Prospettive

Intelligenza artificiale, non basta
la tecnologia: il "fattore umano"
ha un ruolo altrettanto decisivo

Venerdì 19 settembre 2025 ca. 4 min. di lettura
Dalith Steiger, co-fondatrice di SwissCognitive (foto di Chiara Micci/Garbani)
Dalith Steiger, co-fondatrice di SwissCognitive (foto di Chiara Micci/Garbani)
 

Successo per l’"Action Day", organizzato al Palazzo dei Congressi di Lugano da Fondazione Agire. Imprenditori e ricercatori a confronto sulla "rivoluzione" innovativa che ha invaso impetuosamente anche il Ticino
di Simone Pengue

Lugano, Palazzo dei Congressi. C’erano startupper, imprenditori, ricercatori e accademici, digital coach, ma anche qualche personaggio politico, il 16 settembre, tutti accomunati dall’interesse per l’intelligenza artificiale (AI) e, soprattutto, per la sua applicazione concreta nei processi produttivi, nell’organizzazione delle aziende, degli ospedali e di mille altri aspetti della vita sociale. L’occasione era l’Action Day 2025, organizzato dalla Fondazione Agire (l’agenzia cantonale che promuove l’innovazione in Ticino) per riflettere su un tema categorico: “AI is not a dream, it is an imperative!" (l’intelligenza artificiale non è un sogno, ma un imperativo).

È stata Dalith Steiger, relatrice di punta dell’Action Day e co-fondatrice di SwissCognitive (una piattaforma internazionale basata a Zurigo che connette esperti, aziende e istituzioni legate all’intelligenza artificiale), a coniare quello slogan e a mostrare una serie di dati che hanno fatto riflettere le 250 persone presenti. «Ogni giorno - ha spiegato - nel mondo viene generata un’immensa quantità di dati: 2,5 exabytes, che equivalgono a 2,5 miliardi di gigabyte. La complessità dei modelli ha raggiunto i 170 trilioni (milioni di milioni) di parametri. Infine i dispositivi connessi nel mondo sono 15 miliardi, ma nel 2030 diventeranno 100 miliardi. Di fronte a questa crescita impetuosa, noi tendiamo a sovrastimare l’impatto che la tecnologia ha nel breve termine, ma a sottostimare quello a lungo termine». Eppure l’intelligenza artificiale porterà nel corso dei prossimi anni a fortissime trasformazioni per le aziende, sia nell’ambito dei servizi e dei prodotti, sia in quello che riguarda l’organizzazione del lavoro e, naturalmente, il contatto con i clienti. «Per me - ha spiegato Dalith Steiger - è sempre importante costruire ponti tra la tecnologia e gli affari, così da permettere alle persone del settore di comprendere appieno la forza dell’innovazione. Implementare l’intelligenza artificiale per il solo gusto di farlo non porta a niente. In altre parole, il semplice fatto di avere un chatbot (un sistema come chatGPT, ndr) non aiuta un’azienda se non è chiaro quale sia il suo scopo, internamente o esternamente». 

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Aggiunge Lorenzo Ambrosini, direttore della Fondazione Agire: «Le aziende si trovano in una sorta di bufera, innescata dall’intelligenza artificiale, che si è imposta anche nella nostra vita privata, con un effetto steroideo, mi verrebbe da dire: ci fa sentire super-eroi, con super-poteri... Ma non dobbiamo perdere la bussola, e anche il mondo produttivo deve mantenere ben saldi i valori etici, la cultura aziendale, l’affidabilità dei dati. Sono aspetti strategici che non vanno lasciati ai tecnici».

In effetti non basta lo sviluppo della tecnologia per portare innovazione nelle aziende. «Senza le persone, anzi senza un mix fra le persone e la tecnologia, i processi innovativi non decollano» - spiega Andrea Barni, digital coach e vicedirettore della Fondazione Agire. Non per niente anche l’Action Day, con le sue 11 conferenze e 3 tavole rotonde, era diviso nelle due “anime”: tecnologia e fattore umano.

Uno dei maggiori timori legati all’avvento dell’AI è la perdita di posti di lavoro. Occorrerà gestire al meglio questi cambiamenti - dice Dalith Steiger - recuperando il più possibile in altri modi le mansioni che i processi innovativi porteranno via a impiegati, tecnici, operai, professionisti. Il tempo "ottenuto" così andrà dedicato alle persone, sia in ottica di maggiore benessere, salute e tempo libero, sia reindirizzando le risorse umane nei contesti dove è più necessario il contatto personale con i clienti o (in altri ambiti. come quello sanitario) con i pazienti». È il caso, in particolare, degli ospedali, dove gli obblighi amministrativi e burocratici allontanano spesso medici e infermieri dalle corsie e dai letti. «Abbiamo un caso molto interessante qui in Svizzera, in un centro di cura per anziani - precisa Dalith Steiger. - Hanno cercato strumenti di intelligenza artificiale che li aiutassero a liberare tempo e a spostare risorse dall’amministrazione all’assistenza diretta ai pazienti. È in questa direzione che hanno scelto di andare e ci sono riusciti». Un esempio da seguire anche in altre realtà.