L’OPINIONE

Lo smartphone? Può
essere anche un alleato
e non solo un “nemico”

Laura Marciano
Mercoledì 14 settembre 2022 circa 8 minuti di lettura In deutscher Sprache

di Laura Marciano
Ricercatrice presso l'Harvard T.H. Chan School of Public Health, Boston

Lo smartphone è diventato compagno di tutti i giorni dei giovani adolescenti di oggi, ampliando per molti aspetti i loro orizzonti e le possibilità di contatto, ma esponendoli anche a rischi di cui non sono sempre consapevoli. A questi temi è dedicato il 10° volume della collana abbinata a “Let’s Science”, il progetto di divulgazione scientifica per i ragazzi che la IBSA Foundation for Scientific Research - in collaborazione con il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) - organizza a Villa Saroli (Lugano) dal 12 al 17 settembre. L’obbiettivo di questo volume, intitolato Lo smartphone: alleato o nemico? e pubblicato dall’editore Carocci, è quello di capire meglio, da un punto di vista scientifico, la ricerca che è stata svolta su questo tema. Si parla di uso dello smartphone in modo consapevole versus problematico e perchè i giovani di oggi sono più a rischio di sviluppare condotte “dipendenti”.
Diciamo subito che, in generale, la ricerca scientifica si è focalizzata finora di più sulle conseguenze negative, rispetto a quelle positive, dell’uso delle nuove tecnologie. Alcuni studi pubblicati nel 2018, in particolare, hanno evidenziato come, in un campione di più di un milione di adolescenti statunitensi, il benessere mentale fosse stabile o in aumento dal 1991 al 2011, seguito da un notevole calo tra il 2012 (anno in cui più del 50% dei giovani possedeva uno smartphone) e il 2016. Sebbene il calo descritto fosse piccolo, era anche "insolito" per un lasso di tempo così breve. In particolare, le attività che non richiedevano l’uso degli schermi (ad esempio interazioni sociali faccia a faccia, compiti a casa, sport, letture) erano correlate a maggiore felicità nel tempo, mentre le attività basate sugli schermi (ad esempio uso di social media, Internet, messaggi di testo, chat video, guardare la TV, giochi) erano correlate a minor benessere. Tuttavia, pensare che le nuove tecnologie facciano male è una generalizzazione poco fondata. Infatti, gli autori hanno anche trovato supporto per ciò che viene definita la “digital Goldilocks hypothesis” (ipotesi dei riccioli d’oro digitali), secondo cui un uso moderato – “appena giusto” (just right) – delle tecnologie digitali non sarebbe intrinsecamente dannoso. In altre parole, quando l’uso dei media digitali è troppo elevato, ciò potrebbe andare a scapito di altre attività offline. Se, d’altra parte, è nullo, può privare i giovani di acquisire informazioni importanti e di connettersi con i coetanei. Questa relazione tra uso delle tecnologie e benessere può essere quindi descritta non come lineare ma a U-rovesciata.

IL CICLO DI SISIFO - Inoltre, è bene ricordare che lo studio degli effetti negativi delle tecnologie sia frutto di quello che è stato chiamato “il ciclo di Sisifo del panico tecnologico”. In questo ciclo, gli esperti sono incoraggiati a dedicare tempo a come le nuove tecnologie influiscano su bambini e giovani, per calmare una popolazione preoccupata. Tuttavia lo sforzo può essere reso inefficace a causa della mancanza di una base teorica: i ricercatori, cioè, non possono basarsi su ciò che è stato appreso facendo ricerche sulle tecnologie del passato (perché quelle digitali, ovviamente, non esistevano). Pertanto, lo studio accademico apparentemente riparte  da zero per ogni nuova tecnologia di interesse, il che rallenta la politica e gli interventi necessari per garantire che le tecnologie stesse vadano a vantaggio della società. I timori che abbiamo oggi per i social media, infatti, fanno da eco a quelli erano i timori per la dipendenza “da radio” nel passato. Con ogni nuova tecnologia trattata come completamente separata da qualsiasi tecnologia precedente, i ricercatori affrontano regolarmente le stesse domande per risolvere questo “panico”. Ogni decennio le nuove tecnologie entrano nella vita umana e creano preoccupazioni diffuse sui loro effetti nei confronti dei più vulnerabili della società.
Detto ciò, possiamo capire come sia inevitabile preoccuparsi di come smartphone e social media possano influenzare il benessere, soprattutto dei giovani, dall’altro però dobbiamo essere consapevoli che il ciclo si ripete, e non può che continuare all’infinito. Quindi, qualsiasi soluzione per un uso sano e bilanciato dovrebbe partire dalla persona, in modo che qualsiasi sia il prossimo dispositivo digitale o applicazione, le competenze e conoscenze necessarie a promuovere il benessere siano sempre fondate teoricamente e messe in primo piano.

LA NUOVA NORMALITÀ - Questi aspetti sono particolarmente importanti quando si parla di “uso problematico” delle nuove tecnologie, soprattutto considerando che il costante accesso alle tecnologie dei media digitali e al loro utilizzo quotidiano è considerato come una "nuova normalità". Soprattutto dopo la pandemia del Covid-19, non è facile delineare cosa sia un comportamento digitale problematico. Per delineare i due concetti e identificare quando e come l’uso dei media digitali può passare a un uso problematico, dovremmo prima esaminare la storia e la teoria che deriva dal concetto di "dipendenza comportamentale”. Questo concetto si distingue dalle classiche forme di dipendenza in quanto è il comportamento, e non una sostanza, a creare “dipendenza”. In particolare, tutto ciò che viene messo in atto in modo intenso (per durata), ripetitivo (per frequenza) e problematico (nelle relazioni sociali, a scuola, al lavoro) può causare problemi sostanziali, indipendentemente dalla natura dell’attività. Le persone possono giocare d’azzardo, ai videogiochi, utilizzare Internet, impegnarsi in attività sessuali, fare acquisti, fare esercizio fisico, mangiare o addirittura abbronzarsi eccessivamente. Però non tutti questi comportamenti possono essere descritti come “diagnosi psichiatriche”, per cui sono necessari dati scientifici e ricerca clinica. Al momento, solo due sono i disturbi riconosciuti, ossia il Disturbo da gioco d’azzardo e il Disturbo da gioco online. Invece, ciò che viene definito come “dipendenza da Internet” o “social media” non è una vera diagnosi, per questo ci si riferisce a questi concetti con il termine di “uso problematico”. Inoltre, ansia, depressione, impulsività e problemi d’attenzione sono stati descritti in associazione all’uso problematico. Però, in questo caso, viene prima l’uovo o la gallina? Difficile dirlo, anche perchè ciò che si osserva è spesso un circolo vizioso. Ossia, chi usa in modo eccessivo e problematico Internet e social media sviluppa poi altri sinotmi, e, viceversa, chi già presenta sintomi presenta nel tempo una condotta problematica anche nel mondo digitale. È difficile poter differenziare, soprattuto oggi dove un gruppo “di controllo” (ossia di giovani senza smartphone) manca!

LE RICERCHE CON LE APP - Tuttavia, vari tipi di disegni di ricerca possono essere utilizzati, insieme a diverse fonti di dati. In particolare, oggi si può fare ricerca sullo smartphone con lo smartphone, usando alcune applicazioni che, una volta installate, permettono di tracciare i dati in modo automatico e inviare brevi domande giornaliere. Possiamo dire che siamo quasi sul punto di cambiare il paradigma scientifico in questo ambito: con nuove modalità di raccolta e analisi dei dati, siamo ora in grado di ottenere risultati e fare previsioni per una singola persona e testare per quanti partecipanti un’ipotesi valga o no.
Tramite questi studi sappiamo che gli effetti dell’uso dei media digitali, qualunque sia il segno, sono piccoli e misti. Infatti, gli effetti dell’uso dei social media possono essere negativi, positivi o nulli, a seconda della persona e della situazione: ogni persona ha caratteristiche proprie e vive in contesti sociali unici, e queste variabili guidano il loro uso di smartphone e social medie. Nell’adolescente, questi effetti sono ancora più accentuati perchè il cervello è in via di sviluppo. In particolare, in adolescenza in cui il sistema di controllo non riesce bene a gestire quello della gratificazione. Per questo si può pensare al cervello dell’adolescente come una macchina con un motore turbo ma con freni malfunzionanti. Inoltre, il cervello dell’adolescente risponde agli stimoli sociali in un modo unico rispetto a bambini e adulti: il mondo sociale è essenziale per lo sviluppo di capacità cognitive elevate e senso di auto-efficacia rispetto all’ambiente, oltre che per lo sviluppo della propria identià e autonomia e di relazioni significative. Questa “fame sociale” può essere espressa molto facilmente tramite i social media, che quindi possono amplificare gli effetti sia positivi (ad esempio, connessioni sociali) che negativi (ad esempio, cyber-bullismo).
Per aumentare un uso “sano e consapevole” io spesso faccio riferimento al fatto che la differenza tra un entusiasmo eccessivo ma sano e una dipendenza è che “l’entusiasmo sano aggiunge alla vita mentre la dipendenza porta via”. Per non lasciare che una nuova tecnologia digitale (ad esempio, i social media) influenzi il benessere in modo deterministico, non dbisogna vedere questa tecnologia come una base e agente di cambiamento, su cui le persone hanno poco potere di controllo. Ma è tramite la conoscenza di ciò che fa bene o male, di ciò che è utile o eccessivo, che ognuno di noi può gestire il proprio uso della rete e capire quando Internet è usato in modo adattivo o maladattivo, a seconda delle proprie esigenze e periodo di sviluppo. Un uso sano e adattivo della rete è presente quando ci si collega per un periodo di tempo ragionevole, e quando Internet viene usato come uno strumento utile a uno scopo preciso piuttosto che una fonte di ricerca della propria identità. Inoltre, gestire il proprio tempo – la risorsa più preziosa che abbiamo e che nessuno può ridarci indietro – è oggi ancora più fondamentale, soprattutto considerando la facilità con cui possiamo essere distratti.