Tumori: per migliorare la vita
dei pazienti, via le cellule "invecchiate" dalle terapie
Potrebbero venire eliminate tramite linfociti geneticamente modificati ("CAR-T"). Studi d’avanguardia della giovane ricercatrice Viola Moscarda (IOR), vincitrice di una delle borse di studio della IBSA Foundationdi Elisa Buson
Oggi sempre più persone riescono a sconfiggere il cancro riconquistando una vita normale, ma in alcuni casi le terapie possono accelerare l’invecchiamento delle cellule, e questo meccanismo è poi alla base di molti effetti collaterali cronici delle cure oncologiche. Riportare indietro le lancette dell’invecchiamento cellulare, per guadagnare tempo e qualità di vita, è l’obiettivo della giovane ricercatrice Viola Moscarda dell’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR) di Bellinzona, tra i vincitori dell’undicesima edizione del progetto Fellowship promosso da IBSA Foundation per la ricerca scientifica.
Viola Moscarda Ingrandisci la foto
Dal suo lancio nel 2012, il programma ha già finanziato 52 borse di studio (per un valore complessivo di oltre 1,5 milioni di euro) dedicate a ricercatori under 40 che operano all’interno di università, ospedali o centri di ricerca. L’edizione appena conclusa è quella che ha fatto registrare i numeri più alti in assoluto: sono stati ben 248 i candidati (in maggioranza donne) provenienti da 47 Paesi che hanno partecipato al concorso per conquistare una delle sei borse di studio (del valore di 32.000 euro ciascuna) destinate alle aree scientifiche di dermatologia, endocrinologia, fertilità/urologia, medicina del dolore/ortopedia/reumatologia, oltre alle due borse messe in palio per l’edizione speciale "Healthy Aging/Regenerative Medicine".
Proprio nel campo dell’invecchiamento Viola Moscarda ha superato la "concorrenza" con un progetto di ricerca che mira ad alleviare gli effetti collaterali a lungo termine indotti dalla chemioterapia. La scelta di realizzarlo in Ticino non è stata casuale. Italiana dell’Istria con cittadinanza slovena, Moscarda è approdata nel Cantone dopo aver inseguito per anni la sua passione sempre con la valigia in mano: prima ha studiato medicina a Pavia, poi si è trasferita a Verona per la specializzazione in oncologia medica e infine, nell’ottobre 2023, si è stabilita a Bellinzona.
«Avanzando negli studi - spiega - avevo capito che immaginare il mio futuro soltanto in una corsia d’ospedale sarebbe stato limitante: oltre all’attività clinica volevo fare anche ricerca in laboratorio, perché è da lì che nascono le nuove scoperte che permettono di sviluppare trattamenti sempre più innovativi ed efficaci, soprattutto nel campo dell’oncologia». Per lei che aveva iniziato a occuparsi in modo specifico di tumori del tratto genito-urinario, il passaggio al Laboratorio di Oncologia Molecolare dello IOR guidato da uno dei più affermati esperti di tumore della prostata, Andrea Alimonti, è stato naturale. «Il mio supervisore all’Università di Verona - racconta - era in contatto con Alimonti e questo ha facilitato il mio arrivo a Bellinzona in qualità di Research Fellow. Ora, grazie alla borsa di IBSA Foundation, potrò prolungare la permanenza di un altro anno per portare avanti il mio progetto».
Lo studio rappresenta una sorta di spin-off delle ricerche condotte nel laboratorio di Alimonti sulle cellule tumorali senescenti (cioè invecchiate per effetto della chemioterapia, e capaci di indurre resistenza alle cure, favorendo lo sviluppo di recidive).
«Si è visto - dice Moscarda - che una particolare molecola (un recettore) presente sulle cellule tumorali senescenti della prostata è iperespressa, cioè particolarmente attiva, anche nelle cellule sane (quindi non tumorali) invecchiate dalla chemioterapia. Per questo ho pensato di studiare e sviluppare una terapia con cellule CAR-T mirata su quel recettore per eliminare queste cellule invecchiate, in modo da ringiovanire i tessuti e guadagnare in longevità. Cosa sono le CAR-T cells? Sono linfociti T (cellule fondamentali del sistema immunitario) che vengono prelevati dal sangue del paziente, modificati geneticamente in laboratorio per riconoscere uno specifico bersaglio, moltiplicati sempre in laboratorio, e poi inseriti nuovamente nel sangue del malato.
«Finora abbiamo dimostrato - spiega Moscarda - che nelle cellule umane l’"espressione" (l’attività) di quel recettore aumenta in risposta a diversi tipi di chemioterapia. Abbiamo poi condotto analisi bioinformatiche per trovare altri bersagli contro cui sviluppare una terapia combinata che risulti ancora più specifica. Ora si tratta di sviluppare le cellule CAR-T vere e proprie, da sperimentare, all’inizio, sui topi: sarà un lavoro non facile, considerato che le cellule T del topo sono meno numerose e dunque più difficili da isolare e modificare rispetto a quelle umane».
L’uso delle terapie CAR-T contro l’invecchiamento rappresenta una frontiera del tutto nuova. «A mia conoscenza, attualmente c’è solo un gruppo di ricerca del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York che ha sviluppato una CAR-T anti-aging, ma è diretta contro altri bersagli cellulari: il nostro progetto allo IOR è il primo mirato all’invecchiamento causato dalla chemioterapia, dunque ci muoviamo in un campo ancora inesplorato - puntualizza Moscarda. - L’obiettivo è quello di ottenere un farmaco da somministrare per via endovenosa con una singola infusione dopo la chemio: questo dovrebbe essere possibile perché le cellule T acquisiscono una buona memoria e riescono a persistere nell’organismo anche per molto tempo».
Grande attenzione verrà dedicata alla sicurezza della terapia, considerato che a giugno l’Agenzia europea del farmaco (EMA) ha diramato un’allerta riguardante la possibilità che le terapie CAR-T (già in uso contro leucemie e linfomi) possano far aumentare il rischio di tumori maligni secondari. Va poi tenuto presente che le cellule CAR-T, in alcuni casi, possono indurre reazioni anche molto pericolose da parte dell’organismo e richiedono un forte e costoso impegno organizzativo da parte delle strutture sanitarie in cui vengono somministrate. «È importante che questi aspetti vengano ben valutati già a partire dallo sviluppo delle nuove terapie CAR-T - continua Moscarda. - Per questo anche noi stiamo valutando la possibilità di creare un apposito interruttore molecolare nelle nostre cellule T che permetta di spegnerle a comando».
Servirà ancora molto tempo per arrivare ad avere un farmaco pronto per i test sull’uomo, ma Moscarda è fiduciosa: «Anche se la borsa di IBSA Foundation si concluderà nel 2025, spero di poter continuare la mia carriera in Ticino, perché qui la ricerca è all’avanguardia e viene valorizzata».