neuroscienze

Quando la musica aiuta
a "sospendere" (almeno per qualche ora) la malattia di Parkinson

Lunedì 15 gennaio 2024 circa 6 minuti di lettura
Laboratorio musicale nell’ambito del progetto "Music Park" (foto di Francesca Agosta / Ti-Press)
Laboratorio musicale nell’ambito del progetto "Music Park" (foto di Francesca Agosta / Ti-Press)

Positivi i risultati di "Musik Park", uno studio su 30 pazienti condotto da ricercatori del Conservatorio, della Clinica Hildebrand e del Neurocentro, con il supporto della Croce Rossa Svizzera (Sottoceneri)
di Valeria Camia

Che la musica sia in grado di suscitare emozioni, sono in tanti (tantissimi) a poterlo testimoniare. Ma la musica, come stanno dimostrando diverse ricerche scientifiche, è anche altro: uno strumento per il nostro benessere che trova sempre più spesso applicazione in ambito terapeutico e nel contesto di attività riabilitative. I recenti risultati di uno studio pilota ticinese - supportato dalla Croce Rossa Svizzera, sezione del Sottoceneri - vanno proprio in questa direzione e arricchiscono le attuali evidenze scientifiche sul ruolo delle attività creative ed artistiche anche nelle persone con malattie neurodegenerative progressive. 

Stiamo parlando di Music Park, che si è sviluppato per dieci settimane e ha coinvolto persone con la malattia di Parkinson, alle quali sono state proposte attività musicali sotto la direzione di Paolo Paolantonio (Divisione Ricerca e Sviluppo del Conservatorio della Svizzera italiana, CSI). I risultati - sul possibile impatto della musica per quanto riguarda la possibilità di accedere al movimento e alle emozioni - sono alquanto positivi, al punto che i medici coinvolti si dicono sorpresi «da come quello che noi studiamo a livello teorico abbia trovato un incontro diretto con l’esperienza», conferma la dottoressa Daria Dinacci (Clinica Hildebrand Centro Riabilitazione Brissago - CRB e Istituto di Neuroscienze Cliniche EOC), che ha supervisionato, assieme al dottor Salvatore Galati (Neurocentro delle Svizzera Italiana – Istituto di Neuroscienze Cliniche EOC), la parte medica dello studio.

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«Per studiare i possibili effetti benefici di un programma musicale specifico sui pazienti con malattia di Parkinson - spiega Galati - abbiamo incluso nello studio trenta persone affette da questa patologia neurodegenerativa (in base a specifici criteri di inclusione per avere un campione omogeneo) e a lato abbiamo costituito un gruppo corrispondente di pazienti coinvolti in varie attività considerate ad impatto, per così dire, neutro (in pratica, 15 sono stati coinvolti in attività musicali, e 15 in altre attività, ndr). Prima e dopo le attività musicali e “neutre”, abbiamo somministrato un questionario (il Parkinson’s Disease Questionnaire - 39), che misura la qualità della vita dei pazienti prendendo in considerazione otto dimensioni».
Anche se la numerosità del campione studiato (ancora piccolo) non permette di arrivare a risultati significativi dal punto di vista strettamente statistico, «possiamo comunque affermare - spiega Daria Dinacci - che gli incontri musicali hanno aiutato le persone malate ad avere “un intervallo libero dalla malattia"». Dunque si può segnalare un miglioramento del benessere riportato tra le persone partecipanti al progetto "Music park”.

La malattia di Parkinson, che comporta la progressiva perdita di neuroni produttori di dopamina, chiarisce Galati, «è caratterizzato da una serie di problemi legati al movimento, tra cui tremori, rigidità muscolare,  rallentamento motorio e instabilità posturale». Con l’avanzare della malattia, i pazienti possono sviluppare anche difficoltà nel camminare e dunque hanno una minore mobilità e autonomia, con conseguente peggioramento della qualità di vita. Oggi i medici dispongono di farmaci, molti dei quali attivi sul sistema della dopamina, che risultano efficaci nel controllare alcuni sintomi della malattia; inoltre la neuro-riabilitazione può impattare positivamente su una serie di sintomi motori della malattia, quali la lentezza, la rigidità, il decondizionamento in generale. La riabilitazione può occuparsi anche dei cosiddetti sintomi non motori, come i problemi di fonazione o di deglutizione, presi a carico dal lavoro del logopedista. Le eventuali difficoltà cognitive, invece, vengono affrontate con in neuropsicologo. «Sappiamo però - aggiunge Galati - che altri sintomi, tra i quali quelli legati al deficit dell’umore, del comportamento e della cognizione (come la capacità di mantenere l’attenzione), emergono durante il corso della malattia, rendendo più complessa la presa in carico farmacologica, con conseguenze negative sulla qualità di vita dei pazienti».

A tal proposito, molti studi hanno mostrato l’importanza per i pazienti colpiti dal Parkinson di mantenersi attivi, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Le stesse linee guida europee per la riabilitazione, fin dall’insorgere della malattia, consigliano chi ne soffre di partecipare a variate attività complementari, nella consapevolezza che, spiega Dinacci, «una delle principali sfide per questi pazienti è proprio l’aderenza alle attività, ovvero trovare un’attività che li soddisfi, li coinvolga emotivamente e che essi siano in grado di portare avanti nel tempo». 

E qui entra in gioca la musica e il progetto Musik Parc, ai cui incontri i pazienti coinvolti hanno saputo e voluto partecipare per tutta la durata del corso. Conferma Paolo Paolantonio: «Abbiamo potuto contare, per tutti gli incontri, su una partecipazione pressoché totale delle persone che si sono iscritte. Aggiungo che avevamo previsto, al di fuori delle dieci settimane di protocollo, un’ulteriore sessione facoltativa per chi avesse avuto piacere per fare una piccola esibizione in un ambiente molto raccolto, perché ogni partecipante aveva la possibilità di invitare un parente. Anche in questo caso, c’è stata un’adesione pressoché completa». 

Un entusiasmo confermato dalle interviste svolte dal ricercatore con le persone che hanno partecipato al progetto: «Immersi, per così dire nella musica, come molti partecipanti ci hanno raccontato, il tremore e le difficoltà di concentrazione, tipici della malattia, diminuivano - dice Paolantonio. - Inoltre è emersa una forte e importante componente sociale, per cui ciascun partecipante si mostrava interessato a vedere cosa succedeva attorno a sé e agli altri compagni», liberando almeno temporaneamente le menti dal pensiero della malattia. Durante le sessioni, continua Paolantonio, sono stati «osservati e riferiti sorrisi, espressioni di gioia o commozione» all’ascolto dei brani eseguiti dal team di musicisti.  Si tratta, questo, di un importante valore aggiunto del progetto Music Park. Hanno così potuto accedere a una produzione di tipo artistico (e alla bellezza) persone la cui malattia rappresenta spesso un ostacolo a partecipare ad attività musicali, nonostante il forte interesse verso la musica espresso dalla maggior parte degli intervistati».

La divisione Ricerca del Conservatorio e il team medico hanno collaborato strettamente e disegnato insieme i diversi passaggi della ricerca, compresi gli aspetti metodologici e l’elaborazione del protocollo. Ma la conclusione di Music Park non segna certo la fine di queste ricerche congiunte. «I dati raccolti sono incoraggianti e indicano che la musica aiuta la qualità della vita dei malati di Parkinson» - precisano tutti i ricercatori coinvolti coinvolti nel progetto. Il prossimo passo sarà dunque la ricerca di ulteriori fondi e di sostegno per continuare a proporre gli incontri musicali come terapia complementare, aprendo la partecipazione anche a pazienti che, ad esempio, non avevano i requisiti previsti dei criteri di inclusione per lo studio pilota condotto.