SINERGIE

In crescita la Ricerca biomedica ticinese, e intanto arriva un Fondo per la sperimentazione clinica

Martedì 29 giugno 2021 circa 5 minuti di lettura In deutscher Sprache

Presentato il nuovo “Fondo per la ricerca EOC-USI”, che cercherà di sostenere gli studi direttamente nelle strutture dell’Ente ospedaliero cantonale. L’annuncio al termine della Decima Giornata della ricerca
di Paolo Rossi Castelli

La collaborazione fra l’Università della Svizzera italiana e l’Ente ospedaliero cantonale fa un ulteriore passo avanti e dà vita a un nuovo Fondo per finanziare la ricerca clinica: quella al letto del paziente che, per una serie di vuoti normativi (e anche di paradossi), non può essere sostenuta dalle normali fonti di reddito degli ospedali: la LAMal e i contributi cantonali. Questo denaro, infatti, deve essere utilizzato, in Svizzera, “solo” per la cura dei pazienti e non - anche - per la ricerca. Il nuovo Fondo annunciato venerdì 25 giugno, durante una conferenza stampa al termine della “Decima giornata della ricerca in medicina umana”, vuole trovare una soluzione a questo problema, o - almeno - provarci. 

Il nuovo “Fondo per la ricerca EOC-USI” (questa la denominazione ufficiale) verrà gestito dalla Fondazione per la ricerca e lo sviluppo dell’USI - un ente, dunque, esterno all’EOC. Nell’ambito dell’Ente ospedaliero emergeranno le proposte di progetti da finanziare, che verranno esaminati da un’apposita Commissione (creata ad hoc). Quelli ritenuti più interessanti passeranno poi a un team specializzato nella ricerca dei finanziamenti veri e propri. Da dove arriveranno questi soldi? Soprattutto da istituzioni private, aziende, donatori - è stato spiegato durante la conferenza stampa. Lo staff specializzato del Fondo seguirà in modo professionale tutte le possibili vie per raccogliere il denaro, perché - come ha ricordato Boas Erez, rettore dell’USI - cercare finanziamenti è un vero e proprio mestiere.

In realtà è già da molti anni che l’EOC cerca di seguire questa strada, ancor prima che partisse, nello scorso autunno, il Master in medicina dell’USI. Nel 2017 aveva preso il via anche un apposito Progetto Fundraising, a questo scopo. Ma adesso interviene in prima persona anche l’Università. «L’USI e l’EOC hanno deciso di strutturare strategicamente la loro collaborazione per avere maggiore impatto, consapevoli dell’importanza della ricerca per il miglioramento della qualità e della sicurezza delle cure fornite alla popolazione» - ha sottolineato Glauco Martinetti, direttore generale dell’Ente ospedaliero. «L’EOC conduce da molti anni un’attività di ricerca clinica importante - ha aggiunto Alain Kaelin, direttore medico e scientifico del Neurocentro della Svizzera italiana. - Quando è iniziata la collaborazione con l’USI e ha preso il via la Facoltà di scienze biomediche, è sorta la necessità di dotarsi di strumenti che permettessero di consolidare e sviluppare ancora di più la ricerca clinica nella Svizzera italiana». 

Finora sono stati finanziati tre progetti dal nuovo Fondo, con una dotazione di circa un milione di franchi. Ma cifre ben più alte andranno raccolte nei prossimi mesi. Questa “caccia” (a fin di bene...) si affiancherà a quella che si appoggia anche alle altre classiche fonti di finanziamento, nel mondo scientifico elvetico: il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, “padre” (verrebbe da dire) di un’ampia quota dell’attività di studio nel mondo biomedico, e poi Innosuisse, i fondi dell’Unione Europea e altri ancora. Ma è pur vero che la maggior parte di questi finanziamenti vanno alla ricerca di base, cioè a quella che si svolge in laboratorio e non direttamente al letto del malato. Il nuovo “Fondo per la ricerca EOC-USI”, invece, vuole puntare senza esitazioni alla clinica.

LA GIORNATA DELLA RICERCA - L’annuncio dell’avvio del Fondo, come dicevamo, è arrivato al termine della Giornata della ricerca in medicina umana: un appuntamento importante, che ha permesso di raccogliere insieme, nell’aula magna del Campus est USI-SUPSI di Viganello (e, in parte, anche online), i rappresentanti delle istituzioni e degli enti impegnati, a vario titolo, nella ricerca biomedica della Svizzera italiana. Non è stata un’impresa facile raccoglierli tutti, considerando che il settore vive un momento di espansione molto forte, ed è frammentato in realtà molto diverse come origini, dimensioni e “peso” scientifico. 

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Durante la Giornata sono state numerose le presentazioni di studi eseguiti dai ricercatori che lavorano nella Svizzera italiana. «Abbiamo ricevuto - spiega il professor Giorgio Treglia, coordinatore del Servizio Ricerca e Servizio Innovazione dell’EOC - 160 abstract (cioè riassunti) di studi scientifici: un numero record, per questi nostri eventi. Una commissione li ha poi attentamente valutati, selezionandone 22 per le comunicazioni orali nella sessione principale, di 8 minuti ciascuna, più 4 di discussione. Molti altri abstract sono stati invece presentati con interventi flash di 3 minuti l’uno. Infine, abbiamo pubblicato online anche numerosi “poster”, senza commenti». 

Ma quanto pubblicano sulle riviste scientifiche internazionali i ricercatori della Svizzera italiana? Non esiste una statistica ufficiale. Sulla base dell’archivio curato per Ticino Scienza da Gian Pietro Pisanu, nel periodo marzo 2020-marzo 2021 gli studi firmati da almeno un ricercatore “basato” in Ticino sono stati ben 900. Un numero altissimo, per un Cantone di 350’000 abitanti. «Non mi stupisco di queste cifre - dice il professor Treglia. - Se ci soffermiamo solo sui dati relativi all’EOC (quelli di cui ho conoscenza diretta), vediamo che nel 2020 i ricercatori dell’Ente hanno pubblicato ben 514 lavori, con un balzo del 43%, rispetto al 2019». Come mai è avvenuto questo? «Ci sono varie possibili spiegazioni - continua Treglia. - Ne cito due: la “funzione” molto positiva della Facoltà di scienze biomediche dell’USI, che ha spinto molti medici, biologi, infermieri, a impegnarsi nella ricerca (necessaria anche per avere riconoscimenti accademici), e i filoni nuovi di studio, a partire dal Covid, su cui i ricercatori della Svizzera italiana sono stati particolarmente attivi, con pubblicazioni anche di notevole prestigio». Insomma, il Covid ha provocato grandi problemi all’assistenza dei malati, ma ha anche innescato un vero boom della Ricerca.