Una super-attrezzatura
per "vedere" nuove (e misteriose) cellule del sistema immunitario

Il dispositivo (costo: 700’000 franchi) è in fase di installazione nei laboratori di Bios+ a Bellinzona. Il Fondo Nazionale Svizzero ha coperto metà della spesa. Intervista alla group leader Caroline Junqueiradi Elisa Buson
Sulla slitta di Babbo Natale non c’era posto a sufficienza. Così è intervenuto in modo sostanzioso il Fondo Nazionale Svizzero (FNS) per regalare al Ticino uno strumento ultratecnologico che aiuterà a potenziare gli studi sulle difese immunitarie dei pazienti colpiti da tumori e malattie infettive. Si chiama “BD FACSDiscover S8 sorter” e dal 23 gennaio è in fase di installazione presso i laboratori di Bios+, a Bellinzona, dove hanno sede l’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB), l’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR) e i Laboratori di ricerca traslazionale (LRT) dell’Ente Ospedaliero Cantonale.
L’acquisizione di questo macchinario, di cui esiste un solo altro esemplare in tutta la Svizzera, consentirà alle strutture scientifiche ticinesi di aprire nuove aree di studio, rimanendo all’avanguardia nella ricerca immunologica e oncologica.
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«Si tratta di un macchinario unico nel suo genere, che permette di analizzare campioni biologici caratterizzando e isolando cellule anche molto rare - spiega Caroline Junqueira, a capo del gruppo di immunobiologia dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina. - Il suo costo è di oltre 700mila franchi svizzeri e sarà coperto per metà dall’IRB (che è affiliato all’Università della Svizzera italiana, ndr) e per l’altra metà dal Research Equipment (R’Equip), il programma del Fondo Nazionale Svizzero rivolto ai ricercatori basati in Svizzera che necessitano di attrezzature innovative e di alta qualità per il loro lavoro».
Il bando per la richiesta di finanziamenti del maggio 2024 è stato l’ultimo per questo programma, che non verrà più riproposto in futuro, e Junqueira è riuscita ad agguantare questa opportunità irripetibile, presentando il progetto “Expanding our immununological detection power with FACSDiscover S8 sorter”, sviluppato con un team di ricerca tutto al femminile composto da Greta Guarda, Arianna Calcinotto, Giandomenica Iezzi e Silvia Monticelli. La parola “sorter”, lo ricordiamo, indica un dispositivo in grado di selezionare specifici elementi biologici o chimici in base a determinate caratteristiche stabilite dagli studiosi.
«Una volta operativo - continua Junqueira - il sorter sarà a disposizione di tutti i ricercatori svizzeri che ne vorranno fare uso: può analizzare ogni tipo di campione biologico, dalle cellule umane a quelle di animali, piante, funghi e batteri. Il nostro progetto, però, si focalizzerà in particolare su una specifica tipologia di cellule del sistema immunitario umano, con potenziali applicazioni contro la malaria, la tubercolosi e i tumori».
L’obiettivo dello studio è capire e sfruttare appieno le potenzialità dei linfociti T di tipo gamma/delta, attori cruciali ma ancora poco noti della nostra risposta immunitaria. Sono cellule sempre pronte ad agire e lo fanno con abilità molto peculiari, perché le loro caratteristiche le pongono a metà strada tra il sistema immunitario innato (il primo meccanismo di difesa dell’organismo che in caso di attacco entra in azione subito, ma in maniera aspecifica) e il sistema immunitario adattativo (il secondo livello di difesa, che si attiva più lentamente ma agisce in maniera mirata verso i microrganismi patogeni).
Questi linfociti T hanno diversi meccanismi d’azione: possono divorare (fagocitare) la cellula malata oppure possono darle il “bacio della morte”, rilasciando molecole letali che la uccidono dall’interno.
«Conoscere meglio il funzionamento di queste cellule immunitarie - dice Junqueira - ci consentirà di sfruttare le loro capacità per potenziare le difese attraverso immunoterapie innovative. Il sorter sarà fondamentale, perché ci permetterà di riconoscere e isolare questi linfociti nel sangue, marcando le molecole presenti sulla loro superficie esterna con 50 differenti colori, il doppio rispetto ai sorter tradizionali. In questo modo potremo distinguere cellule che apparentemente sono simili ma che in realtà presentano differenze sottilissime: quando avremo isolato quelle utili contro una specifica malattia, potremo coltivarle in laboratorio ed espanderle velocemente, per poi infonderle di nuovo nel paziente».
Per questo progetto verranno utilizzate cellule conservate nella banca del sangue della Croce Rossa e anche cellule prelevate in Brasile da pazienti con la malaria. Junqueira, nata e cresciuta nel Paese verde-oro, ha infatti dedicato buona parte del suo percorso professionale a questa malattia infettiva ancora endemica nella regione dell’Amazzonia. Dopo sei anni di attività divisa tra il Brasile e la Harvard Medical School (Stati Uniti), ha poi deciso di trasferirsi in via definitiva in Ticino («il mio luogo del cuore» - confessa), dove continua a occuparsi, comunque, di malaria.
«Questa malattia - sottolinea Junqueira - può essere utilizzata come modello di studio, perché in caso di infezione i linfociti T gamma/delta intervengono attraverso diversi meccanismi d’azione che possono essere sfruttati anche contro altre patologie come la tubercolosi e i tumori. La nostra idea è quella di attivare la modalità d’azione più efficace per ciascuna specifica malattia. Lo studio andrà avanti per almeno due anni, ma al momento abbiamo già una serie di buoni dati che potrebbero portarci a una prima pubblicazione entro il 2025».