L’algoritmo migliore?
Non necessariamente
è quello senza errori
Intervista a Fabrizio Grandoni (IDSIA USI-SUPSI). Nelle settimane scorse è stato nominato membro del Consiglio di ricerca del Fondo Nazionale Svizzero, una delle istituzioni scientifiche elvetiche più prestigiose di Agnese Codignola
Nelle scorse settimane Fabrizio Grandoni è stato nominato membro del Consiglio di Ricerca del Fondo Nazionale Svizzero, una delle istituzioni scientifiche elvetiche più prestigiose e importanti, da cui dipende l’assegnazione di una quota significativa dei fondi e l’indirizzo generale della ricerca a livello nazionale. Grandoni sarà il responsabile dei progetti nell’ambito dell’Informatica Teorica. Un traguardo di peso, che giunge dopo altri successi e riconoscimenti arrivati negli ultimi anni, grazie al suo lavoro di ricerca, fra cui prestigiosi premi internazionali e generosi finanziamenti europei e svizzeri. Grandoni è un ingegnere, per formazione: si è laureato in Italia, all’Università di Roma Tor Vergata, nel 2000, dove ha successivamente conseguito un dottorato di ricerca. Da quel momento ha iniziato un periodo di specializzazione presso importanti università e centri di ricerca europei e americani, fra cui l’Istituto Max-Planck di Saarbrücken e il Politecnico di Berlino in Germania, l’Università di Bergen in Norvegia, l’Università di Berkeley in California, e il Politecnico federale di Losanna. Infine è approdato all’Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza Artificiale USI-SUPSI (IDSIA), prima come ricercatore e attualmente come titolare della cattedra di algoritmi di approssimazione. All’IDSIA Grandoni guida un piccolo gruppo di ricerca finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero.
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Ma di cosa si occupa Grandoni in concreto? «La mia è una ricerca di base - risponde - che si colloca al confine fra la matematica e l’informatica. Lo stesso problema computazionale può essere risolto con algoritmi diversi, a volte in maniera sorprendente e originale. Io mi occupo di sviluppare nuovi algoritmi, e di dimostrare matematicamente che sono migliori di quelli già noti. È un po’ come muoversi da un punto A a un punto B su una mappa: possono esistere percorsi alternativi, non tutti facili da identificare. In questa metafora, io sono un esploratore e la mia bussola è la matematica». In questo ambito, Grandoni si è dedicato prevalentemente agli algoritmi di approssimazione: «Per alcuni problemi - spiega - trovare la soluzione ottima non è possibile in tempi ragionevoli, neanche con i computer più potenti. In tali casi ha senso cercare una soluzione che approssimi l’ottimo, con un margine di errore matematicamente garantito. Io mi sforzo di ridurre il più possibile questo margine».
Anche se la ricerca di Grandoni è prevalentemente di natura teorica, essa è motivata da applicazioni molto concrete. È Grandoni stesso a fare qualche esempio, fra i molti ambiti da lui studiati: «Immaginiamo di dover progettare una rete stradale o di trasporti pubblici. Gli utenti vogliono raggiungere rapidamente la loro destinazione nonostante la presenza di guasti o incidenti lungo il percorso. Quindi abbiamo bisogno di progettare una rete robusta, con percorsi alternativi, limitandone al tempo stesso i costi di costruzione o gestione. Lo stesso scenario si presenta in reti di altra natura, per esempio reti di telecomunicazione, reti elettriche, reti di servizio ai clienti, eccetera. Gli algoritmi possono aiutarci a trovare il miglior compromesso fra robustezza e costo. O quasi, se sono approssimati».
Gli interessi di Grandoni non si limitano però alle sole reti: «Supponiamo - spiega - di dover eseguire alcuni processi, dove ciascun processo richiede un certo tempo e una certa quantità di risorse. È necessario distribuire accuratamente il carico di lavoro per non sovraccaricare il sistema o per ridurre i costi. Pensiamo per esempio alla domotica: alcuni elettrodomestici possono essere attivati automaticamente in diversi momenti della giornata con tariffe orarie diverse e con il vincolo di non eccedere la potenza elettrica disponibile. Quello che oggi si può fare in una singola casa, in futuro potrà essere applicato a intere città».
Grandoni è anche docente presso il Dipartimento di Tecnologie Innovative della SUPSI: «Mi occupo di corsi avanzati per piccole classi - racconta - e questo mi consente di seguire gli studenti uno per uno. Cerco di trasmettere ai miei studenti la passione per gli argomenti che tratto, anche se risultano ostici a molti di loro. Con la didattica online, cui siamo stati costretti dalla pandemia, ho dovuto rivoluzionare le mie lezioni, in questo consigliato dal team di supporto alla docenza della SUPSI: adesso dedico la maggior parte della lezione a esercizi, riflessioni, idee, lasciando la parte teorica a lezioni registrate, che ogni studente può vedere e rivedere quando vuole. E questo modificherà il mio modo di insegnare anche quando torneremo, spero presto, a lezioni in presenza». Anche per la didattica quindi, in qualche modo, si procede per approssimazioni, cercando di migliorare costantemente nell’insegnamento di una materia sempre viva, e in continua evoluzione».
Il lavoro di docenza e ricerca di Grandoni è favorito dall’intero sistema universitario, come da lui stesso menzionato: «In Svizzera ho trovato una realtà lavorativa meritocratica, ben finanziata, ed efficiente a livello burocratico e amministrativo. Questo è stato essenziale per svolgere al meglio il mio lavoro. Spero che in futuro la Svizzera e in particolare il Ticino continuino a sostenere la ricerca, inclusa quella di base, come hanno fatto in modo eccellente finora».
Gli algoritmi giocano un ruolo fondamentale nella vita odierna, con numerose e varie applicazioni. Anche se in certe narrazioni essi sono temuti e raccontati come qualcosa di cui diffidare, nella vita reale hanno fatto fare significativi passi avanti in innumerevoli ambiti, al punto da diventare indispensabili. La missione - cruciale - di persone come Grandoni è di mettere algoritmi sempre più evoluti al servizio della nostra società.