Koetsier – ma ci sono diverse altre variabili che valuteremo, per esempio l’uso di farmaci analgesici, il grado di affaticamento, l’effetto del trattamento sull’umore e sulla qualità del sonno». Inoltre verranno eseguiti esami della sensibilità e l’elettroencefalogramma, nel tentativo di identificare delle “spie” (biomarcatori) del dolore che permettano di personalizzare meglio la terapia.

«Il nostro obiettivo è verificare la possibilità di ridurre l’impiego di farmaci nella gestione del dolore per migliorare il benessere dei malati di cancro in fase avanzata», afferma Koetsier. «Inoltre intendiamo valutare se questo trattamento possa rivelarsi più conveniente rispetto alla tradizionale gestione del dolore oncologico con farmaci, test diagnostici, visite mediche e ricoveri ospedalieri».

Il progetto PAINLESS rappresenta un’opportunità per i malati oncologici «che con grande generosità e altruismo accettano spesso di buon grado di partecipare a studi sperimentali, nella speranza che la loro esperienza possa essere d’aiuto anche agli altri pazienti», afferma Gamondi. Ma il progetto rappresenta una grande occasione anche per l’EOC. Aver vinto il grant europeo «anche grazie all’impegno di Maria Montilla dell’Area Formazione Accademica, Ricerca e Innovazione (AFRI) dell’EOC, ci consentirà di partecipare a un grande network internazionale con nuove occasioni di collaborazione: un passo importante soprattutto per la nostra Clinica di cure palliative, che con oltre 70 professionisti tra medici, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti e tanti altri, fornisce più di 4.000 consulti all’anno», conclude Gamondi.

(Questo articolo è stato scritto per la rubrica Ticino Scienza pubblicata sul quotidiano LaRegione di Bellinzona)