medicina rigenerativa

Da Bellinzona alla Stazione spaziale orbitante, gli esperimenti
biologici impossibili sulla Terra

Martedì 23 luglio 2024 circa 7 minuti di lettura
L’ufficio di Matteo Moretti nel palazzo di Bios+ a Bellinzona (foto di Chiara Micci/Garbani)
L’ufficio di Matteo Moretti nel palazzo di Bios+ a Bellinzona (foto di Chiara Micci/Garbani)

Il gruppo guidato da Matteo Moretti (Laboratori di Ricerca Traslazionale EOC) ha intensificato la collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea. Si pensa di creare in Ticino una filiera della ricerca biologica nello spazio
di Elisa Buson

Cinquantacinque anni fa la conquista della Luna diventava realtà. Con lo sbarco dell’Apollo 11, il 21 luglio 1969, gli astronauti Neil Armstrong ed Edwin Buzz Aldrin entravano ufficialmente nei libri di storia come i primi esseri umani a mettere piede sul suolo lunare. Quella memorabile passeggiata, seguita alla tv da quasi 650 milioni di persone nel mondo, durò complessivamente due ore e mezza: lo stretto necessario per piantare la bandiera statunitense, ricevere la telefonata del presidente Nixon, prelevare campioni di rocce, installare alcuni strumenti scientifici, scattare fotografie e lasciare alcuni oggetti commemorativi. A distanza di oltre mezzo secolo, l’obiettivo delle maggiori agenzie spaziali è tornare sulla Luna per restarci, con tanto di basi lunari e stazioni orbitanti, per preparare l’ambizioso salto verso Marte. Un futuro che sa davvero di fantascienza e che, per certi aspetti, passa anche attraverso il Ticino, grazie ai “cervelli” che lavorano nei Laboratori di Ricerca Traslazionale dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), e in particolare quelli del gruppo di Tecnologie di Medicina Rigenerativa guidati da Matteo Moretti, che è anche docente all’Università della Svizzera italiana (USI).
A prima vista non si direbbe, impegnati come sono  tra provette e microscopi per riprodurre ossa, muscoli e cartilagini umane in vitro. Ingegneria, biologia e medicina si fondono nel loro laboratorio allo scopo di coltivare cellule e tessuti umani con cui studiare le malattie e le loro possibili terapie, oltre che nuove strategie di medicina rigenerativa per riparare o sostituire tessuti e organi danneggiati. Le applicazioni più immediate riguardano ovviamente la ricerca scientifica e la clinica, ma nuovi orizzonti si stanno aprendo. E puntano dritti allo spazio.

Moretti lo ha intuito una ventina di anni fa, quando è volato negli Stati Uniti per lavorare come post-doc presso il prestigioso Langer Lab del Massachusetts Institute of Technology (MIT) a Boston, e ha ricevuto un premio (Tech Brief Award) dalla NASA, l’ente spaziale americano, per l’invenzione di un nuovo tipo di bioreattore. «Era uno strumento - dice Moretti - progettato per le normali attività di laboratorio, non certo per lo spazio, eppure quel legame con la NASA mi ha fatto capire che da parte loro c’era grande interesse per la biofabbricazione. Lo spazio e le colture cellulari, insomma, non erano due mondi poi così distanti». 

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Studiare il comportamento di cellule e tessuti nello spazio, infatti, permette di capire meglio gli effetti che questo ambiente estremo esercita sul corpo degli astronauti, ma non solo. La Stazione Spaziale Internazionale orbitante è diventata ormai un grande laboratorio fluttuante dove la microgravità e le radiazioni cosmiche consentono di condurre esperimenti altrimenti impossibili. «Si possono per esempio studiare i processi biologici dell’invecchiamento in maniera accelerata, ottenendo risultati in minor tempo, e si possono cristallizzare molecole in modo diverso rispetto alla Terra, per produrre farmaci innovativi -sottolinea l’esperto dell’EOC. - Un’azienda ha perfino dimostrato che nello spazio si possono fabbricare retine artificiali (gli strati nervosi dell’occhio, ndr) più performanti, perché la microgravità consente di depositare le proteine in maniera più omogenea e uniforme senza creare microscopici difetti». 

LA COLLABORAZIONE CON L’ESA - Dopo essere tornato dagli Stati Uniti in Europa e avere aperto un laboratorio all’Istituto Galeazzi di Milano, Moretti nel 2016 si è trasferito in Ticino, per avviare il laboratorio di medicina rigenerativa all’EOC. Da allora ha ricevuto altre due “chiamate spaziali”. La prima è arrivata nel 2018, quando l’agenzia spaziale russa Roscosmos lo ha invitato a tenere una relazione sulla biofabbricazione in una conferenza a Mosca. La seconda chiamata, decisamente più importante, è arrivata nel 2022 dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che lo ha selezionato come consulente, insieme ad altri quattro esperti, per supportare un consorzio di aziende incaricate di sviluppare una nuova facility europea per la stazione spaziale, una sorta di super armadio hi-tech interamente dedicato agli esperimenti biologici. «L’obiettivo è sostituire entro il 2028 l’attuale modulo Biolab, ormai un po’ datato, con una struttura più nuova e funzionale: nella parte superiore ci sarà una sezione dedicata alla biostampa in 3D, mentre nella parte inferiore verrà allestito un sistema automatizzato per le colture cellulari che avrà la microscopia integrata, per osservare le cellule in diretta, e due centrifughe, che permetteranno di condurre gli esperimenti in diverse condizioni di gravità - puntualizza Moretti. - Il nostro compito come consulenti sarà quello di affiancare le aziende nelle fasi di sviluppo e test dei singoli componenti e della struttura finale, una volta che sarà assemblata in orbita. Ma già da quest’anno il laboratorio dell’EOC è stato coinvolto nella validazione sperimentale delle componenti, grazie a un progetto finanziato dall’Ufficio Spaziale Svizzero (SSO), che entro dicembre ci permetterà di allargare il nostro gruppo di lavoro, affiancando a un biologo e a un bioingegnere interamente dedicati alle attività spaziali, anche un secondo bioingegnere».  

Un po’ come Neil Armstrong 55 anni fa, anche il laboratorio dell’EOC sta muovendo lentamente i suoi primi passi fuori dalla Terra, ma punta ad accelerare presto l’andatura. «Ad oggi lo spazio non rappresenta ancora la nostra attività prevalente, tutt’altro, ma sicuramente nei prossimi anni ci sarà un’espansione» - prevede Moretti.

Un forte impulso arriverà ancora una volta dall’Agenzia Spaziale Europea, che lo scorso dicembre ha selezionato il laboratorio dell’EOC per inserirlo tra le sue 21 Ground Based Facilities, strutture che l’ESA mette a disposizione dei ricercatori europei che intendono preparare esperimenti per le future missioni ed esplorazioni spaziali. Il laboratorio di Moretti è l’unico svizzero della lista e offrirà supporto sempre nell’ambito delle colture cellulari avanzate. A sorpresa, le prime richieste di consulenza sono arrivate proprio dal Ticino, in particolare da due gruppi di ricerca dell’Istituto Oncologico di Ricerca: quello guidato da Arianna Baggiolini, che intende studiare gli organoidi di cervello in microgravità, e quello di Andrea Alimonti, desideroso di approfondire nello spazio i suoi studi sulla senescenza cellulare.

Questa continua contaminazione di saperi sta già portando frutti inaspettati. A furia di guardare alle stelle, infatti, Moretti e i suoi collaboratori stanno sviluppando nuove idee per le loro ricerche nel campo della medicina rigenerativa. «Tra i nostri progetti futuri c’è sicuramente quello di condurre alcuni dei nostri esperimenti sulla stazione spaziale, non solo per quanto riguarda l’ambito muscolo-scheletrico, ma anche per lo screening di farmaci - afferma il team leader. - E visto che stiamo già sviluppando anche una serie di modelli per studiare gli effetti della radioterapia, cercheremo di usare modelli simili per valutare gli effetti delle radiazioni spaziali (grande problema per le future missioni lontane dalla protezione dell’orbita terrestre) sui tessuti umani a bordo della Stazione spaziale internazionale, e testare eventuali contromisure».

Il sogno nel cassetto di Moretti, però, è ancora più grande. «Mi piacerebbe - racconta  - contribuire a creare in Ticino una vera e propria filiera della ricerca biologica nello spazio, mettendo insieme tutti gli attori interessati per costruire qualcosa di importante e riconosciuto, anche al di fuori dei nostri confini».