Arte che cura, lezione 5
Gianna Carla Riccitelli:
i ritmi hanno un "potere"
di Valeria Camia
In occasione della quinta lezione del corso "Arte che cura", organizzato dall’Università della Svizzera italiana (USI) in collaborazione con la Divisione cultura della Città di Lugano e la IBSA Foundation per la ricerca scientifica, si torna a parlare di arte-terapia, con un focus sulle evidenze scientifiche che dimostrano come le attività artistiche possano esercitare azioni terapeutiche sulle persone colpite da diverse malattie neurologiche degenerative. Ne discuteranno, il 18 novembre alle ore 18, nell’Aula Polivalente del Campus Est di via La Santa 1 a Lugano-Viganello, Enzo Grossi, medico chirurgo, docente e ricercatore, e Gianna Carla Riccitelli, responsabile di ricerca all’Istituto di Neuroscienze Cliniche della Svizzera Italiana EOC e docente presso la Facoltà di scienze biomediche dell’USI.
Gianna Carla Riccitelli Ingrandisci la foto
Proprio alla professoressa Riccitelli, che studia i meccanismi cerebrali responsabili delle funzioni percettive, motorie e cognitive (come memoria, attenzione e concentrazione) in malattie neurologiche e psichiatriche, abbiamo chiesto di spiegarci in che modo viene integrata l’arte-terapia nell’ambito clinico.
«Contestualmente ai miei studi - dice - che sono basati su tecniche di indagini avanzate, da tempo mi occupo anche di neurostimolazione (in particolare, di stimolazione magnetica transcranica). Si tratta di stimolare il cervello in modo non invasivo, per ridurre i sintomi causati da malattie o da traumi cranici, come nel caso di ictus o incidenti. In questo contesto, l’arte-terapia (intesa in senso ampio, ndr) ha un ruolo pratico importante: può essere utilizzata, ad esempio, per favorire la partecipazione al trattamento di persone che hanno difficoltà a rimanere ferme durante la terapia». La professoressa Riccitelli cita, a questo proposito, un caso specifico, in cui l’ascolto di brani musicali si è rivelato uno strumento efficace, in ambulatorio, per contenere l’elevato livello di agitazione in una giovane paziente con trauma cranico, che rendeva impossibile la neurostimolazione. «La paziente stessa - racconta Riccitelli - aveva scelto i brani in precedenza. L’ascolto di quella musica le ha permesso di rimanere ferma, e io nel frattempo ho potuto eseguire la stimolazione magnetica transcranica in una specifica parte del cervello».
L’utilizzo di attività artistiche si è dimostrato utile anche in casi di malattie neurodegenerative, soprattutto tra i malati di Parkinson, poiché aiuta a migliorare alcuni disturbi non motori. «Abbiamo evidenze - conferma Riccitelli - che dimostrano l’efficacia della pittura e della scultura nel ridurre disturbi visivi e percettivi in pazienti con la malattia di Parkinson. Queste persone, inoltre, possono manifestare scarsa coordinazione dei movimenti e difficoltà a iniziare il cammino, dovuti a ridotti livelli di dopamina, un neurotrasmettitore prodotto in specifiche aree del cervello, come i nuclei della base. Per affrontare queste problematiche, oltre ai farmaci, si può ricorrere all’utilizzo del cosiddetto “trascinamento ritmico”, ovvero la nostra tendenza a sincronizzare i movimenti con il ritmo regolare della musica, alimentando un aumento di connessioni tra il sistema uditivo e il sistema motorio. Così, i pazienti sono indotti a eseguire i loro movimenti a cadenza regolare, e a migliorarli».
Le attività artistiche possono quindi essere aggiunte ai trattamenti medici tradizionali e, secondo Riccitelli, possono essere considerati un trattamento terapeutico a tutti gli effetti, da applicare in modo diverso a seconda della fase della malattia. «In generale – dice la professoressa – stiamo assistendo a un cambiamento nella percezione dell’utilizzo delle forme artistiche nei contesti medici. In Canton Ticino, per esempio, si sta adottando un approccio positivo con diversi progetti di musicoterapia per i pazienti affetti dal morbo di Parkinson, e numerosi trattamenti di arte-terapia in reparti pediatrici». Si sta comprendendo che l’arte-terapia, oltre a essere un trattamento economico che non richiede risorse particolari o setting specifici, può davvero apportare miglioramenti significativi nelle persone malate, ma non solo. «Soprattutto nel caso di malattie neurologiche o psichiatriche - precisa Riccitelli - se il paziente sta meglio, anche chi si prende cura di lui ne beneficia. Naturalmente, è importante considerare una formazione adeguata per i terapisti, che comprenda anche la conoscenza dei meccanismi cerebrali coinvolti nell’arte-terapia, per poter pianificare interventi personalizzati ed efficaci».