Animazioni 3D, installazioni,
suoni: così arte e scienza
diventano "narrazioni ambientali"
Conversazione al LAC di Lugano con Jakob Kudsk Steensen, figura innovativa a cavallo fra mondi diversi. L’incontro nell’ambito del progetto SciArt, organizzato dalla IBSA Foundation e dal MASIdi Antonio Armano
In un’epoca in cui scienza e tecnologia si sono prese la ribalta della storia forse per sempre, artisti come Jakob Kudsk Steensen sfruttano le innovazioni per una riflessione sul rapporto tra la specie più invasiva del Pianeta e l’ambiente naturale. Intelligenza artificiale, videogiochi, musica e altre discipline contribuiscono a creare un’esperienza artistica complessa e profonda attraverso grandi installazioni ambientali. Ne risulta un’opera frutto di una ricerca culturale innovativa ma anche di un lungo lavoro sul campo in mezzo mondo. Si pensi alla riproduzione della grotta del ghiacciaio svizzero di Arolla, nelle Alpi vallesane, in seguito distrutta dal cambiamento climatico.
Neanche quarantenne, laureato in storia dell’arte a Copenhagen, Steeensen è una delle figure emergenti della “narrativa ambientale”. Ticino Scienza lo ha intervistato in occasione della sua partecipazione, il 15 maggio, a SciArt Switzerland, un progetto su Arte e Scienza organizzato da IBSA Foundation per la ricerca scientifica, LAC Lugano Arte Cultura, e MASI (Museo d’arte della Svizzera italiana).
Il fisico Carlo Rovelli sostiene che, se mai esisterà una macchina del tempo, solo viaggi verso il futuro saranno possibili. Facendo finta che non sia vero, in quale periodo vorrebbe andare (non senza ritorno, ma una volta nella vita)? E perché?
«Proprio in questo momento - risponde Steensen - mi interessa molto l’architettura gotica, in particolare l’origine delle cattedrali come strumenti musicali che amplificano il canto corale. Pilastri fatti di animali che si trasformano, gargoyle che spuntano dai tetti, un cane con testa di pesce… E simili strani elementi gotici si trovano nei dettagli nascosti. Quindi penso che tornerei indietro al XII secolo o dintorni, per cercare di vivere come artefice di creature animali destinate alle architetture gotiche. C’è qualcosa di intrigante, la purezza degli ideali religiosi cristiani contro la più pagana architettura con dettagli nascosti di creature animali. Penso che in questo momento stiamo vivendo qualcosa di simile. Le motivazioni razionali della tecnologia, di una vita normativa lineare, contro ecosistemi impazziti, Intelligenze Artificiali che generano nuove idee, mondi di videogiochi che ci mostrano l’accesso a realtà strane e diverse, colorate».
Quali sono i limiti della scienza? Vivere in altri pianeti? Vita eterna? Quale barriera, una volta considerata invincibile, verrà infranta?
«La paura dell’antropomorfismo impedisce alla scienza di avere un forte impatto sul modo di essere e di vivere delle persone nel mondo. Abbiamo bisogno di animare la conoscenza, di renderla viva, per farla risuonare con noi emotivamente, psicologicamente e alla fine in termini di scelte da compiere. In realtà, come animali umani, non prendiamo decisioni puramente razionali. Le emozioni, i corpi, l’immaginazione ci influenzano di più. Quindi non dobbiamo temere di raccontare storie scientifiche del mondo naturale in modo più giocoso, metaforicamente, in modo che si sentano collegati a noi».
Quale effetto ha avuto su di Lei la notizia dello scioglimento del ghiacciaio in Svizzera dove ha lavorato? Come si è sentito?
«Ho provato tristezza. Un luogo che conoscevo se n’era andato, scomparso, per sempre, eternamente inaccessibile. Sono contento di aver digitalizzato la grotta glaciale Arolla prima del suo crollo».
Come ha vissuto il periodo della pandemia di Covid? Dove l’ha passato? È stato stimolante? Ha usato una di queste stimolazioni nel Suo lavoro?
«Ho vissuto nel sud della Francia. Ad Arles. Ho trascorso un anno a lavorare con il suono e le registrazioni 3D delle zone umide della Camargue. In un certo senso ho vissuto in una realtà molto vicina alla terra, mentre abitavo anche una realtà digitale, trasformando il mio tempo trascorso nella palude in un mondo virtuale e in un’esperienza».
Dopo una grande attenzione allo sforzo della scienza medica per salvare vite umane, siamo stati improvvisamente sopraffatti dalle notizie sulla tecnologia della distruzione. Come ha vissuto questo cambiamento? Pensa all’impatto delle guerre sull’ambiente?
«Con la distruzione degli ecosistemi attraverso la guerra, intere specie, ma anche i loro habitat, vengono persi per sempre. Tuttavia, sono anche tra i primi a tornare dopo che gli umani se ne vanno. Ci penso, sì. Ma penso anche a quanto potenti siano le connessioni strette con un ambiente. Ti rendono resiliente. E un territorio locale ha spesso una resilienza intrinseca».
Come possono cooperare l’arte, la tecnologia e la lotta per la tutela ambientale per salvare il pianeta, preservare la natura, e così via?
«Penso che abbiamo bisogno di vedere questi elementi olisticamente partecipare insieme, nella consapevolezza che scienza, arte, mitologia, cultura, hanno ciascuna un ruolo da svolgere, ma non possono salvare il mondo da sole. Hanno bisogno di connettersi molto di più e ascoltare, avere comprensione l’un l’altra».
Qualcuno ha detto che la tecnologia si sta sviluppando così velocemente che non possiamo capirla e dobbiamo prevedere il presente. La fantascienza è difficile in questo momento se non impossibile? In quale direzione lavorerebbe come artista? Quale evoluzione è attraente per Lei?
«La fantascienza è una delle mie più potenti fonti di ispirazione. Trovo che la letteratura arrivi spesso centinaia di anni prima di altri formati culturali. Mary Shelley scrisse delle modificazioni del corpo attraverso la scienza, nel 1800. Le sue idee sul tema della modificazione genetica, dell’etica della vita attraverso la tecnologia, sono oggi molto rilevanti. Penso che la fantascienza sia uno degli strumenti più importanti che abbiamo. Ma non la fantascienza d’azione, i formati convenzionali. Abbiamo bisogno di nuove forme di fantascienza».