Musica come cura, lezione 1 Suzanne Hanser: suoni e ritmo
sono una "capsula del tempo"
di Valeria Camia
C’era una volta una bambina, costretta a trascorrere interi mesi tra le mura della sua cameretta, lontana dagli amici e senza poter frequentare la scuola. In quella casa, la piccola aveva un solo compagno: capace di ascoltarla, senza porre domande, e di assorbire la sua rabbia, il suo dolore, senza chiede nulla in cambio. Quel compagno era un pianoforte. Ne aveva fatto richiesta ai genitori di ritorno da un periodo trascorso in ospedale. Aveva cinque anni. Da quel momento in poi, la bambina e lo strumento musicale non si sono più lasciati; anzi, “insieme” hanno studiato e avviato un percorso per curare con la musica gli altri. Quella bambina si chiama Suzanne Hanser, oggi professoressa di musicoterapia al Berklee College of Music di Boston (Stati Uniti), già presidente della World Federation of Music Therapy (Federazione mondiale di musicoterapia) e tra le personalità prominenti nel campo della musicoterapia in ambito internazionale. Suzanne Hanser ha fra l’altro lanciato, con il supporto del National Institute on Aging, un programma di ricerca per sviluppare e studiare gli effetti della musica e della musicoterapia su dolore, ansia, cambiamenti fisiologici, indicatori di stress e qualità della vita.
La Hanser è stata chiamata ad aprire, il 17 ottobre a Lugano, il ciclo di lezioni sulla "Musica come cura", promosso dalla Facoltà di scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana (USI) in collaborazione con la Divisione Cultura della Città di Lugano, la IBSA Foundation per la ricerca scientifica e il Conservatorio della Svizzera italiana. Il tema della prima delle sette lezioni, che da ottobre a dicembre metteranno a confronto personalità del mondo della scienza e professori della Facoltà di scienze biomediche sulla relazione tra musica, medicina e benessere delle persone, è “lo stato dell’arte della musica in medicina”.
Ma facciamo, per un attimo, un piccolo passo indietro: che una particolare canzone o melodia ci mettano di buon umore, ricordandoci ad esempio le risate dell’ultima vacanza al mare, o ci portino un po’ di tristezza, riportandoci alla mente un amore finito, possiamo sperimentarlo giornalmente. Allo stesso modo, è grazie alla musica che riusciamo a “evadere” da un treno affollato e rumoroso, dall’attesa infinita in una sala d’aspetto di un medico, o dall’assillo di un pensiero che ci preoccupa. «Ecco, la musicoterapia - spiega Suzanne Hanser - comincia proprio dalla consapevolezza che l’ascolto e l’esecuzione di suoni e melodie sono in grado di agire sugli stati d’animo e sulle emozioni. La musicoterapia, però, aggiunge un approccio scientifico e sistematico, basato su evidenze e rivolto allo studio di cosa accade fisiologicamente nel momento in cui ascoltiamo una melodia o una canzone. L’intento - continua Hanser - è quello di utilizzare la musica e i suoni a scopo riabilitativo e terapeutico, di fronte a situazioni patologiche e in diversi contesti clinici, e non solo». La musicoterapia, insomma, si prende cura della persona, tanto di colui che soffre quanto di chi è sano ma desidera migliorare la qualità della propria vita; in questo caso la musica può aiutare a scoprire nuove aree della propria personalità».
Dalla scienza medica la musicoterapia riprende - lo si è accennato - il metodo sistematico, e la sua applicazione va, per esempio, dal facilitare il rilassamento e l’attenuazione del dolore durante il travaglio e il parto, all’aiutare a distogliere il pensiero dalla malattia, oppure da un momento difficile, come è stato il periodo pandemico. La musicoterapia tocca quindi tutte le fasi della vita, dalla gravidanza all’infanzia, alla terza età, sviluppando per esempio relazioni armoniche e sollecitando anche capacità mnemoniche. «La musica è in grado di trascendere il tempo» – sottolinea la professoressa. – Per questo la chiamo “fonte della giovinezza” o "capsula per viaggiare” nel tempo. L’ascolto di una certa canzone o melodia riesce a riportarci “là” dove stavamo bene, facendoci di riflesso stare meglio fisicamente, decelerando i battiti cardiaci, aiutandoci a regolarizzare il respiro».
Chi fa musicoterapia - precisa Hanser - è un professionista a 360 gradi, dotato di competenze musicali ed espressive tipiche del musicista, di conoscenze mediche ma anche di sensibilità e disponibilità nel relazionarsi con situazioni di disagio psico-fisico. Fare musicoterapia infatti richiede un dialogo constante con “l’altro essere umano”, cercando di coglierne i gusti e proponendo melodie che servano a migliorarne la qualità della vita sia dal punto di vista fisico che sociale, ad esempio regolando le emozioni e gestendo diversi stati d’animo, tanto gioiosi quanto tragici. «Si tratta di fare una vera biografia musicale di chi si ha di fronte» - conclude l’esperta: per quanto la musica sia per certi aspetti universale, parte intrinseca di ogni cultura, e per quanto tutti noi siamo “esseri musicali” (che rispondono al ritmo), è altrettanto vero che ciascuno di noi reagisce in modo individuale ai suoni, alle canzoni e alle melodie. Per questo, in ogni seduta di musicoterapia, si deve valutare nel qui ed ora ciò di cui ha bisogno il paziente, il quale è tanto parte ricettiva quanto attiva nelle sedute.