Infezioni

Aumentano i batteri resistenti
agli antibiotici: servono nuovi farmaci (e più comunicazione)

Giovedì 30 maggio 2024 circa 7 minuti di lettura
Immagine al microscopio di batteri, rielaborata in 3D dal computer (foto dell’agenzia Shutterstock)
Immagine al microscopio di batteri, rielaborata in 3D dal computer (foto dell’agenzia Shutterstock)

Il problema è in continua crescita e solo pochi medicinali innovativi sono stati realizzati. La SUPSI ha avviato una campagna di sensibilizzazione, "Makeaware", coinvolgendo ricercatori ma anche artisti
di Benedetta Bianco

La resistenza agli antibiotici è una delle principali minacce alla salute globale: nel 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha inserita tra le 10 sfide principali che l’umanità deve affrontare. Il motivo è facilmente comprensibile: batteri e virus che non rispondono più ai farmaci che dovrebbero ucciderli si traducono in infezioni molto più difficili da curare e in un notevole aumento del rischio che queste portino a malattie più gravi o addirittura a morte. Nel 2019 sono risultati associati a batteri resistenti 4,95 milioni di decessi in tutto il mondo e, di questi, 1,27 milioni sono stati direttamente causati dalla antibiotico-resistenza.
Ma il problema, dicono gli esperti, è destinato a peggiorare. «È veramente impressionante, stiamo tornando all’era precedente all’avvento degli antibiotici, quando si rischiava la vita per qualunque infezione - commenta Cristina Margarida Corti, ricercatrice all’Istituto di Microbiologia della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI), a Bellinzona.  - Noi siamo nati e cresciuti nell’era degli antibiotici, e adesso il problema non è ancora molto sentito, ma presto le persone cominceranno ad averne una diversa (e più reale) percezione».

Nasce proprio per questo motivo il progetto Makeaware, una campagna di sensibilizzazione sui rischi derivanti dalla resistenza microbica causata dall’abuso di antibiotici, spin-off divulgativo del più ampio progetto Spearhead, finanziato da Innosuisse Flagship. «È un progetto a livello svizzero per affrontare il tema con un approccio sistemico da diversi punti di vista - spiega la coordinatrice di Makeaware, Serena Cangiano, docente e ricercatrice senior al Dipartimento ambiente, costruzioni e design della SUPSI. - Il COVID ci ha dimostrato che le pandemie possono essere in qualche modo anticipate se c’è un coordinamento e un’aggregazione di dati. Quindi anche nel caso della resistenza microbica, considerata la pandemia “silenziosa”, è possibile fare lo stesso. Abbiamo cercato di capire come coinvolgere le persone, come far prendere coscienza del problema in maniera un po’ più profonda e abilitante».

INIZIATIVE ANCHE CON ARTISTI - Attraverso una serie di workshop, Makeaware mira quindi a far partecipare in modo attivo i cittadini, spiegando come funzionano gli antibiotici, come vanno utilizzati in maniera corretta, cos’è l’antibiotico-resistenza e come ciascuno di noi possa contribuire a diffondere la consapevolezza dell’importanza di questo fenomeno, raccogliendo contestualmente anche un gran numero di dati. Un esempio è il DipLab, un workshop in cui i partecipanti possono utilizzare uno strumento digitale che simula le piastre di Petri, utilizzate comunemente nei laboratori per coltivare e studiare cellule come quelle batteriche, e che permette di visualizzare la suscettibilità dei batteri agli antibiotici. «Ma ci sono anche altre iniziative in cui coinvolgiamo artisti e designer – aggiunge Cangiano – in modo da offrire esperienze più creative». L’OpenHealth Datathon, ad esempio, è un evento di mezza giornata aperto a tutti, che si terrà il 21 giugno, in cui i partecipanti lavoreranno insieme con l’aiuto di esperti di design per immaginare e costruire prototipi di chatbot (programmi informatici progettati per simulare una conversazione con gli utenti) per aiutare ad affrontare le conseguenze della resistenza microbica. Il sito del progetto è poi ricco di strumenti utili che aiutano a visualizzare in modo facile e immediato i dati e il problema dell’antibiotico-resistenza.

LE BASI BIOLOGICHE DELLA RESISTENZA - La resistenza agli antibiotici è un fenomeno naturale che esiste da milioni di anni e può svilupparsi a seguito di mutazioni spontanee che si verificano durante la replicazione del DNA, oppure tramite lo scambio di piccoli frammenti di materiale genetico chiamati plasmidi tra batteri della stessa specie o di specie diverse: grazie a queste mutazioni, i microrganismi non rispondono più ai farmaci progettati per ucciderli.
I meccanismi di difesa con cui i batteri si oppongono agli antibiotici possono essere molto diversi: alcuni microrganismi riescono ad espellere l’antibiotico stesso, oppure rendono la propria membrana cellulare impermeabile al farmaco, mentre altri ne modificano chimicamente la struttura per renderlo inattivo, o alterano le proprie proteine in modo da impedire l’interazione tra i due.
A partire dalla metà degli anni Quaranta, sono state utilizzate nel mondo grandi quantità di antibiotici, sia in medicina umana che veterinaria, amplificando notevolmente questo fenomeno naturale. L’uso continuo e a volte improprio di questi farmaci favorisce l’emergere, la moltiplicazione e la diffusione di ceppi resistenti. Il fenomeno più preoccupante e in piena espansione a livello mondiale è l’accumulo di più forme di resistenza in alcuni batteri patogeni, che riescono quindi a sopravvivere anche in presenza di più classi di antibiotici: alcuni sono addirittura in grado di resistere a qualsiasi antibiotico conosciuto, e per questa ragione sono definiti "pan-resistenti".

L’USO IMPROPRIO - Quando si parla di utilizzo improprio e scorretto di antibiotici, si intende l’uso di questo tipo di farmaci quando non vi è una reale necessità, l’auto-prescrizione da parte dei pazienti, l’uso di antibiotici non adatti a eliminare il batterio in questione, e l’assunzione in dosi scorrette o per periodi di tempo inferiori rispetto a quelli indicati. «Magari il medico mi prescrive un antibiotico da prendere per 6 giorni, io dopo 3 giorni mi sento già bene e smetto di prenderlo, ma la scomparsa dei sintomi non implica necessariamente la completa eliminazione del patogeno - spiega Cristina Margarida Corti. - Dopo 3 giorni il farmaco ha probabilmente eliminato la maggior parte dei batteri più sensibili, ma rimangono quelli più resistenti. Oppure a volte le persone prendono antibiotici avanzati da terapie precedenti, ma non è detto che l’infezione sia causata dallo stesso microrganismo».

POCHI I NUOVI ANTIBIOTICI - Quasi tutti gli antibiotici attualmente disponibili sono basati su scoperte fatte oltre 30 anni fa: dal 2017 sono stati approvati solo 12 nuovi antibiotici, 10 dei quali appartengono a classi già note. E questo perché fare ricerca su questo tipo di farmaci non è facile, soprattutto per gli scarsi ritorni economici e la quantità di tempo richiesta, fattori che scoraggiano gli investimenti di molte industrie farmaceutiche. «Adesso però, grazie all’Intelligenza Artificiale (IA), potrebbe diventare possibile sviluppare nuovi antibiotici in modo molto più facile e più veloce” - aggiunge Corti. Ne è un esempio lo studio pubblicato a dicembre 2023 sulla rivista scientifica Nature e guidato dal Massachusetts Institute of Technology: i ricercatori sono riusciti a scoprire una nuova classe di antibiotici che si è dimostrata efficace nell’uccidere il batterio Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, noto anche come Mrsa, che provoca ogni anno oltre 100.000 morti in tutto il mondo, grazie a un sistema di IA che ha setacciato circa 12 milioni di composti alla ricerca di nuove molecole.

IL PROBLEMA ALLEVAMENTI - Nel 2020, la Svizzera ha registrato 158 batteri resistenti agli antimicrobici su 1.958 campioni prelevati, con un tasso di positività dell’8% (fonte Anresis). In Europa solo i Paesi nordici mostrano tassi inferiori, mentre nazioni confinanti come Germania, Francia e Italia hanno tassi più elevati. «Il grosso problema della Svizzera sono però gli allevamenti - sottolinea Cristina Margarida Corti. - Anche le mucche si ammalano e prendono antibiotici, e in quantità molto maggiori in relazione al loro peso. Se si guarda alle classifiche che includono anche l’uso degli antibiotici per gli animali, la Svizzera non è messa benissimo». Il problema della resistenza microbica è infatti molto complesso, perché non riguarda solo gli esseri umani: gli antibiotici finiscono spesso nelle acque, diffondendo il fenomeno della resistenza nell’intero ambiente.