Provocazioni culturali

Locarno chiama (anche) la Ricerca.
E spunta la proposta di usare i video
al posto degli articoli accademici

Venerdì 23 agosto 2024 circa 6 minuti di lettura
Kevin B. Lee (cattedra "Locarno Film Festival Professor for the Future of Cinema and the Audiovisual Arts at USI") - © Foto Università della Svizzera italiana
Kevin B. Lee (cattedra "Locarno Film Festival Professor for the Future of Cinema and the Audiovisual Arts at USI") - © Foto Università della Svizzera italiana

Per tre giorni, al Film Festival, la "Cinema and Audiovisual Futures Conference" organizzata dall’USI. Protagonista il professor Kevin B. Lee, che ha lanciato i “video essay” non solo per i temi legati al cinema
di Simone Pengue

In occasione del Film Festival, Locarno non si è riempita solo della magia del cinema d’autore, delle feste protratte fino a notte fonda e degli abiti scintillanti per il red carpet, ma ha lasciato spazio anche alla ricerca accademica, con in calce la firma dell’Università della Svizzera italiana (USI). In occasione della 77esima edizione del Festival, infatti (che si è conclusa il 17 agosto), è stata organizzata al “Basecamp" (Istituto Sant’Eugenio) la Cinema and Audiovisual Futures Conference (Conferenza sul futuro del cinema e degli audiovisivi): un incontro per studiosi del settore, dal 13 al 16 agosto, con il supporto del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, che ha offerto anche tre seminari liberamente accessibili a tutti gli appassionati. Protagonista della Conferenza e co-organizzatore è stato Kevin B. Lee, che detiene la cattedra "Locarno Film Festival Professor for the Future of Cinema and the Audiovisual Arts at USI (Professore del Festival del Film di Locarno per il futuro del cinema e delle arti audiovisive all’USI).

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La Conferenza si è sviluppata come un momento di dialogo sull’innovazione audiovisiva in relazione alle responsabilità sociali e ambientali. Kevin Lee, che ha iniziato la propria carriera come critico autodidatta pubblicando video su un acerbissimo YouTube nel 2006, fino a diventare professore nel 2022, ha messo subito in chiaro che «la parola chiave di questi incontri è “sopravvivenza”». Infatti, i temi principali dibattuti da circa 50 esperti di tutto il mondo sono stati la sopravvivenza digitale, sociale e ambientale. Concetti che vanno interpretati in entrambi i sensi, ovvero sia come il cinema possa esplorare e descrivere questi aspetti del mondo che ci circonda, ma anche come i cambiamenti che l’umanità sta affrontando impattino sulla produzione audiovisiva. I tre incontri serali per il pubblico hanno visto esperti internazionali dialogare in modo molto informale su tre declinazioni attuali e pragmatiche degli stessi temi: l’intelligenza artificiale, le migrazioni e lo scioglimento dei ghiacci.
Della ricerca in ambito cinematografico non si parla spesso, sebbene nell’ultimo secolo il cinema sia stato, secondo Kevin Lee, «il modo dominante di vedere il mondo, capace di accendere l’immaginazione delle persone, offrendo loro una finestra su culture diverse, esperienze differenti e possibilità di vita alternative».
Lee ha così cercato di capire in che modo la “settima arte” stia cambiando di fronte a importanti fenomeni come la diffusione dello streaming e dei social media, la comparsa di tecniche e mezzi sempre più abbordabili per produrre contenuti e l’avvento dell’intelligenza artificiale, sempre più impiegata nei set. Ma un forte impatto arriva anche dalla maggiore sensibilità ambientale delle produzioni.


I VIDEO ESSAY - Accanto agli usuali articoli e libri, uno degli strumenti di comunicazione che maggiormente viene impiegato da chi fa ricerca nell’ambito dei film sono i video essay (in italiano “saggio video”), un formato che Kevin Lee ha contribuito a diffondere agli esordi della propria carriera. «Negli ultimi 15 anni circa - spiega - c’è stata una sorta di rivoluzione nella ricerca in ambito del cinematografico. I ricercatori hanno iniziato a utilizzare l’audiovisivo non solo come materiale di studio, ma anche come mezzo di espressione. Invece di scrivere un testo, realizzano un video». Questi filmati, decisamente non adatti a essere trasmessi in prima serata o a diventare virali su Internet perché molto densi di contenuti specializzati, sono nello stile molto diversi tra loro e vengono pubblicati online in riviste multimediali specializzate, come [in]Transition o Necsus.
Lee non si occupa solo di produrre i video essay per pubblicare le sue opinioni, ma ne studia anche le caratteristiche e l’evoluzione. Attualmente, lo studio dei video essay da parte dell’équipe guidata da Lee è al centro di un corposo progetto di ricerca finanziato dal Fondo nazionale svizzero e sviluppato con la Fachhochschule di Lucerna (equipollente alla SUPSI), che mira a porre la Svizzera al centro internazionale di questo campo di ricerca in rapida espansione. Il lavoro, cominciato a inizio anno, includerà anche video provenienti dai social network o dai documentari: modi diversi di esplorare e descrivere il mondo.

I METODI DI REVISIONE - Un importante tema di dibattito sui video essay in ambito accademico è anche il processo di revisione tra pari (il controllo, cioè, da parte di esperti esterni, prima della pubblicazione), un passo fondamentale della ricerca scientifica, che in questo caso pone una serie di sfide del tutto inedite. Ad esempio, rispetto agli articoli su temi di medicina o biologia, è molto più difficile separare il contenuto e il metodo della ricerca dalla resa estetica del prodotto. «Si è davvero aperto un intero nuovo ventaglio di criteri che hanno dovuto essere discussi negli ultimi 10 anni - dice Lee. - La revisione di un video essay non riguarda solo il lavoro in esame, ma l’intera idea di revisione tra pari, perché ogni commento a un video essay si deve basare su linee-guida che giustifichino il perché un determinato criterio è importante o dovrebbe essere considerato. Trovo tutto questo molto stimolante perché è come se ci trovassimo in un campo di cui stiamo scrivendo le regole passo dopo passo».

LA "RIVOLUZIONE" - I video essay potrebbero un giorno addirittura affiancare le pubblicazioni accademiche scritte anche in altri settori, per comunicare i propri lavori in modo più semplice ed efficace. «Credo che siamo in un momento in cui ha molto senso andare oltre la semplice ricerca e pubblicazione basata sul testo e abbracciare il formato audiovisivo», commenta Kevin Lee. Formati, durate e tipi di video sono ancora oggetto di analisi: ad esempio non è chiaro se sia meglio che il ricercatore o la ricercatrice che hanno svolto il lavoro appaiano in prima persona e presentino i risultati come ad una conferenza, oppure se sia meglio che l’autore si limiti a essere una voce fuori campo che commenta una serie di grafici e di animazioni, o adotti linguaggi differenti ancora da inventare... Un modo di esprimersi nuovo, il cui successo dipenderà dalla collaborazione degli scienziati e dalla loro disponibilità a mettersi in gioco».
L’utilizzo di video come strumento trasversale di pubblicazione accademica è una proposta destinata a suscitare molta curiosità, ma sarà sicuramente soggetta anche a un forte scetticismo da parte dei ricercatori che si muovono nelle discipline scientifiche più tradizionali. L’ambizione, comunque, è quella di provare almeno a iniziare questa “rivoluzione” comunicativa.