cultura e salute

Arte che cura, lezione 6
Michael Grotzer: “rivoluzione”
negli ospedali pediatrici

Lunedì 25 novembre 2024 circa 6 minuti di lettura
L’ingresso del nuovo Kinderspital (ospedale pediatrico) di Zurigo - Foto: Conradin Frei
L’ingresso del nuovo Kinderspital (ospedale pediatrico) di Zurigo - Foto: Conradin Frei

di Valeria Camia

Finestre giganti; altre a forma di oblò. Una scala a chiocciola che, nel salire, permette di “avventurarsi” all’interno del guscio magico di una lumaca. E poi luce, colori e profumi. Piante - come le felci - e aree gioco. Camere che ricordano singole “casette” in legno. Avreste mai pensato che quello qui descritto è l’edificio di un ospedale pediatrico, precisamente il Kinderspital di Zurigo? È stato inaugurato lo scorso 2 novembre, con il contributo progettuale di architetti, artisti e medici. Tra loro, in prima linea, Michael Grotzer, oncologo specializzato nel trattamento dei tumori cerebrali, direttore medico del nuovo ospedale e professore ordinario di pediatria presso l’Università di Zurigo. «È ormai dimostrato scientificamente - spiega Grotzer - che un’architettura a misura di bambino (la quale privilegi ad esempio il rooming-in, cioè la possibilità per la mamma di rimanere accanto al figlio neonato, faccia uso di materiali naturali e abbondante luce, e sia ricca di “aree verdi” e di spazi per il gioco e il relax) ha un’influenza positiva sul processo di recupero». 

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Grotzer sarà a Lugano lunedì 25 novembre per discutere (assieme a Enzo Grossi, medico, scienziato e ricercatore, e a Walter Angonese, direttore, decano e professore ordinario dell’Accademia di architettura USI) di come l’arte in ambito sanitario rappresenti una potente risorsa per incrementare la percezione di benessere di tutti coloro che frequentano questi luoghi. L’occasione per affrontare questo tema sarà la sesta lezione del corso “Arte che cura”, organizzato dall’Università della Svizzera italiana in collaborazione con la Divisione cultura della Città di Lugano e la IBSA Foundation per la ricerca scientifica. L’appuntamento è fissato per le ore 18 nell’Aula Polivalente del Campus Est di via La Santa 1 a Lugano-Viganello.

Già durante gli incontri precedenti del corso “Arte che cura” sono state presentate diverse evidenze scientifiche a supporto della centralità delle arti plastiche (ma anche della musica e “delle parole”) nei percorsi terapeutici. Al Kinderspital, questa evidenza è proprio il cuore pulsante del nuovo edificio. «Credo che l’arte abbia il potenziale di connettere, deliziare, stimolare e ispirare; e quindi - precisa Grotzer - sono orgoglioso che il nuovo edificio dell’ospedale pediatrico integri l’arte nella sua struttura, creando un ambiente che nutre sia il corpo che la mente» con spazi e con “installazioni” che potremmo definire a misura di bambino e della sua famiglia. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è uno spazio che non assomiglia affatto a un ospedale, e non ha nemmeno l’odore di un ospedale! 

Ad esempio, nella hall d’ingresso ci sono tre “pezzi” di Claudia Gont, una giovane artista svizzera: l’opera, dal titolo A Family of Three Bunnies (Sam, Kai, Leo), è costituita da tre marmi bianchi, con forme che ricordano le orecchie di coniglietti. I bambini sono accolti da queste forme giocose all’ingresso. Poi troviamo una grande scultura luminosa di Rafael Hefti. Si chiama Sternstaubgewürfel - Starmix (letteralmente significa “cubetti di polvere di stelle”). I colori cambiano a seconda del giorno, della sera o della notte: questo serve come punto di orientamento e anche come modo per distrarre i piccoli pazienti dall’atmosfera ospedaliera.

Grotzer ama citare anche lo spazio architettonico creato da James Turrell, Skyspace «Sustenance»: una grande installazione walk-in (possono entrarci circa 30 persone, dato che ha un diametro di 10 x 8 metri ed è alta 8 metri). «Le dimensioni di questo spazio sono impressionanti - dice Grotzer. - Nello Skyspace «Sustenance» si può godere dei colori, abbandonarsi al pensiero del cielo, nel silenzio. Insomma è possibile immergersi completamente in un mondo veramente diverso. Si riesce a intraprendere un viaggio mentale in un universo di colori che fa dimenticare per un attimo di essere in un ospedale. Nello Skyspace ci si può fermare un attimo, meditare, trovare un po’ di calma, e questo è qualcosa di molto importante». Anche i profumi variano da un punto all’altro del nuovo ospedale pediatrico, su indicazione degli architetti Herzog e de Meuron». 

Insomma, chi entra al Kinderspital si trova immerso in uno spazio architettonico che può influire positivamente sul processo di recupero in linea con quanto oltre 3’000 studi analizzati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dimostrano. «Penso a un bambino gravemente malato, ricoverato per giorni, settimane o addirittura mesi in una camera d’ospedale - continua Grotzer. - Penso ai suoi genitori, alle prese con diagnosi, trattamento, progressione, prognosi. Tutto questo non è facile da sopportare. Ecco, un ambiente appropriato e bello, un luogo dove il caos delle emozioni possa trovare spazio, dove ci siano silenzio e tranquillità, ombra e luce, colore e suoni, fa bene per affrontare situazioni particolarmente stressanti nella vita quotidiana dell’ospedale».

Purtroppo il ruolo curativo dell’arte è qualche cosa che ancora oggi è visto con un certo scetticismo tra molti, anche perché è difficile progettare studi scientifici che confermino un effetto diretto dell’arte sulla salute (ci sono numerose ricerche, invece, che dimostrano effetti indiretti di questi interventi artistici). In questo senso, ci troviamo di fronte a una vera sfida comunicativa, come lo stesso direttore medico del Kinderspital conferma: il messaggio è che architettura, musica, danza e arti visive possono essere significative in termini di salute e benessere tanto quanto una nuova innovativa macchina per la risonanza magnetica. 

Grotzer rimane comunque positivo sul futuro dell’arte negli ospedali e nei luoghi di cura: «Credo che il nuovo edificio del Kinderspital di Zurigo - dice - possa diventare un modello di architettura ospedaliera a livello mondiale, alla luce di un nuovo approccio, più olistico, che guarda alla medicina e all’assistenza sanitaria in modo complessivo, tenendo conto di tutti gli aspetti della cura».
Un approccio che riguarda anche l’ambito strettamente medico. «Oggi - precisa Grotzer - assistiamo a un’evoluzione verso team multidisciplinari di eccellenza, che collaborano e hanno una visione più completa della salute del paziente. Non si tratta più solo di riparare un organo, ma di promuovere un benessere generale che consideri tutti gli aspetti della persona. In questa prospettiva l’arte nei luoghi di cura svolge un ruolo importante; essa serve a distrarre l’attenzione dal dolore fisico e dalle preoccupazioni legate alla malattia, contribuendo così a migliorare la qualità della vita di chi trascorre tanto (o poco) tempo in ospedale».