oncologia

E adesso allo IOR si studiano
anche i misteri del melanoma,
con staminali e "organoidi"

Domenica 16 ottobre 2022 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache
Arianna Baggiolini, direttrice del nuovo laboratorio "Stem Cells and Cancer" all’Istituto oncologico di ricerca di Bellinzona, che si occuperà soprattutto di melanoma (foto IOR)
Arianna Baggiolini, direttrice del nuovo laboratorio "Stem Cells and Cancer" all’Istituto oncologico di ricerca di Bellinzona, che si occuperà soprattutto di melanoma (foto IOR)

Al via un nuovo gruppo di ricerca diretto da Arianna Baggiolini. Attenzione puntata sulle metastasi indotte dal più aggressivo tumore della pelle. Studi in sinergia con l’IRB, nell’ambito di BIOS+
di Agnese Codignola

Lo IOR di Bellinzona, che fa parte di Bios+ insieme all’IRB, si arricchisce di un nuovo laboratorio di ricerca oncologica: quello sul melanoma, diretto da Arianna Baggiolini, tornata da poco in Ticino, dove è nata, dopo diversi anni passati prima a Zurigo, al Politecnico e all’Università, per conseguire la laurea e il dottorato, e poi in uno dei centri di ricerca oncologica più prestigiosi del mondo, il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York.

Per capire quali competenze e, soprattutto, su quali filoni di ricerca pensi di lavorare la ricercatrice, Ticino Scienza ha chiesto a Baggiolini di raccontare di quale aspetto del melanoma, in particolare, si è occupata, e intende approfondire con il suo nuovo gruppo. «Fino dai primi anni di studio e poi dalle prime esperienze in laboratorio - risponde - sono sempre stata attratta dai fenomeni che governano la maturazione delle cellule, e che portano una cellula embrionale, indifferenziata e staminale, a diventare specializzata, così come quelli che trasformano una cellula adulta, matura, in una invecchiata, che progressivamente perde alcune funzioni e talvolta il controllo. Quando poi ho iniziato a dedicarmi ai tumori e, in particolare, al melanoma, la cui incidenza è in crescita in tutto il mondo, ho capito ulteriormente che avrei voluto conoscere meglio proprio questi passaggi, per verificare, innanzitutto, se tra di essi si celassero i meccanismi che, quando si determina un’anomalia, portano alla trasformazione neoplastica e, in seguito, alla formazione delle metastasi. In effetti - continua Baggiolini - era già noto che alcuni dei geni che regolano lo sviluppo embrionale sono particolarmente importanti anche nello sviluppo del melanoma, e questo era un ottimo punto di partenza». 

Lo stesso vale per i passaggi speculari, cioè quelli tipici dell’invecchiamento, strettamente connessi con quelli che danno origine a un tumore, come sottolinea ancora la ricercatrice: «Molti dei meccanismi che controllano l’invecchiamento hanno anche effetti sulla tumorigenesi (cioè sull’accumulo di danni che portano una cellula sana a diventare tumorale, ndr); tra essi, per esempio, rientrano l’accorciamento dei telomeri (i “cappucci” che avvolgono le estremità dei cromosomi) , l’instabilità del codice genetico, le modifiche metaboliche e della struttura delle proteine, i cambiamenti epigenetici (cioè dell’ambiente che circonda le cellule) e il mantenimento delle cellule staminali nella loro condizione indifferenziata. Da un altro punto di vista, quando una cellula invecchia, mentre perde funzioni fisiologiche, sviluppa processi che favoriscono la crescita aberrante tipica del cancro: un dualismo molto interessante, e potenzialmente sfruttabile per contrastare proprio i tumori. I dettagli di questi delicati equilibri sono noti solo in parte, e ciò che vogliamo fare è migliorare la conoscenza di questi fenomeni»

METODI DI STUDIO AVANZATI - Per addentrarsi nei particolari dei processi che portano una cellula a maturare, a invecchiare e talvolta a evolvere in senso tumorale, il gruppo si servirà dei metodi classici quali le colture cellulari e gli animali da laboratorio. Ma, anche, di cellule staminali pluripotenti e di organoidi (cioè di frammenti tridimensionali di un organo), un tipo di modello che sta guadagnando sempre maggiore credito, tra i ricercatori, via via che viene ottimizzato, perché riesce a dare informazioni che nessun sistema in vitro semplice può assicurare. Spiega Baggiolini: «Il melanoma, come molti altri tumori, dà metastasi cerebrali, molto difficili da trattare e anche da studiare, a causa della barriera emato-encefalica, cioè della fitta “rete” protettiva che avvolge il cervello. Inoltre, il cervello dei modelli animali è simile solo in parte a quello umano, e fornisce quindi informazioni parziali. Gli organoidi (realizzati con cellule staminali pluripotenti umane) permettono di superare questi limiti, perché dalle staminali pluripotenti possiamo ottenere virtualmente ogni tipo di cellula: nel caso degli organoidi di cervello, si arriva a ottenere strutture con cellule nervose e cellule di sostegno (in termine tecnico, della glia). Tutto ciò riproduce almeno in parte ciò che accade in un cervello umano, e questo, a sua volta, dà informazioni preziose e permette di studiare i diversi passaggi dello sviluppo di metastasi al cervello». 

A BIOS+ AMBIENTE DI LAVORO FAVOREVOLE - Un altro aspetto che la ricercatrice considera molto importante, e che l’ha convinta a tornare in Ticino (dove si è anche ricongiunta al marito: si sono sposati due anni fa), è l’impostazione di Bios+, un centro di ricerca pensato come luogo di interazione e collaborazione tra saperi e competenze anche molto lontane, all’apparenza, fra loro. «Le idee e i progetti migliori - spiega Baggiolini - nascono sempre dal confronto con i colleghi, anche quando questi si occupano di argomenti apparentemente assai diversi. Trovarsi in un solo luogo fisico (la sede di Bios+ è in via Francesco Chiesa 5 a Bellinzona, ndr), dove ci si incontra periodicamente, ma anche per caso, e dove tutti sono tenuti a raccontare a quella che è già una comunità i propri progressi fatti, significa creare le migliori condizioni possibili per ideare e poi portare avanti progetti innovativi. Inoltre, qui abbiamo anche un rapporto diretto con l’Ente Ospedaliero Cantonale, fondamentale per la ricerca traslazionale, nella quale, cioè, lo scambio tra gli studi di base e quelli sui pazienti è continuo, e molto rapido. E tutto è reso più fluido dal fatto che gli spazi sono stati progettati ad hoc, e supportano il lavoro di ricerca in modo adeguato».

Per ora il gruppo è composto da due dottorande e da un giovane che ha già conseguito il dottorato, e svolge le funzioni di assistente di Baggiolini: un team piccolo e affiatato dunque, che inizia a lavorare con molto entusiasmo. Ticino Scienza ne seguirà il cammino, anche nei prossimi mesi e anni.