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Sempre più genetica e intelligenza artificiale per l’Istituto di patologia

Mercoledì 5 agosto 2020 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache
Luca Mazzucchelli
Luca Mazzucchelli

Dal 1° luglio la struttura cantonale diretta da Luca Mazzucchelli è entrata a far parte dell’Ente Ospedaliero. Settantamila analisi ogni anno, ma anche una continua attività di ricerca, che verrà potenziata
di Agnese Codignola

Dallo scorso primo luglio, l’Istituto cantonale di patologia di Locarno è entrato a far parte dell’Ente Ospedaliero Cantonale. Un cambiamento non solo burocratico o formale, ma sostanziale, da certi punti di vista, e che offre l’occasione giusta per conoscere meglio sia il suo direttore, Luca Mazzucchelli, sia la sua attività. Un lavoro quotidiano e intenso che va molto oltre il ruolo – assolutamente fondamentale – di servizio di anatomia patologica, irrinunciabile per molte malattie, a cominciare da quelle oncologiche.

Mazzucchelli, ticinese di nascita, è medico, e negli anni della sua formazione è stato sia in alcuni degli istituti più importanti della Svizzera come a Berna e a Basilea, sia, per un paio di anni, al Brigham and Women’s Hospital di Boston (Stati Uniti), dove ha perfezionato la specializzazione. E al fatto di essere medico attribuisce una grande importanza, in un’attività che di solito si associa – sbagliando – alla presenza esclusiva di biologi e tecnici di laboratorio. Ticino Scienza parte quindi da qui, e dalla domanda sulla natura della “Patologia”, non sempre chiara a tutti. Spiega Mazzucchelli: «Moltissime malattie, di tipo oncologico ma non solo, richiedono, per la conferma della diagnosi e per la definizione del percorso terapeutico, un’indagine approfondita sulla condizione e sulle anomalie dei tessuti, che va ben al di là dell’anatomia patologica, a sua volta essenziale. Per fornire risposte realmente utili, però, non basta l’esito di un vetrino, o quello di un’indagine genetica: ci vuole una vera valutazione medica completa. Semplificando - continua Mazzucchelli - si può dire che noi abbiamo sotto gli occhi lo stesso paziente che vedono i colleghi clinici, ma in forma virtuale e lo consideriamo, come loro, nella sua interezza. Cerchiamo di conoscerlo attraverso tutti gli esami effettuati, le indagini fatte con le tecniche di imaging, la sua storia e la condizione clinica (così come ci vengono riferite) e, infine, incrociamo i nostri risultati con quanto appreso. Solo questo sguardo, il più possibile completo, ci permette di giungere, nella valutazione complessiva, a risposte adeguate».

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Oggi poi, continua l’esperto, un centro di Patologia fornisce molte più informazioni genetiche rispetto al passato, soprattutto in campo oncologico. Dati che, quando si è sviluppato un tumore, possono fare la differenza tra una cura efficace, spesso mirata su una specifica alterazione, e una che serve a poco.

Ancora Mazzucchelli: «Per capire che momento, rivoluzionario, stiamo vivendo, basti pensare che una quindicina di anni fa, quando abbiamo iniziato le prime analisi genetiche, cercavamo un solo gene mutato, KRAS, nel tumore del colon. Oggi, grazie alle tecniche di sequenziamento veloce come il Next Generation Sequencing, ne verifichiamo fino a 500 alla volta in ogni paziente, e possiamo farlo per decine e decine di forme tumorali. Non dimentichiamo che ogni paziente ha un suo profilo genetico, e ogni tumore anche, e disporre di indagini così approfondite e personalizzate (una possibilità neppure immaginabile fino a pochi anni fa) ci offre strumenti terapeutici spesso numerosi. La possibilità di controllare così tanti geni, mutati e non, ci permette infatti di fornire indicazioni sul tipo di tumore, sulla sua aggressività, sulle metastasi, sull’esistenza di terapie specifiche ma anche sulla presenza di studi sperimentali in corso su cure non ancora disponibili. Un progresso davvero enorme, che ha rinnovato anche la natura del nostro lavoro».

Tutto ciò, nel passaggio all’EOC potrebbe diventare ancora più efficace, come spiega ancora Mazzucchelli: «Dal 1° luglio siamo integrati a tutti gli effetti in una struttura ospedaliera, e questo potrebbe essere importante per velocizzare i flussi di lavoro e per la parte relativa alle urgenze. Inoltre speriamo di riuscire ad avere più personale, per rispondere in tempi ancora più rapidi a ogni richiesta». Già oggi l’Istituto ogni anno analizza non meno di 70.000 campioni grazie al lavoro dei suoi 70 operatori, un quarto dei quali sono medici e biologi, e nel 2019 ha ottenuto un ampliamento della sede (di fatto quasi un raddoppio), che permette di lavorare in maniera più agile e di condurre al tempo stesso diverse attività di ricerca. Tutto questo non basta, però, proprio per l’aumento di lavoro che c’è stato nell’ultimo periodo a causa delle nuove tecniche introdotte, ma si spera che presto ci possano essere ulteriori sviluppi tanto dal punto di vista degli organici quanto da quello delle attività. Infatti, come detto, l’Istituto non è solo un luogo di servizio: è anche un centro di ricerca, come ricorda Mazzucchelli: «Non solo conduciamo studi per convalidare tecniche e modalità di indagine, pubblicando quanto scopriamo, ma collaboriamo attivamente con tutti i principali centri di ricerca del Ticino, dall’IRB al Neurocentro, allo IOSI, perché quasi sempre hanno bisogno, per i loro studi, di risposte dalla Patologia, al punto che non riusciamo a stare dietro a tutte le richieste».

Infine il futuro, che si presenta già alle porte della nuova sede: «Dopo quella genetica - continua Mazzucchelli - stiamo attraversando una nuova rivoluzione, quella dell’intelligenza artificiale e della sua integrazione con i sistemi attuali, che stiamo rendendo totalmente digitali. Ci vorranno nuove competenze, e sforzi davvero onerosi: anche per questo prevediamo di reclutare un giovane ricercatore, un cosiddetto post doc, il primo in questo particolare settore, per iniziare con lui un cammino che ci occuperà per i prossimi anni, e che ci porterà (questa la speranza concreta) ancora più lontano».

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