Una "grande alleanza"
fra ricercatori per governare
l’invecchiamento cellulare
Il Fondo Nazionale Svizzero ha concesso tre milioni di franchi a un team di studiosi dello IOR, Cardiocentro, nefrologia EOC e del Politecnico di Losanna. Il progetto (tre anni) sarà coordinato da Andrea Alimontidi Michela Perrone
Chi non vorrebbe invecchiare più lentamente, spostare gli acciacchi dell’età più avanti nella vita e magari avere a disposizione un unico farmaco in grado di curare diverse patologie? Da anni la scienza cerca non solo di farci guadagnare anni di vita, ma di permetterci al contempo di sperimentare tempo di qualità. La frontiera non è vivere per sempre, ma allungare la nostra aspettativa riducendo gli inciampi lungo il percorso. Un lavoro complesso sul quale sono impegnati laboratori di tutto il mondo, ciascuno per il pezzettino che li riguarda.
Un pezzo importante di questo puzzle è rappresentato da un riconoscimento di tre milioni di franchi con cui il Fondo Nazionale Svizzero finanzierà una ricerca della durata di tre anni coordinata dal gruppo di Andrea Alimonti dell’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR) di Bellinzona e che vede la partecipazione dei team di Lucio Barile del Cardiocentro Ticino, di Pietro Cippà, nefrologo dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC/USI) e di Johan Auwerx del Politecnico di Losanna (EPFL). «I nostri obiettivi sono due - spiega Alimonti. - Da una parte validare alcuni farmaci che potranno essere utilizzati per trattare patologie come il cancro, l’insufficienza renale o quella cardiaca. Dall’altra, comprendere, attraverso un lavoro multidisciplinare, i meccanismi molecolari alla base del processo di invecchiamento cellulare».
La parola chiave della ricerca è infatti senescenza cellulare, un termine che indica una condizione in cui le cellule del nostro organismo smettono di proliferare ma non muoiono, diventando una fonte di infiammazione per quelle circostanti. «Questo meccanismo può accelerare i processi di degenerazione dei tessuti – afferma Alimonti. – Cellule staminali vicine a una cellula invecchiata, per esempio, non sono più in grado di dare origine ad altre cellule». Un meccanismo a catena, che influenza anche l’ambiente circostante, peggiorandone le condizioni e accelerando l’invecchiamento e diverse malattie legate all’età (i tumori, come dicevamo, le patologie renali croniche e le malattie cardiovascolari).
LA SENESCENZA DEL CANCRO - Alcuni anni fa il team di Alimonti ha pensato di sfruttare il meccanismo della senescenza per far invecchiare precocemente le cellule tumorali, ritenute fino a quel momento immortali. Queste terapie sono riuscite a bloccare, effettivamente, il cancro, ma i ricercatori hanno osservato che, dopo un beneficio iniziale, il tumore poteva riprendere forza e tornare più aggressivo di prima. Questo perché le cellule tumorali venivano invecchiate, appunto, ma non uccise. «A questo punto - aggiunge Alimonti - abbiamo sviluppato terapie senolitiche, cioè in grado di eliminare le cellule senescenti all’interno dell’organismo. Così, dopo aver fatto invecchiare le cellule tumorali, siamo stati in grado anche di eliminarle dall’organismo». Nuovi studi saranno però necessari per capire come trasformare queste scoperte in una terapia trasferibile al paziente.
Nel corso degli anni altri gruppi hanno cercato di verificare anche se queste terapie senolitiche funzionassero per rimuovere cellule senescenti presenti in tessuti sani, come nel rene o nel cuore. «È infatti stato osservato - spiega Alimonti - un accumulo di questo tipo di cellule nelle persone con problemi di insufficienza cardiaca o renale. Da qui gli studi per controllare se la loro eliminazione potesse favorire la funzionalità dell’organo».
L’UNIONE FA LA FORZA - Ecco quindi che, a partire dai risultati ottenuti in vari ambiti, alcuni team di ricercatori si sono uniti per perseguire un obiettivo ambizioso: individuare a livello dell’intero organismo i meccanismi biologici alla base della senescenza cellulare, in modo da capire se possano esistere farmaci in grado di trattare patologie diverse ma originate dallo stesso processo di degenerazione.
«L’EPFL, in particolare, contribuirà con il suo know-how nel campo dei mitocondri (le "centrali energetiche" cellulari, ndr) e della biologia computazionale – spiega John Auwerx, esperto di fama internazionale sull’invecchiamento e sulle patologie mitocondriali, che con il suo team ha già lavorato su alcune sostanze farmacologiche che saranno testate all’interno del progetto. – Questo grant permette per la prima volta agli scienziati che lavorano sulla senescenza e sui mitocondri di collaborare nel contesto dell’invecchiamento. Questa combinazione unica di competenze ci permetterà, si spera, di trovare nuovi trattamenti per le malattie legate all’età, come la malattia del fegato grasso, l’insufficienza cardiaca o la malattia renale cronica».
Il Cardiocentro utilizzerà, invece, una tecnologia unica in Ticino per ottenere cellule cardiache umane a partire da semplici biopsie di cute. La tecnica (che in gergo si chiama Induced Pluripotent Stem Cells) permette di ottenere cellule embrionali che possono essere differenziate in qualsiasi cellula adulta, tra cui quelle cardiache. «Una volta ottenute, queste cellule si contraggono spontaneamente, come quelle di un cuore vero», afferma Lucio Barile. Insomma, microcuori a tutti gli effetti, nei quali è possibile misurare la conducibilità elettrica. «Su questo sistema - spiega Barile - studieremo la senescenza e il modo di ridurne gli effetti negativi».
Aggiunge Alimonti: «Il nostro team e quello del professor Auwerx da anni lavorano sull’ottimizzazione di composti da utilizzare per combattere la senescenza cellulare. Entrambi i laboratori forniranno dunque le molecole che saranno poi testate dal gruppo di Lucio Barile del Cardiocentro e da quello di Pietro Cippà dell’EOC». Un lavoro di squadra che partirà ufficialmente il 1° ottobre e che in tre anni permetterà di individuare 3-4 sostanze da sviluppare poi nella clinica.
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(Nella foto dell’agenzia Shutterstock, cellule staminali embrionali)