Terapie sempre più su misura:
solo così si possono combattere
i 200 diversi tipi di cancro

Intervista a Karen Knudsen, relatrice d’eccezione al ciclo di conferenze organizzato dallo IOR. Immunoterapia e teranostica due settori in forte crescita. Fondamentali la prevenzione e la diagnosi precocedi Simone Pengue
È possibile vincere la battaglia contro il cancro? «Dipende da cosa si intende con “vincere”, giusto?». Risponde così a Ticino Scienza, pragmaticamente ottimista, Karen Knudsen, biologa e neo-amministratore delegato del Parker Institute for Cancer Immunotherapy (San Francisco), che riunisce alcuni dei maggiori centri di ricerca oncologica statunitensi. Knudsen è stata relatrice d’eccezione, il 21 marzo, al ciclo di conferenze organizzato a Bellinzona dall’Istituto Oncologico di Ricerca, affiliato all’Università della Svizzera italiana (le conferenze, supportate dalla European School of Oncology Foundation, sono una delle principali attività accademiche del Programma di Dottorato internazionale in biologia del cancro e oncologia). «Quello che credo sia davvero possibile - continua la ricercatrice - è porre fine al cancro per come lo conosciamo oggi (ed è proprio questo il messaggio che è stato scelto come visione dall’American Cancer Society, di cui Knudsen è stata amministratore delegato, ndr)».
“Cancro” è un nome che, in realtà, racchiude oltre duecento malattie, e per ciascuna di esse la battaglia va combattuta in modo diverso. Insomma, l’idea di “vittoria” - suggerisce Knudsen - dipende dal tipo di tumore: in alcuni casi l’arma decisiva può essere la prevenzione, in altri le cure innovative come quelle legate all’immunoterapia, in altri ancora la diagnosi precoce e gli screening di massa, e così via.
Ad esempio, i sei tipi diversi di tumore causati dal papillomavirus (HPV) possono essere prevenuti attraverso la vaccinazione, come spiega Knudsen: «Stiamo già vedendo risultati concreti con il tumore del collo dell’utero. Vaccinando le ragazze prima che raggiungano l’età in cui questo tumore potrebbe svilupparsi, riusciamo a impedirne del tutto la comparsa. Questo è chiaramente un successo, una vera e propria vittoria». In altri casi, dicevamo, la strategia vincente è invece la diagnosi precoce, come succede per il tumore della prostata, dove «la prevenzione in senso stretto è più difficile - dice Knudsen - perché non conosciamo bene i fattori di rischio. Tuttavia, se lo individuiamo abbastanza presto, con una serie di analisi e controlli regolari, possiamo trattarlo in modo efficace e aiutare il paziente ad avere una vita libera da cancro alla prostata».
Ci sono però altri tipi di tumore che, in base alle conoscenze attuali, non potremo evitare del tutto, o che potrebbero evolvere in forme più aggressive. Tra questi, un esempio è il tumore al pancreas, per cui oggi non esistono tecniche di diagnosi precoce e sono poche anche le strategie terapeutiche efficaci, quando compaiono i sintomi della malattia. Solo la scienza ci permetterà di capire come affrontarlo su larga scala. Infatti, la migliore conoscenza dei tumori che emerge anno dopo anno sta cambiando il campo di battaglia, man mano che si mettono a fuoco le loro caratteristiche. «Più facciamo ricerca, più ci rendiamo conto di quanti tipi diversi di cancro esistano - continua Knudsen. - Ad esempio, io sono abbastanza "anziana" da ricordare quando si pensava che il tumore al seno fosse una sola malattia. Ora sappiamo che ne esistono almeno cinque tipi diversi, con numerosi sottotipi. Ognuno ha cause differenti e richiede trattamenti specifici. Questa, per certi aspetti, è una buona notizia: più riusciamo a suddividere e comprendere questi tumori, migliori saranno le prospettive di sopravvivenza per i pazienti, grazie a terapie mirate sul tipo specifico di cancro che hanno». La professoressa ripone inoltre grande speranza nella immunoterapia oncologica. Una delle sfide in questo ambito è quella di arrivare a sviluppare vaccini personalizzati, e diretti contro proteine specifiche presenti solo sulle cellule tumorali.
Nel settore diagnostico una delle grandi promesse del futuro è invece la teranostica, una tecnica che permette di utilizzare una singola molecola radioattiva sia per visualizzare le metastasi che per indirizzare con precisione i farmaci contro queste cellule tumorali.
Inoltre, proprio come tutta la medicina sta beneficiando molto dell’intelligenza artificiale, anche l’oncologia vedrà applicazioni importanti: «Ad esempio - dice Knudsen - migliorando l’interpretazione delle immagini diagnostiche e aiutando a prevedere l’andamento della malattia nei singoli pazienti».
L’impegno dell’American Cancer Society e di altre grandi associazioni oncologiche, in ogni caso, va molto oltre la cartella clinica e si estende fino alla qualità della vita dei pazienti e dei loro famigliari. «Le persone vogliono vivere bene - commenta Knudsen. - La prevenzione e la cura restano fondamentali, ma la qualità della vita sta diventando sempre più centrale anche nella ricerca sul cancro». Le attenzioni in questo ambito possono ad esempio vertere su un alloggio per permettere alla famiglia di essere vicino al paziente durante la convalescenza, ma riguardano anche quelle che negli Stati Uniti vengono chiamate “conversazioni sugli obiettivi di cura”. «Si tratta di parlare con il paziente e chiedergli: “Che cosa è importante per te? Quanto dolore sei disposto a sopportare? Ci sono eventi della vita a cui tieni particolarmente (eventi a cui vuoi assolutamente partecipare)?” - spiega Knudsen. - Tutte queste considerazioni servono a orientare insieme al paziente la scelta terapeutica. Perché oggi esistono diverse opzioni che possono prolungare la vita, ma possono avere un impatto molto diverso sulla qualità della vita stessa. Negli Stati Uniti questo sta diventando sempre più un tema centrale nel dialogo medico-paziente: non si tratta solo di far vivere il più a lungo possibile. Per quanto possa essere difficile ammetterlo, a volte non è questo ciò che il paziente desidera davvero».