oncologia

Caccia alle cellule "traditrici"
del sistema immunitario
che aiutano il tumore al seno

Domenica 18 aprile 2021 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache

Studi di Arianna Calcinotto (IOR), che è stata premiata con la Peter Hans Hofschneider Professorship, un importante riconoscimento attribuito a giovani scienziati per risultati di particolare valore
di Michela Perrone

A 36 anni ha vinto un prestigioso premio per giovani ricercatori che assicurerà al suo team risorse per i prossimi 5 anni. Arianna Calcinotto è stata premiata a marzo con la Peter Hans Hofschneider Professorship, un riconoscimento che la fondazione zurighese Stiftung Experimentelle Biomedizin attribuisce ogni due anni a giovani scienziati per risultati di particolare valore. Questa è solo la terza volta che il premio della Fondazione zurighese viene conferito in Svizzera. 

Calcinotto è all’Istituto oncologico di ricerca (IOR) dal 2015 e alla fine del 2019 è diventata la più giovane group leader della struttura specializzata in oncologia. Nel suo passato vanta esperienze internazionali e una pubblicazione su Nature, tra le riviste scientifiche più prestigiose al mondo. Il filo rosso della sua esperienza professionale si dipana attorno all’immunologia del cancro: «Ho iniziato cercando di capire come riattivare le cellule del sistema immunitario inibite dal tumore – racconta –. Si tratta di un ambito abbastanza conosciuto e nel quale ci sono solide prove scientifiche. Poi, però, ho imboccato una strada meno battuta e ho iniziato a studiare come il sistema immunitario possa essere “corrotto” dalle cellule tumorali in modo da favorire la progressione del cancro, invece di ostacolarla».
Un tumore per diffondersi deve infatti essere aiutato dalle cellule del nostro organismo. In particolare, Calcinotto si è messa a studiare le cellule mieloidi, che appartengono al nostro sistema immunitario ma che, invece di proteggerci, finiscono per passare con l’esercito nemico. Quello del tumore, appunto. «Possiamo pensare a queste cellule come a degli adolescenti – esemplifica Calcinotto. – Sono forti e muscolarmente pronti, ma un po’ plagiabili e non hanno una piena consapevolezza dei loro comportamenti e soprattutto delle conseguenze delle loro azioni». Nel momento in cui il tumore lancia loro messaggi ambigui, si fanno corrompere facilmente e usano la loro forza e la loro tenacia per favorire la progressione tumorale invece di arrestarla. «Tornando alla metafora, sono molto a rischio di finire in brutti giri» – sorride la ricercatrice.

Nella sua carriera Calcinotto ha studiato vari tipi di cancro: il melanoma, quello della prostata, il mieloma multiplo, alcuni tipi di leucemie, di nuovo la prostata e infine il tumore al seno. «Più che un tumore specifico, il mio filone di ricerca è sempre stato la risposta immunitaria nel cancro», spiega. I risultati più importanti li ha raggiunti nel gruppo di Andrea Alimonti, sempre allo IOR: il team ha studiato il ruolo delle cellule del sistema immunitario come attivatore del cancro alla prostata. «Si tratta di un tumore ormono-dipendente (in particolare, viene alimentato dal testosterone, ndr), e la terapia principale consiste nel bloccare l’azione di questi ormoni – spiega la ricercatrice. – Ci siamo chiesti se le cellule mieloidi, che erano molto presenti all’interno del tumore, potessero inficiare la terapia anti-ormonale. Quello che abbiamo dimostrato è che questa popolazione di cellule, grazie a un particolare fattore chiamato interluchina 23, è in grado di attivare dei geni pro-sopravvivenza all’interno della cellula tumorale».
Il gruppo ha quindi visto che quando gli ormoni vengono bloccati dalla terapia anti-ormonale, queste cellule mieloidi, che in teoria dovrebbero difenderci, in realtà fanno proliferare il cancro. Il lavoro è stato pubblicato su Nature nel 2018 e ha fatto fare il salto di qualità a Calcinotto: «A quel punto ho iniziato a guardarmi intorno per provare a costruire un gruppo mio - racconta. - Allo IOR ho trovato terreno fertile: sebbene sia un istituto relativamente piccolo, se cSomparato a quelli americani, produce una ricerca di qualità molto alta che nulla ha da invidiare ai colleghi di oltreoceano». 

Dalla fine del 2019 Calcinotto è quindi direttore del laboratorio di immunoterapia del cancro all’istituto di Bellinzona e si occupa di tumore al seno. «Abbiamo colmato un vuoto per l’istituto e per il Ticino in generale, avviando una preziosa collaborazione con il Centro di Senologia della Svizzera italiana e lo IOSI» - racconta.
E qui arriviamo all’ambizioso progetto che le è valso il riconoscimento dello Stiftung Experimentelle Biomedizin: «Quello al seno - spiega - è un tumore molto eterogeneo, che a volte riesce a formare cloni aggressivi e resistenti alle terapie, capaci di essere causa di recidive anche a distanza di 5 o 10 anni dalla prima comparsa della malattia».
L’ipotesi del gruppo di Calcinotto è che le cellule del sistema immunitario possano avere un ruolo attivo in questo processo di generazione di cloni più aggressivi. E di quali cellule potrebbe trattarsi, se non delle mieloidi, i nostri adolescenti un po’ plagiabili? Il team sta quindi studiando come queste sottopopolazioni di cellule possano influenzare l’evoluzione clonale all’interno del tumore sottoposto a terapie anti-ormonali. «Si tratta di capire - continua Cancinotto - quali sono i meccanismi molecolari attraverso i quali le cellule mieloidi inducono delle mutazioni, spingendo la cellula tumorale a cambiare per diventare un clone tumorale resistente alla terapia, o capace di metastatizzare».

Calcinotto è una delle due donne a capo di un laboratorio allo IOR: «Credo che oggi sia un momento ottimo per le giovani ricercatrici – afferma. – C’è una sensibilità nuova e una maggiore attenzione alle quote rosa anche all’interno degli Istituti. Per una volta approfittiamone!», strizza l’occhio.  

 


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tumore al seno
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tumore della prostata
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