Prescrizione sociale, lezione 2
Mandy Zhang: «L’esercizio fisico va
considerato una medicina»

di Valeria Camia
Per curare le patologie, soprattutto quelle croniche, i sistemi sanitari di tutto il mondo tendono a concentrarsi sui farmaci e non prescrivono, invece, come vera e propria terapia, anche l’attività fisica (che viene caldamente consigliata, ma non inserita nella “ricetta” medica, con tanto di tempi e di dosi). Eppure il potere curativo dell’esercizio fisico può svolgere un ruolo determinante.
Qualche eccezione, naturalmente, esiste a livello internazionale, come l’iniziativa Exercise Is Medicine (EIM), nata negli Stati Uniti con l’American College of Sports Medicine, che invita i medici a prescrivere e a integrare nei piani di cura l’attività fisica. Anche il progetto Exercise Is Medicine Singapore (EIMS) si muove in questa direzione. E sarà proprio la vicedirettrice di questa iniziativa, Mandy Zhang, ad avere un ruolo da protagonista durante la seconda lezione del corso “Medici e Prescrizione Sociale” promosso dalla Facoltà di scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana con IBSA Foundation per la ricerca scientifica e la Divisione Cultura della Città di Lugano. L’appuntamento è per il 20 ottobre nella sala polivalente del Campus est di Viganello (via La Santa 1), con ingresso gratuito, alle 18. Tema della serata: “Attività fisica come terapia complementare”, appunto.
Mandy Zhang è impegnata nella formazione di medici di base, specialisti e professionisti sanitari (dietisti, infermieri, personal trainer) per inserire prevenzione, riabilitazione e prescrizione sportiva in un unico percorso integrato. Concretamente, con cadenza mensile o bimestrale, EIMS organizza corsi che affrontano le considerazioni mediche necessarie alla prescrizione dell’esercizio fisico: «Questi corsi - precisa Zhang - non trasmettono solo conoscenze: creano una rete di professionisti sanitari capaci di consigliare, motivare e prescrivere attività fisica in modo sicuro. Si tratta di un passo cruciale».
Ma non basta convincere i medici a integrare l’attività fisica nelle prescrizioni terapeutiche. È molto importante anche sensibilizzare la popolazione, utilizzando i “codici” giusti. «In un Paese come Singapore, caratterizzato da una forte multiculturalità - osserva Zhang - questa impostazione rappresenta al tempo stesso una ricchezza e una sfida, poiché le differenze etniche, linguistiche e culturali influenzano il modo in cui le persone si rapportano al movimento, alla salute e alla vita sociale. Ciò che funziona in una comunità non sempre funziona in un’altra». Gli anziani cinesi, ad esempio, preferiscono muoversi al ritmo di musiche tradizionali, che evocano ricordi e creano familiarità. Invece nella comunità malese, che pone la famiglia al centro della vita quotidiana, «cerchiamo di proporre l’attività fisica come un’esperienza condivisa con esercizi pensati per essere svolti insieme da diverse generazioni (quindi con coniugi, fratelli, genitori e figli)» - aggiunge Zhang.
Questo approccio collettivo riflette una crescente consapevolezza nella sanità globale: l’importanza del contesto sociale, dal design urbano e dagli spazi verdi, alle politiche lavorative e alle strutture familiari, affinché il cambiamento dello stile di vita sia duraturo. A Singapore, per esempio, l’edilizia pubblica integra spazi per esercizi fisici e attività comunitarie direttamente nei quartieri. «Basti pensare - racconta Zhang - che gli istruttori di fitness vanno nelle diverse zone cittadine a insegnare ai residenti come usare le attrezzature sportive». Iniziative come queste affrontano una delle barriere più ostinate all’attività fisica: l’accessibilità. «Riducendo ostacoli logistici e psicologici (distanza, costi, incertezze) - dice Zhang - l’EIMS mira a trasformare l’esercizio da evento occasionale ad abitudine quotidiana».
Le difficoltà, però, non sono soltanto logistiche. La tendenza alla vita sedentaria rimane tra le sfide principali, mentre un’altra problematica riguarda la questione “tempo”. Da un lato, i professionisti sanitari hanno poco tempo per diffondere le informazioni legate all’importanza del movimento alla comunità. Dall’altro, le persone stesse tendono a rinunciare all’attività fisica anche di fronte a piccoli dolori o difficoltà, come un fastidio al ginocchio, credendo che fermarsi sia l’unica scelta possibile. «Manca spesso la consapevolezza - sottolinea Zhang - che esistono alternative sicure, come esercizi a basso impatto o i già citati spazi dedicati all’interno dei quartieri, che permettono di continuare a muoversi in modo sano e sostenibile».
Ed è qui che si inserisce l’importanza della prescrizione. Soprattutto per i pazienti con condizioni croniche o storie mediche che complicano l’attività fisica, il ruolo del social prescribing (il termine inglese per indicare la prescrizione sociale) diventa centrale, ma anche delicato. «Per citare un caso classico - precisa Zhang - dopo un infarto un esercizio troppo intenso potrebbe provocare una sensazione di costrizione al petto. In queste circostanze, il tipo di attività, la frequenza, l’intensità e la durata vanno determinate con particolare attenzione». Come quando un medico, al momento di consigliare una pillola, specifica anche il dosaggio, così la prescrizione dell’esercizio fisico deve essere data in modo chiaro e deciso. «Oggi c’è la tendenza - conclude Zhang - a cercare rimedi rapidi con i farmaci, ma questa comodità ha una "controindicazione" nascosta: dipendenza a vita da queste molecole. Con il nostro impegno, invece, lavoriamo affinché il movimento fisico diventi medicina, la comunità cura, e la prevenzione fondamento dell’assistenza sanitaria».