intelligenza artificiale

Così è ChatGPT, la "cyber-mente"
che tanto ci affascina, anche se
ancora non sa di sapere...

Lunedì 17 aprile 2023 circa 6 minuti di lettura In deutscher Sprache
Una foto dell’agenzia Shutterstock generata da un sistema di intelligenza artificiale
Una foto dell’agenzia Shutterstock generata da un sistema di intelligenza artificiale

Sala gremita al Campus est di Viganello per ascoltare Luca Gambardella e Andrea Scarinci, impegnati a raccontare come funziona il nuovo sistema di elaborazione del linguaggio e quali conseguenze potrà avere
di Cesare Alfieri

Secondo molti l’apparizione di ChatGPT (acronimo che condensa la criptica dicitura Generative Pre-trained Transformer) ha sancito un momento storico, uno di quelli in cui l’essere umano si ferma attonito per sentenziare, con malinconia o entusiasmo a seconda dei caratteri, che niente sarà più come prima. La pervasività del fenomeno è stata repentina: il primo milione di utenti viene raggiunto nell’arco di soli cinque giorni polverizzando il record di Instagram, che impiegò due mesi e mezzo. A fine gennaio 2023, a due mesi dal lancio, 100 milioni di utenti già dialogavano con ChatGPT.
L’intelligenza artificiale (IA) è realtà, dalla fantascienza passa nella tasca di tutti e chiunque può intrattenerci una conversazione, gratuitamente (finora…).

Da oltre un trentennio, Lugano si è abituata a seguire in prima fila l’incalzante galoppata tecnologica dell’IA grazie al ruolo attivo che vi ha svolto l’Istituto Dalle Molle, affiliato all’USI-SUPSI. Non stupisce allora che il 31 marzo scorso, al Campus est di Viganello, l’esperto internazionale del settore nonché prorettore USI Luca Gambardella, e Andrea Scarinci di Lugano Living Lab, abbiano spiegato a una sala gremita cosa significa l’intelligenza artificiale, cos’è ChatGPT, cosa fa, perché ci sbalordisce.

UNA DIFFICILE DEFINIZIONE - Prima di mostrare il potere di ChatGPT, il professor Gambardella esordisce con distinzioni che sfociano nella filosofia: cosa vuol dire “intelligenza”? L’intelligenza artificiale può arrivare a livello di quella umana? Sono domande che da decenni accendono i toni del dibattito fra i seguaci delle contrapposte scuole di pensiero dei filosofi americani John Searle e Daniel Dennett. Il primo sostiene l’impossibilità di un’IA “forte”, che risulti cioè in tutto e per tutto indistinguibile da quella umana. Per Searle occorre infatti distinguere uno stato che Gambardella definisce “mente”, in cui sono racchiusi gli stati soggettivi dell’esperienza, la coscienza e soprattutto la consapevolezza di sé, da un’intelligenza più prettamente logico-matematica fatta di dati e algoritmi, in linea di principio impiantabili in un calcolatore.
Se per Searle la mente è irriducibile alla sola intelligenza, Dennet è del parere che la mente non esista affatto, ma che sia una nostra cattiva interpretazione dell’estrema complessità nei collegamenti sinaptici del cervello. Tutto ciò che ci passa per la testa potrà in ultima istanza essere descritto in termini di programmi che elaborano input per fornire output, dice Dennett. Se così fosse, una macchina deve essere in grado di riprodurre e addirittura superare il cervello: più umano dell’umano. Se ancora non ci riesce, è solo per motivi tecnologici e non epistemologici: l’IA forte sarebbe solo questione di tempo.

IL TEST DI TURING - Nessuno, nemmeno Gambardella, sa sbilanciarsi su corde tanto tese. In fondo, la questione se una macchina possa “pensare” nel senso più nobile del termine è poco pragmatica. Lo è invece il famoso test di Turing, laddove si sostiene che una macchina, per poter essere definita intelligente, debba poter dialogare con un essere umano senza che questi si accorga di parlare con un’IA. Al giorno d’oggi, nessuna macchina ha mai superato il test di Touring, ma con l’avvento di ChatGPT, anche se non raggiunto, il risultato appare drasticamente più vicino.

DIALOGARE CON ChatGPT - Gambardella mostra un suo dialogo con ChatGPT, che sa rispondere alla domanda “cosa sei?” Si autodefinisce un algoritmo di costruzione di testo, che sa mettere insieme le parole che hanno maggior probabilità di stare bene assieme, che stocasticamente saranno la migliore risposta alla domanda che gli si pone. ChatGPT ha letto ogni cosa in ogni lingua (compresi linguaggi di programmazione), tutto quello che la rete ha messo a disposizione fino a settembre 2021 e può apprendere automaticamente: nessuno è mai stato così colto. ChatGPT può creare un testo (o anche un’immagine) su qualunque argomento; se glielo si chiede ne cambia il tono rendendolo professionale, ironico, drammatico, scritto con il mio stile, se ha prima letto qualche riga scritta da me. Le possibilità di personalizzazione sono infinite e il risultato è quasi sempre sorprendentemente buono. Un motore di ricerca come Google appare preistoria e infatti il colosso arranca per lanciare il prima possibile la sua IA: perché perder tempo a cercare, se posso chiedere in modo mirato a ChatGPT? Attenzione però: ChatGPT non pretende di essere infallibile. OpenAI, la no profit californiana che l’ha creato, è chiara nello scaricare ogni responsabilità a riguardo. Infatti quando Scarinci richiede un testo sulle piramidi cilindriche (che non possono esistere!) o sulla squisita luganiga ripiena di canditi (peggio della piramide cilindrica), ChatGPT tra l’ilarità del pubblico diligentemente ne crea uno, che sembra quasi credibile. ChatGPT dimostra così di essere ancora stupida, o meglio un’IA debole, che non sa di sapere, né socraticamente sa di non sapere. Le manca consapevolezza e fa “solo” quello per cui è programmata: mettere in fila parole nel modo migliore, cioè quello più probabile.

GRANDI CAMBIAMENTI - Ciò nondimeno lo fa bene, considerando che ha meno di mezzo anno di vita e non potrà che migliorare rapidamente. L’impatto sulle nostre vite sarà incalcolabilmente grande, dall’educazione al mondo del lavoro. Quale allievo scriverà un tema, redigerà una ricerca, si impegnerà in un riassunto? Come si farà a spiegare che ha senso farlo? Ce l’avrà, in fondo? Scarinci sdrammatizza definendolo solo un nuovo modo di barare fra i tanti che sono sempre esistiti, come copiare dall’enciclopedia, dal compagno diligente. Invece la differenza è rimarchevole: l’enciclopedia era da leggere, il compagno era da persuadere, attività che richiedono rispettivamente impegno e diplomazia. La pigrizia intellettuale sarà il “cadeau empoisonné” (il regalo avvelenato) di ChatGPT, temono molti. Altri temono per il loro lavoro, quel fare che contribuisce a definire la nostra identità e posto nel mondo. ChatGPT potrebbe svolgere per ogni mansione che fa della creazione di testo il suo scopo (dal pubblicitario al giornalista, dall’avvocato al programmatore) il ruolo che la robotizzazione nelle fabbriche ebbe per gli operai. Sarà traumatico per molti, ma probabilmente, come è avvenuto in passato, dalle ceneri del passato si creeranno nuove professioni per un mondo che si rinnova, sempre in accelerazione.

ChatGPT tocca nervi profondi e forse in coloro che la temono si risvegliano gli spettri dell’umanità tediata e inetta dipinta nel capolavoro visionario della Pixar Disney “Wall-E”; ma è anche un risultato immenso, in cui tanta intelligenza naturale si è spremuta per dare il proprio meglio. Pensando a ChatGPT viene alla mente l’aggettivo δεινός (deinòs), che in greco antico significa allo stesso tempo terribile e stupendo, straordinario e spaventevole. Lo usa il grande Sofocle, quando il coro della sua Antigone canta: “Molte sono le cose deinà, ma nulla lo è più dell’uomo”. Solo che adesso, forse per la prima volta, al posto dell’uomo c’è una macchina.