SCIENZA E FILOSOFIA

Cos’è il tempo? Quello che è presente per noi, per altri
potrebbe essere già futuro...

Venerdì 21 gennaio 2022 circa 11 minuti di lettura In deutscher Sprache

Risposte affascinanti (e sconcertanti) dal ciclo di conferenze "Tempo al Tempo", al Litorale-USI di Lugano. Non c’è un prima e un dopo a livello di singoli atomi. Tutto si complica nel mondo macroscopico 
di Cesare Alfieri

Nella lista delle parole inglesi più utilizzate, dopo una lunga sfilza di articoli e preposizioni, pronomi e congiunzioni, al cinquantesimo posto appare finalmente il primo sostantivo: “time”. Mai come ai giorni nostri l’onnipresenza del tempo ha scandito la vita dell’uomo: lo organizziamo, lo investiamo, lo perdiamo, lo paghiamo e ce lo facciamo pagare, lo ammazziamo persino, nella malinconica certezza che alla fine sarà lui ad ammazzare noi.
Tuttavia, su un tema che tanto ossessiona la nostra quotidianità, possiamo davvero dire di saperne più di Sant’Agostino quando scriveva: «Che cosa è, allora, il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so».

Probabilmente, per chi ha partecipato ai tre incontri del ciclo Tempo al Tempo che il Litorale USI ha proposto in collaborazione con l’Istituto di studi filosofici (ISFI), la risposta è chiara: ne sappiamo enormemente di più. Da Newton a Einstein, fino alle più moderne teorie di gravità quantistica, passando per il genio di Ludwig Boltzmann, la concezione fisica del tempo si è evoluta, maturando assieme alle interpretazioni che la grande filosofia ne ha saputo dare.
Il Litorale, che già dal nome evoca il vago confine dove acqua e terra si mischiano, è diventato allora il luogo ideale per quell’incontro fra fisica e filosofia che è stato colonna portante dell’intero ciclo di Tempo al Tempo. In ognuna delle tre serate, il fisico Cesare Alfieri ha dialogato con un diverso filosofo in un’iniziativa dal taglio inclusivo, in cui l’attiva partecipazione del pubblico è stata una sorpresa gradita e incentivata.

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I titoli dei singoli incontri si rifacevano al libro biblico del Qoelet, quello in cui si cui si afferma che “ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo”. Ha esordito Damiano Costa, filosofo e docente USI, durante una serata dedicata a “Un tempo per nascere e un tempo per morire”. Ma cos’è, allora, il tempo? «Il tempo pare una sottilissima lama di luce che, muovendosi continuamente, illumina l’esistenza del solo presente» - ha esordito Costa, delineando le quattro domande fondamentali alla base di Tempo al Tempo:

1) Le cose fuori dalla lama di luce, cioè il passato e il futuro, esistono o sono niente?
2) Se il futuro esiste, ed è già scritto, quale libertà ci resta?
3) Perché la lama di luce si muove sempre e solo in una direzione, dal passato al futuro?
4) A che velocità si muove la lama di luce? Allo stesso modo per tutti? Si può fermare?

Una risposta alle prime due domande, provocatoria per alcuni, è arrivata dal pensiero di Emanuele Severino, scomparso due anni fa, fra i massimi filosofi del ‘900 e per questo anche fra i più contestati. Secondo Severino, tutto è eterno: ogni pensiero, ogni fugace parola, ogni attimo. Il divenire è solo l’apparire temporaneo di un qualcosa di eterno. È come un libro: la pagina che leggiamo è il presente (ciò che in questo momento è illuminato dalla lama di luce), quelle appena sfogliate il passato, quelle che leggeremo il futuro; il libro esiste sempre e da sempre nella sua interezza, indipendentemente da quale pagina stiamo leggendo ora. Il tempo nell’eternità si sgonfia, non ha senso, è battuto - perché tutto, appunto, è eterno e l’unica possibilità che abbiamo, come esseri umani, è quella di assistere all’illuminazione di una sottile fetta di eternità, volta per volta. Lo spettro del nulla è sconfitto, ma a che prezzo: dobbiamo sacrificare la nostra libertà. Con un libro già scritto, come possiamo liberamente cambiare il futuro? Proprio perché la nostra civiltà della tecnica è così innamorata dell’idea di poter trasformare liberamente un mondo non pre-determinato, pur di non rinunciarvi si convince (si inganna, secondo Severino) che ci sia un tempo per nascere e uno per morire e ne accetta tutte le angosce.
Nelle sale del Litorale si è subito cominciato a insinuare che il tempo non esiste, non almeno come appare a noi.

PERCHÈ IL TEMPO NON TORNA INDIETRO? - La serata successiva ("Un tempo per gettare sassi, un tempo per raccoglierli") ha affrontato la terza domanda (Perché la lama di luce si muove sempre e solo in una direzione, dal passato al futuro?) con Emiliano Boccardi, professore presso il Dipartimento di Filosofia dell’Universidade Federal da Bahia (Brasile). Se lancio un sasso, questo cade. Se è a terra, perché non torna su da solo invertendo la freccia del tempo? Sembra una domanda che non ha nemmeno senso porsi, ma fisica e filosofia ci ricordano quanto poco capiamo dei fatti scontati. Da dove nasce questa irreversibilità, visto che i più importanti principi della fisica sono tempo-simmetrici, cioè tutti reversibili? Le equazioni e i principi fondamentali non spiegano perché si debba andare verso il futuro e non sia possibile ricreare il passato. Nessuna legge basilare della fisica sarebbe violata se il sasso tornasse su da solo. E se la freccia del tempo non fosse una regola fondamentale? Se emergesse dalla nostra visione imprecisa e sfocata?
Spieghiamo meglio, ma per farlo dobbiamo scendere al livello delle molecole e degli atomi. Affinché il sasso torni su da solo (perché accada, cioè, davanti ai nostri occhi qualcosa contro la freccia del tempo e si ricrei il passato), miliardi di miliardi di atomi dovrebbero muoversi assieme, simultaneamente e all’unisono per spingere il sasso a salire. Impossibile? No, ma talmente improbabile che non avverrà mai, neanche se aspettassimo per dieci volte la vita dell’universo. La freccia del tempo sembra allora un fatto statistico legato alla probabilità. Ma perché guardiamo il mondo a livello statistico e non proviamo invece a osservare in modo più preciso ogni singola particella microscopica? Perché - hanno risposto gli ospiti del Litorale - siamo limitati e le particelle sono troppe. Qualsiasi cervello, biologico o elettronico, esploderebbe nel provare a seguirle tutte e siamo dunque costretti a guardare solo la media del loro comportamento, descrivendo il mondo come ci ha insegnato a fare Boltzmann, attraverso grandezze termodinamiche intrinsecamente statistiche (calore, temperatura, pressione). 

Possiamo dire che la termodinamica statistica (Boltzmann è considerato il padre di questa disciplina) sta agli atomi/molecole come la demografia sta agli individui. Non esiste la temperatura di un solo atomo come non esiste una donna con 1.48 figli (tasso di fecondità in Svizzera). Allo stesso modo, il singolo atomo non ha dietro di sé un passato irreversibile: il singolo atomo si muove e urta contro altri atomi, non fa molto di più. Per lui è tutto uguale. Urterà nel futuro come ha urtato nel passato e non ne conserverà traccia. Nel farlo, non percepisce mai quell’agrodolce senso di nostalgia che ci avvolge quando pensiamo al passato come a un tempo perduto. Il passato irrecuperabile emerge solo agli occhi sfocati di chi guarda l’evolversi statistico di movimenti macroscopici. 

A questo punto (non spaventatevi...) dobbiamo introdurre il concetto di entropia. Che cos’è? L’entropia è quella grandezza che aumenta quando una disposizione di atomi (in pratica, quando qualsiasi cosa) evolve verso una configurazione più probabile, oppure che diminuisce quando si trasforma in una disposizione meno probabile. Troppo complicato? Proviamo a dirlo in un altro modo. Ricostruire il passato non è un evento “proibito” a livello di singoli atomi, ma è assolutamente improbabile che, ad esempio, il guscio di un uovo che si è rotto in tanti pezzi cadendo da 50 centimetri di altezza si risistemi esattamente nella posizione di partenza, ricreando un uovo intero. Forse ogni singolo atomo potrebbe farlo, ma è difficilissimo che miliardi di miliardi di atomi tutti insieme lo facciano. Se noi fossimo costituiti da un atomo solo, non avremmo la cognizione del tempo che passa. Un atomo solo non lascia tracce.
Se un detective volesse ricostruire il passato di un atomo, non riuscirebbe, perché l’atomo non conserva su di sè tracce del suo passato.

Se spostiamo, invece, lo sguardo all’universo, vedremo che c’è una freccia del tempo, ed è il “movimento” complessivo verso una configurazione più probabile, partendo dall’inspiegabile improbabilità iniziale del Big Bang. Tuttavia echeggiano dubbi nelle conclusioni di Boccardi:«Diciamo che l’entropia aumenta col tempo, non che il tempo aumenta con l’entropia. Qualcosa ancora ci sfugge, la domanda è solo "posticipata". Qualcos’altro regola lo spostarsi della lama di luce del presente».
Cominciamo a saperne di più, ma non è abbastanza: sembra che più si impari sul tempo, più ci si confonda. Molta sapienza, molto affanno, sono sempre parole di Qoelet.

LE TEORIE DI EINSTEIN - Se le prime due serate hanno minato il senso comune di passato e futuro, l’incontro conclusivo ha avuto l’ambizione di fare chiarezza sul presente affrontando la quarta domanda (A che velocità si muove la lama di luce? Allo stesso modo per tutti? Si può fermare?). La risposta va cercata nella relatività, una teoria che a più di un secolo dalla sua pubblicazione ancora stupisce. Eppure, se Albert Einstein ha ragione (e ce l’ha!), è tutto quasi semplice. Proviamo a spiegare, semplificando il più possibile. Einstein ha elaborato la famosa equazione E= mc2 , dove E sta per energia, m per massa e c per la velocità della luce (300.000 chilometri al secondo). Questa formula lega indissolubilmente l’energia alla massa e afferma che c’è un limite invalicabile - ha intuito Einstein - in natura: l’energia (dunque anche la massa) non potrà mai superare la velocità della luce. Tutto discende da lì. È una legge talmente forte che la Natura piuttosto di violarla sacrifica la struttura dello spazio e distorce il tempo a cui siamo abituati. Tentiamo di chiarire: come si studia a scuola, la velocità è il rapporto fra lo spazio percorso diviso il tempo impiegato per percorrerlo (velocità = spazio/tempo). Quando la velocità di una massa (un oggetto, un essere umano, o qualsiasi altra cosa) aumenta, la Natura contrae lo spazio o dilata il tempo per evitare che si superi c

Se non ho velocità, il tempo scorre normalmente. Ma se accelero fortissimamente, vedrò la lama di luce del mio presente rallentare fino a fermarsi, qualora raggiungessi il limite di c. È quello che accade nel famoso paradosso dei gemelli: se uno dei due viaggia nella galassia a velocità elevatissime, una volta rientrato sulla Terra sarà invecchiato meno del gemello rimasto a casa.

L’unica particella autorizzata a viaggiare alla velocità della luce è proprio la luce... O, meglio, i fotoni che la compongono. Il loro viaggiare a 300.000 chilometri al secondo, cioè al livello massimo stabilito dalla Natura, non fa scorrere il loro tempo. Non importa quanti miliardi dei nostri anni possano essi aver viaggiato, partendo dalle galassie più lontane e arrivando a imprimersi sulle nostre retine in una notte di cielo stellato: dal loro punto di vista, quei fotoni non potevano invecchiare di un solo istante, creati e distrutti nel medesimo attimo. Non c’è tempo per vivere, alla velocità della luce. 

Le sorprese non finiscono qui: se muoversi nello spazio modifica il tempo, la conseguenza (non facile da capire) è che il futuro possa essere condizionato dal movimento. Proviamo a fare un esempio: se una persona si trova accanto a un binario ferroviario, all’identica distanza fra due semafori (uno alla sua destra e uno alla sua sinistra), e se vede i due semafori diventare verdi nello stesso momento, per lui si tratta di due eventi simultanei. Per un viaggiatore sul treno, invece, che si avvicina a un semaforo e si allontana dall’altro, un evento accadrà prima dell’altro. Quindi, la percezione del presente dipende da come ci si muove... Da questo punto di vista, quello che per noi è presente, per qualcun altro potrebbe essere già futuro!

La differenza - pensando al treno - sembra irrilevante. Ma provate a mettere un semaforo sulla Terra e uno su Andromeda, ad anni luce di distanza. Il ritardo di un segnale rispetto all’altro potrebbe essere di giorni, o di mesi. Il semaforo verso cui il viaggiatore sul treno (anzi, su un’astronave) si avvicina si accenderà con un forte anticipo rispetto a quello che accadrà per chi è fermo. Il presente di uno è il futuro dell’altro.

Ha rincarato la dose Claudio Calosi, professore assistente all’Università di Ginevra, docente all’USI e ultimo ospite di Tempo al Tempo: «Stasera potrete andare al bar e raccontare che Claudio vi ha detto che il vostro futuro è il presente di qualcun altro. Ma se è presente, allora per quel qualcuno esiste. Ma se esiste per qualcuno, esiste e basta. Il futuro già esiste, già esistono anche i figlioli dei vostri figlioli». Per strade diversissime torniamo all’eternalismo di Severino: lo spazio-tempo c’è già tutto. Controsensi apparenti della relatività, che ci insegna che i veri paradossi sono quelli del senso comune, il quale a volte prima di incappare in illogicità dovrebbe capire che c’è un tempo per parlare e un tempo per tacere. 

Dopo gli incontri di Tempo al Tempo viene voglia di tornare a Ippona, da Sant’Agostino e dalla sua domanda, di sedersi con lui per una lunga serata davanti al fuoco su un rustico scranno. Le cose che gli racconteremmo lo farebbero spesso sobbalzare, da persona intelligente riconoscerebbe come sbagliate molte delle sue tesi e, chissà, magari le ritratterebbe. Ma forse saremmo noi ancora in imbarazzo se, di fronte alla sua insistenza, dovessimo spiegargli cos’è realmente il tempo.