Ecco Eolab, dove i computer lavorano giorno e notte
per identificare le infezioni
Potenziato nel settembre 2023 con un investimento di tre milioni di franchi, il laboratorio di analisi dell’Ente Ospedaliero Cantonale si appresta adesso a introdurre un nuovo sistema di intelligenza artificialedi Benedetta Bianco
Più del 70% delle diagnosi cliniche sono rese possibili solo grazie alle analisi eseguite nei laboratori di diagnostica, e la percentuale è ancora più alta se ci limitiamo a considerare le infezioni dovute ad agenti patogeni (batteri, virus e altri): basta questo dato per capire l’importanza di queste strutture, che lavorano senza sosta dietro le quinte, come è avvenuto anche durante l’emergenza COVID. E basta questo anche per comprendere la necessità di migliorare costantemente l’efficienza e i tempi di risposta dei laboratori: una strada intrapresa già da tempo dall’EOLAB dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), con il suo centro di competenza per la microbiologia in Ticino, in particolare per la diagnosi e il controllo delle malattie infettive cliniche e veterinarie. L’ultimo passo avanti è stato compiuto proprio nell’ultimo anno, grazie a un investimento da oltre 3 milioni di franchi che ha permesso di potenziare notevolmente l’automazione, una caratteristica sempre più necessaria nel campo della diagnostica. «Una volta, i laboratori riuscivano ad effettuare poche decine di analisi al giorno - ci spiega Franco Keller, direttore dell’Istituto di Medicina di Laboratorio dell’EOC. - Oggi, grazie all’automazione, se ne riescono a fare più di 10.000».
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I lavori di ristrutturazione hanno permesso di fare spazio per il WASPLab, il sistema entrato in funzione a partire da settembre 2023, che ha consentito di automatizzare in particolare le fasi di semina, incubazione e lettura dei campioni, con lo scopo di identificare il patogeno (se presente) e di testarne anche la resistenza agli antibiotici, fornendo quindi informazioni essenziali per la terapia da adottare. Per il processo alla base delle analisi microbiologiche, tuttavia, non è affatto semplice passare da un sistema manuale ad uno automatizzato. «Installare un’apparecchiatura di questo tipo non vuol dire limitarsi a spingere un bottone – chiarisce Keller. – È un processo molto complesso, perché il sistema deve essere istruito, allenato e settato sulle specifiche esigenze del laboratorio». Inoltre, è stato necessario modificare e adattare tutto il flusso di lavoro dei tecnici di laboratorio: il tempo dedicato alla parte più manuale dell’analisi si può ora impiegare per le fasi più concettuali, ma anche per la gestione e la manutenzione».
I vantaggi guadagnati sono, però, importanti: «Possiamo sintetizzarli così: standardizzazione (perché a manipolare i campioni è un unico sistema automatico), tracciabilità e possibilità di monitorare tutte le fasi del procedimento tramite immagini» - dice Linda Müller, responsabile del servizio di microbiologia. - E poi, ancora, il minor numero di contaminazioni dei campioni, perché la maggior parte entrano direttamente nella catena senza essere prima manipolati, e una grande armonizzazione dell’intero processo». Prima, infatti, le analisi dei campioni ricevuti la sera non potevano essere avviate immediatamente, perché avrebbero richiesto la presenza di personale al lavoro durante la notte per rispettare le tempistiche corrette, mentre adesso il sistema automatizzato ha reso possibile anche questo, velocizzando il trattamento dei campioni. «Si tratta di un risparmio di tempo che va a beneficio di tutti, a partire dal paziente - commenta Keller. - Anche il medico, in questo modo, può isolare in anticipo il paziente stesso laddove necessario, riducendo le infezioni nosocomiali (cioè quelle che traggono origine dagli ospedali, ndr)».
I numeri forniscono la migliore evidenza della nuova efficienza del processo: nel 2023, anno in cui il WASPLab è entrato a regime, l’EOLAB ha effettuato oltre 3 milioni di analisi, producendo circa 40mila risultati al giorno. Ma il lavoro di miglioramento dell’EOLAB non si ferma qui: presto entrerà in campo anche l’Intelligenza Artificiale. «Anche la parte relativa all’IA sarà personalizzata, a misura del laboratorio» - spiega Elia Cattani, capolaboratorio del servizio di microbiologia. A breve ci sarà la fase di valutazione degli algoritmi proposti, alla quale seguirà una fase di test in cui all’Intelligenza Artificiale verrà affiancato un operatore umano, “in modo da capire - continua Cattani - se si raggiunge la compatibilità minima necessaria tra i risultati ottenuti da entrambi. Se l’esito dovesse essere soddisfacente, – ci sarà poi un primo periodo della durata di 5-6 mesi, durante il quale continuerà l’affiancamento con un operatore e l’IA proseguirà il suo percorso di apprendimento, dopodiché dovrebbe essere finalmente autonoma».
L’algoritmo avrà il compito di discriminare i casi positivi da quelli negativi e sarà anche in grado di fornire un “parere” sul patogeno coinvolto, dopodiché spetterà ai tecnici dare la conferma o meno. Sarà, quindi, possibile un ulteriore risparmio di tempo, grazie soprattutto alla pre-selezione svolta dall’IA, che consentirà di eliminare subito tutti i campioni negativi per lasciare la libertà di concentrarsi su quelli più rilevanti. Il laboratorio, infatti, riceve giornalmente molti campioni importanti e sensibili. «Cerchiamo poi sempre di migliorarci anche in base ai periodi e alle stagioni» - evidenzia Keller. Ad esempio, le malattie trasmesse dalle zanzare hanno ovviamente una maggiore incidenza nella stagione estiva, l’influenza in quella invernale, e così via.
«Per quanto riguarda il COVID-19 – continua Keller – negli ultimi mesi abbiamo osservato un lieve aumento dei casi di positività: resta quindi presente, ma con una variante meno grave e senza casi di ospedalizzazione, se non per le persone più a rischio. Ci stiamo preparando, invece, per l’arrivo della dengue, che si è diffusa molto in Brasile”. La dengue è una malattia infettiva tropicale causata dal Dengue virus e trasmessa da zanzare del genere Aedes. I sintomi più comuni sono cefalea, febbre e dolori muscolari. “Per ora abbiamo rilevato solo qualche caso in persone rientrate dalle vacanze in zone endemiche – conclude Keller – ma probabilmente è solo questione di tempo».