SICUREZZA ALIMENTARE

A quasi 40 anni da Chernobyl
non si fermano i controlli:
Laboratorio cantonale potenziato

Martedì 4 novembre 2025 ca. 5 min. di lettura
Un controllo nelle campagne di Camorino (foto di Chiara Micci/Garbani)
Un controllo nelle campagne di Camorino (foto di Chiara Micci/Garbani)
 

È diventato uno dei Centri di competenza svizzeri per la misurazione della radioattività nelle derrate alimentari. Campioni di verdure, carne e altri cibi vengono prelevati con regolarità e sottoposti a sofisticati test
di Federico Lucchesi

26 aprile 1986. Il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl esplode. Una nube di isotopi radioattivi, trasportata dai venti d’alta quota, si abbatte sull’Europa. In Svizzera, è il Ticino la regione più colpita. Il Cesio-137 ricade al suolo attraverso la pioggia, contaminando gli ortaggi in superficie e penetrando nel terreno. Oggi, quasi quarant’anni dopo, alcuni residui radioattivi sono ancora presenti, ed è pertanto necessario mantenere le competenze e le strutture tecniche necessarie per misurarli. A questo scopo l’Ufficio federale della protezione della popolazione (UFPP) ha deciso di rafforzare gli sforzi di monitoraggio della radioattività, facendo diventare il Laboratorio cantonale del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS), a Bellinzona, guidato dal direttore Nicola Forrer, uno dei Centri di competenza svizzeri per la misurazione della radioattività nelle derrate alimentari (CRADA). 

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La sicurezza alimentare è garantita da un sistema di controllo regolare e rigoroso, condotto con strumenti tecnologicamente avanzati e personale altamente qualificato. Più volte l’anno, gli addetti del Laboratorio cantonale si recano direttamente presso aziende agricole, punti di produzione e di vendita, senza alcun preavviso, per prelevare campioni di verdure, carne o altri alimenti. Una volta in laboratorio, l’analisi segue precisi protocolli. Le concentrazioni radioattive analizzate sono di regola bassissime, ma, in presenza di un rischio accresciuto e come routine di sicurezza, ogni campione viene anzitutto testato con un contatore Geiger, per escludere una concreta pericolosità. «Non è mai accaduto, dai tempi di Chernobyl, che venissero oltrepassati i limiti di sicurezza - spiega Forrer. - Dopo il primo controllo il campione (ad  esempio, le foglie di una pianta di insalata) viene accuratamente sminuzzato e inserito in contenitori di volume standard. Il contenitore viene poi collocato su un detettore schermato da piombo, che rileva con precisione anche minime tracce di radioattività». Quest’operazione richiede diverse ore. 

Se una derrata alimentare risulta a norma di legge, anche nel caso in cui dovesse presentare una contaminazione bassissima (e dunque tollerata dalla legge, perché ritenuta non pericolosa per l’organismo umano), finirà sugli scaffali senza altri avvisi per il consumatore. Non essendoci rischio per la salute, la presenza di tracce di sostanze radioattive non viene comunicata.
L’attività del Laboratorio è protetta dal segreto d’ufficio. «Noi misuriamo la conformità della derrata e informiamo il produttore - dice Forrer. - Se è conforme ma presenta comunque valori misurabili, imporremo di migliorare le procedure di produzione e controllo. Se non è conforme, imporremo delle misure al produttore tra cui il ritiro dal mercato, in modo da evitare il pericolo al consumatore». In quest’ultimo caso, se il prodotto ha già raggiunto i consumatori, la sicurezza pubblica prevale su ogni altro interesse, e il richiamo dei lotti viene dichiarato pubblicamente.

NON SOLO CHERNOBYL - Oltre ai residui di cesio-137 arrivati da Chernobyl, sono presenti nel terreno anche altre fonti di possibile contaminazione radioattiva. «In Europa abbiamo centrali atomiche, commercio di materiale radioattivo, strumentazioni usate in ambito medico - dice Forrer. - Sono tante le cause che, almeno potenzialmente, sarebbero in grado di provocare un rilascio di sostanze radioattive nell’ambiente».

Finora, però, come dicevamo, i valori che in alcuni casi sono stati rilevati erano di un’intensità bassissima, considerata accettabie dalle leggi svizzere ed europee.
Per quanto riguarda, in particolare, l’ambito sanitario, «le sostanze radioattive negli ospedali vengono usate in modo mirato e sicuro - spiega il dottor Luca Bellesi, fisico medico (il termine inglese è medical physicist) dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC). - Vengono impiegate, per esempio, nelle terapie tumorali o negli esami di medicina nucleare, secondo protocolli rigidissimi che garantiscono la protezione di pazienti, addetti e ambiente». 

OCCHI ATTENTI ALL’ESTERO - Grande attenzione viene posta anche per monitorare eventuali fonti di radioattività in arrivo dall’estero: per esempio da incidenti che potrebbero verificarsi in Ucraina (soprattutto nella centrale nucleare di Zaporizhzhia) per effetto della guerra scatenata dalla Russia. Il potenziamento del Laboratorio cantonale, peraltro previsto da tempo,  potrebbe avere subito un’accelerazione per questo. «In relazione alla risposta coordinata della Confederazione con il coinvolgimento dei Cantoni in caso di un evento all’estero con possibili ricadute diffuse di sostanze radioattive sul nostro territorio, diversi servizi cantonali interessati collaborano all’interno di un apposito gruppo di lavoro» - spiega Nicola Solcà, capo della Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo del Dipartimento del Territorio (DT). 

In altre parole, non vi è alcun rischio imminente, ma un’attiva attenzione a elaborare strategie preventive. Nel frattempo, il passaggio a CRADA ha rafforzato gli strumenti a disposizione del Laboratorio cantonale, il quale ha ricevuto il sostegno economico necessario per acquisire un nuovo macchinario di rilevamento. «In cambio - precisa Nicola Forrer - dobbiamo garantire prontezza d’impiego in caso d’emergenza, fornendo, se necessario, disponibilità sette giorni su sette, 24 ore su 24, e partecipando a esercitazioni organizzate da Berna».   

Il riconoscimento del Laboratorio cantonale quale CRADA rappresenta un passo importante. Ma, aggiunge Forrer, il lavoro di consolidamento non è ancora concluso. «Per ora - dice - operiamo con il personale che abbiamo. Stiamo formando i tecnici già presenti, ma servirebbe più personale, soprattutto per la fase di prelievo dei campioni sul territorio». Oltre alle risorse umane, un altro ambito su cui si sta lavorando è la gestione informatica dei dati. Ogni misurazione deve essere registrata, validata e trasmessa a un archivio centralizzato di Berna. «Il nodo principale è l’integrazione informatica – aggiunge Forrer. – Il nostro sistema gestionale differisce da quello usato in altri cantoni, e dunque è necessario un sistema che renda automatico l’invio e la lettura dei dati».