Caccia al radon, gas che nasce
nelle profondità del terreno
e (a volte) si infiltra nelle case
A Mendrisio è attivo il Centro competenze radon, il primo a essere stato creato in Svizzera. Controlli negli edifici, soprattutto in quelli più vecchi e nelle cantine, ma anche Ricerca. Intervista al direttore Luca Pampuridi Agnese Codignola
Il radon è un gas inodore e incolore, invisibile. Presente negli strati profondi del terreno, si forma nella sequenza di disintegrazione dell’uranio, che si trova dappertutto nel suolo. In alcuni casi sale verso la superficie e riesce a infiltrarsi negli edifici che presentano pervietà, fino ad accumularsi in abitazioni e luoghi di lavoro, in alcuni luoghi a concentrazioni elevate. Ma è anche un gas tossico, la cui inalazione è associata a un aumento significativo del rischio di sviluppare un tumore al polmone e, per questo, è necessario avere un’idea il più possibile precisa delle aree più contaminate e, soprattutto, della situazione degli edifici che, eventualmente, vi sorgano sopra. Perché risiedere sopra un punto da cui si sprigiona questo gas può rappresentare un pericolo serio per la salute: si stima che ogni anno, in Ticino, una ventina di persone si ammalino e poi muoiano a causa di un tumore polmonare provocato dal radon (su 2-300 decessi totali attribuibili, in Svizzera, a tumori provocati dal radon). E purtroppo il Ticino è una delle zone a maggior concentrazione di radon di tutta la Svizzera.
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Per fortuna, difendersi dal radon è possibile, ma richiede azioni concrete ed efficaci. In Ticino, la prima grande campagna di monitoraggio degli edifici ha avuto luogo tra il 2005 e il 2010 quando, per iniziativa del Laboratorio Cantonale, sono stati controllati oltre 50’000 stabili, ed è stata così compilata una prima grande mappa del cantone. L’iniziativa ha avuto successo, e ha contribuito alla fondazione, nel 2008, del primo Centro competenze radon della SUPSI a Mendrisio, oggi diretto da Luca Pampuri. Dopo la nascita del Centro ticinese, ne sono stati aperti altri due: uno per la Svizzera francese, e uno per la Svizzera interna. Tutti e tre svolgono molteplici funzioni, lavorando in stretta collaborazione con l’Ufficio federale per la sanità pubblica. Oltre a fornire regolarmente informazioni alla popolazione e a lanciare periodiche campagne di sensibilizzazione, formano costantemente il personale che lavora nel settore delle costruzioni, e che si deve occupare dei controlli e dei risanamenti, o di progettare e costruire edifici sicuri; ma tengono anche lezioni per gli studenti di architettura e ingegneria, e per i geometri, affinché diventino professionisti consapevoli del problema del radon e della sua mitigazione.
I servizi qualificati per la misurazione delle concentrazioni di radon richiedono, in ottemperanza con quanto indicato dalle linee guida emanate dall’Ufficio federale della sanità pubblica, un periodo di misurazione invernale, perché è proprio l’inverno la stagione in cui è maggiore l’escursione termica tra la notte e il giorno. Ed è nel corso di questo periodo che le concentrazioni di radon all’interno dell’edificio possono aumentare di più, vista la presenza dell’effetto “camino”, dovuto alla differenza di temperatura tra interno ed esterno, che favorisce la penetrazione del gas.
Inoltre, i consulenti che hanno seguito una formazione specifica entrano in contatto diretto con i cittadini, i professionisti e le imprese. Spiega Pampuri: «Secondo la legislazione svizzera, i proprietari non sono tenuti a controllare la quantità di radon presente all’interno dei loro edifici, anche se sarebbe sempre opportuno conoscere le concentrazioni con le quali si è a contatto ogni giorno. Quando però decidono di farlo (per esempio nell’ambito di una compravendita), se i valori sono superiori ai limiti di sicurezza, pari a 300 becquerel per metro cubo, devono intervenire. Lo stesso accade per le nuove costruzioni che, da subito, devono rispettare i limiti. In questi casi i consulenti intervengono, indicano i punti degli edifici che meritano un approfondimento, e suggeriscono un’azione specifica». Gli edifici, continua Pampuri, soprattutto se vecchi, possono infatti lasciar filtrare il radon, per esempio, dalle crepe o punti non ermetici.
Ma anche quando sono di recente edificazione possono essere a rischio, perché la presenza di spessori isolanti e di serramenti performanti può rendere lo stabile ermetico, riducendo il ricambio d’aria e favorendo in alcuni casi l’accumulo del gas. Per fortuna, per limitare questo tipo di infiltrazioni o di concentrazioni, si può fare molto, come spiega ancora l’esperto: «Talvolta sono sufficienti interventi limitati come, per esempio, il risanamento delle crepe o il posizionamento di specifiche barriere anti-radon. In altri casi, tuttavia, è richiesta un’azione più radicale come l’introduzione di un sistema di aerazione permanente nel vespaio (lo spazio vuoto situato fra il terreno di fondazione dell’edificio e il pavimento del piano terra, ndr) o, quando questo è assente, direttamente nel terreno, oppure interventi in cantine, su pavimenti o pareti. Quando invece la concentrazione è bassa, e soprattutto se si abita o si lavora nei piani più bassi degli edifici, può essere sufficiente avere sempre un buon ricambio di aria, proprio per evitare che il radon, nel tempo, si concentri fino a diventare pericoloso».
Infine, il Centro partecipa spesso a progetti di ricerca, che partono anche dalle sue attività quotidiane. Un esempio è lo studio Radon Mitigation Efficiency, svolto in collaborazione con diversi partner regionali e nazionali, che ha cercato di verificare l’efficienza delle misure di risanamento a distanza di anni dalla loro messa in opera, identificando eventuali criticità e proponendo soluzioni. «È necessario un regolare controllo - spiega infatti Pampuri - perché gli interventi di risanamento implementati nel tempo perdono efficacia, spontaneamente o, per esempio, perché non è stata garantita la necessaria manutenzione. Se però vengono eseguiti controlli regolari, tale evenienza si riduce radicalmente».
Il risanamento del radon non è, quindi, qualcosa che si può esaurire in un intervento, per quanto efficace. È qualcosa che deve entrare a far parte della consapevolezza di tutti, così come accade per altri contaminanti ambientali: solo attraverso la vigilanza costante di ogni cittadino si può avere una protezione estesa, duratura ed efficace.