Il Global Science Film Festival:
un mix di narrazione e impegno
di Simone Pengue
«La distanza più breve tra la scienza e la società è il cinema». Lo slogan del Global Science Film Festival dice già molto delle intenzioni di questa rassegna cinematografica dedicata ai documentari scientifici. Tra il 7 e il 10 novembre, proiezioni e dibattiti a Lugano, Berna e Basilea ruoteranno attorno a quelli di Zurigo, città perno dell’evento, dove si terranno la maggior parte delle proiezioni e le premiazioni dei concorsi di diverse categorie. Questo evento culturale senza scopo di lucro è organizzato da un consorzio di università svizzere capitanato da quella di Zurigo, ma una collaborazione con Swissnex ha permesso all’evento di essere presente anche in Australia, Canada, India, Cina, Giappone e Corea del sud.
Venerdì 8 novembre la Franklin University di Lugano ha ospitato due cortometraggi girati da scienziati, parte della rassegna “Scientist as filmakers”, e un film in concorso, Once Upon a Time in a Forest, della regista finlandese Virpi Suutari. La pellicola permette di seguire da vicino l’impegno degli attivisti per l’ambiente nelle foreste finlandesi, che sono state ulteriormente approfondite attraverso una discussione tra il pubblico, la regista Suutari (presente da remoto), il professor Christoph Küffer, docente di scienze umanistiche ambientali presso la Franklin University, e due studentesse della stessa istituzione, Casey Campagne e Caitriona McCarthy.
Il festival, alla sesta edizione, è ospite in Ticino per la seconda volta, grazie alla collaborazione tra Küffer, la professoressa di scienze umanistiche ambientali Caroline Wiedmer, e il direttore della manifestazione, il docente di cinema Samer Angelone. Per la Franklin, è un modo di interfacciarsi con la città che la ospita. «Vogliamo trasmettere cultura, incontrare le persone e restituire qualcosa alla comunità - commenta Caroline Wiedmer. - Spero che il Global Science Film Festival possa prendere slancio ed essere sempre più riconosciuto con gli anni».
Uno degli obiettivi del Festival è quello di mettere in relazione diverse competenze, come la visione di un regista con quella di uno scienziato, per costruire qualcosa di inedito accessibile alla società. «Questo è fondamentale - dice Wiedmer - perché le persone hanno bisogno di potersi connettere a questi temi, di comprenderli e di agire di conseguenza. La responsabilità del cinema è davvero enorme per via dell’impatto che può avere sulle persone e sulle loro azioni, e quando riesci a combinare la potenza della narrazione e delle arti visive con la conoscenza scientifica, come in questo caso, o con la comprensione di qualsiasi fenomeno culturale, penso che il risultato possa essere estremamente potente».
Naturalmente, un’attenzione particolare è rivolta al ruolo didattico dell’iniziativa, specialmente con la scelta di portare a Lugano il film "Once Upon a Time in a Forest". «I temi dell’attivismo studentesco e dell’attivismo in generale, assieme alla loro visualizzazione - spiega Wiedmer - mostrano al pubblico quello che gli individui possono fare per cambiare una situazione che a loro non piace. In questo festival ci sono molte opportunità pedagogiche, e non intendo solo per gli studenti. Stiamo tutti imparando costantemente». Alla Franklin University la parola d’ordine è interdisciplinarità. «Il Festival si inserisce bene nei nostri programmi - continua Wiedmer - perché se c’è una cosa che abbiamo capito tutti, credo, è che il mondo non funziona per discipline separate». Ad esempio, la professoressa spiega che «quando insegniamo scienze umanistiche ambientali, cerchiamo di far comprendere ai nostri studenti come i sistemi ambientali funzionino intorno alle persone, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche per quanto riguarda l’aspetto umano».
La Franklin, fondata a Lugano negli anni Settanta, è un’università privata dal respiro statunitense che ospita poco più di 400 studenti provenienti da ogni angolo del mondo, con un’impostazione didattica che appare un po’ inusuale rispetto al panorama accademico svizzero. Seguendo la tradizione d’oltreoceano, la Franklin University è un’università di liberal arts (arti liberali), ovvero permette agli studenti di seguire liberamente una grande varietà di corsi durante i primi due anni, prima di scegliere in che cosa specializzarsi. L’obiettivo è quello di insegnare, prima che un mestiere, il pensiero critico, che passa contemporaneamente sia dalle discipline umanistiche che da quelle scientifiche. «Stiamo cercando di formare professionisti, persone che capiscano cosa sta succedendo in altre scienze, in altri ambiti e nelle scienze sociali, umanistiche e, ovviamente, nelle scienze stesse, anche nel mondo degli affari - conclude Wiedmer. - L’obiettivo è che comprendano quali sono i temi chiave, ad esempio quelli della sostenibilità o della scienza, e siano poi in grado di riportare queste conoscenze all’interno delle organizzazioni in cui lavoreranno».