Una startup per cercare nuovi farmaci contro i tumori del sangue
che resistono alle attuali terapie

Risultati positivi per l’"alleanza" fra la giovane società olandese BIMINI Biotech e il gruppo dello IOR di Bellinzona diretto da Francesco Bertoni. Una quarantina le molecole allo studio. Primi test clinici entro due annidi Elisa Buson
Tre milioni di euro e la fiducia di investitori internazionali che credono nella possibilità di sviluppare nuove terapie per i tumori del sangue più resistenti: è quanto ha incassato la giovane start-up olandese BIMINI Biotech, specializzata nella ricerca preclinica in ambito oncologico con una particolare attenzione per le molecole “first-in-class” (che usano, cioè, un meccanismo d’azione mai esplorato prima). Nata nel 2019 come “costola” dell’Università di Leida, BIMINI è ormai intenzionata ad aprire una seconda sede in Ticino: infatti è proprio nel Cantone che l’impresa ha trovato terreno fertile per crescere, grazie all’incubatore dell’USI Startup Centre e alle ricerche scientifiche condotte all’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR) di Bellinzona.
Come spesso capita nella scienza, anche questa storia inizia con un episodio di “serendipity”, cioè con una scoperta fortuita e imprevista, fatta mentre si stava cercando qualcos’altro. «Nel 2015, insieme al collega Eugenio Gaudio, avevamo sviluppato una nuova molecola, chiamata EG-011, con l’obiettivo di colpire il recettore BTK espresso dalle cellule dei linfomi - racconta Francesco Bertoni, vicedirettore dello IOR, dove dirige il Lymphoma Genomics Lab. - I nostri esperimenti su linee cellulari umane avevano dimostrato che il nuovo principio attivo era efficace in diversi linfomi, così come in modelli di leucemia acuta e mieloma multiplo. A sorpresa, però, avevamo osservato che in realtà EG-011 non andava ad agire sul recettore BTK».
Era così partita la “caccia” al vero bersaglio molecolare, grazie alla collaborazione di ricercatori norvegesi e statunitensi. Le ricerche hanno portato Bertoni e Gaudio a scoprire che EG-011 si lega ad un’altra proteina chiave dei tumori ematologici, la Wiskott Aldrich Syndrome Protein (WASp). Il compito di WASp è quello di regolare la polimerizzazione dell’actina, cioè la reazione chimica che assembla diverse unità della proteina actina producendo i filamenti dello scheletro della cellula (il citoscheletro), che stabilizzano il nucleo e permettono la motilità della cellula stessa. Utilizzando EG-011, WASp viene colpita riducendo la proliferazione e l’invasività delle cellule tumorali.
La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Haematologica, ha rappresentato un’importante svolta nella ricerca di nuove terapie per i pazienti affetti da recidive o refrattari ai trattamenti esistenti. «Leucemie e linfomi sono nella top-ten dei tumori più comuni e fortunatamente sono tra quelli più curabili, ma esistono alcune forme (come il linfoma diffuso a grandi cellule B) che nel 30-40% dei casi non rispondono alle terapie innovative attualmente disponibili - spiega Bertoni. - Per questo è fondamentale trovare molecole antitumorali con nuovi meccanismi d’azione, come EG-011, che permettano di scardinare la resistenza».
Questa prospettiva ha allettato anche la start-up BIMINI Biotech, che nel 2023 ha raggiunto un accordo di licenza con lo IOR per sfruttare EG-011 (poi ribattezzata BM-011) e sviluppare un portafoglio di molecole derivate, ingaggiando Bertoni come consulente scientifico. La collaborazione ha subito portato buoni frutti, come la conquista di un finanziamento da 1,7 milioni di euro messo in palio dal programma internazionale Eurostars. «Questo grant ci ha permesso di condurre nuovi esperimenti per determinare nel dettaglio il meccanismo d’azione di BM-011, in modo da individuare quali proteine presenti nelle cellule possono potenziarne o ridurne gli effetti» - continua Bertoni.
Un ulteriore impulso alle ricerche è arrivato nelle scorse settimane, quando BIMINI ha chiuso una prima fase di raccolta fondi (seed round) da tre milioni di euro condotta da Torrey Pines Investment LLC di San Diego, con la partecipazione di Innovation Quarter Capital, Libertatis Ergo Holding B.V. e un business angel (cioè una figura che investe denaro, tempo e competenze per sostenere startup promettenti).
Il finanziamento, racconta Bertoni, permetterà di accelerare lo sviluppo di nuove molecole in grado di modulare WASp e di convalidarne l’efficacia e la sicurezza, con la prospettiva di avviarle presto alla sperimentazione su pazienti. Sono già una quarantina quelle allo studio, nella speranza di poter arrivare ai primi test clinici in meno di due anni.
Per lavorare a stretto contatto con lo IOR, BIMINI Biotech è entrata a far parte dell’USI Startup Centre e, come dicevamo, progetta già di aprire una sede in Ticino che permetterebbe di avere relazioni più proficue con gli investitori sul territorio.
Intanto il team di Bertoni allo IOR continua in parallelo a coltivare nuove ricerche frutto di quel momento di “serenditipy” scattato nel loro laboratorio dieci anni fa. «Sappiamo che la proteina WASp viene espressa anche da alcune cellule epiteliali come quelle dell’endometrio e del colon: è quindi possibile che in futuro possano esserci risvolti anche per altri tipi di tumore diversi da quelli del sangue» - conclude Bertoni.