Fare ricerca in mezzo alla bellezza: così si lavora al Giardino botanico cantonale delle isole di Brissago

Il parco ospita oltre 2’000 specie vegetali. L’attività scientifica si concentra sulla conservazione delle piante rare, e sulle varianti genetiche. Difficile reperire i finanziamenti, ma i progetti non mancano di Camilla Stefanini
«Un quarto d’ora di battello e ti trovi a fare una passeggiata come se fossi in Sudafrica o in Australia». Così Alessio Maccagni, curatore del Giardino botanico cantonale, descrive l’arrivo sulle Isole di Brissago. Situato sull’isola di San Pancrazio (la più estesa del minuscolo arcipelago nel Lago Maggiore), il Giardino botanico – che festeggia nel 2025 i suoi 75 anni di apertura al pubblico – deve a un particolare microclima quasi subtropicale l’esistenza di oltre 2’000 specie vegetali concentrate su appena 2.5 ettari di superficie (25 mila metri quadri).
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Un aspetto che rende il Giardino differente da altri parchi della zona è la sua impronta scientifica. Il Giardino è parte dell’Hortus Botanicus Helveticus (l’Associazione dei giardini e delle collezioni botaniche svizzere), che ha l’obiettivo di preservare le collezioni nazionali e internazionali di piante e habitat, ed è inoltre membro dell’International Plant Exchange Network (IPEN), una rete globale di giardini per l’uso non commerciale di materiale vegetale per fini di ricerca e conservazione. Funge anche da centro di recupero per piante sequestrate in quanto importate illegalmente riconosciuto dalla CITES (Convenzione di Washington), l’accordo internazionale che regola il commercio di specie di fauna e flora minacciate di estinzione, promuovendone l’uso sostenibile e la conservazione.
Oltre a coltivare specie esotiche e tutelare piante indigene rare e minacciate, il Giardino si impegna anche nella ricerca scientifica. Un caso significativo è quello della Nymphaea alba del lago di Muzzano: l’ultimo esemplare vivente nelle acque ticinesi è stato prelevato e oggi, grazie al lavoro del Giardino, si stanno propagando centinaia di nuove piante per una futura reintroduzione nell’ambiente naturale. Avviare studi di questo tipo, tuttavia, è spesso complesso, sia per le limitazioni logistiche – le analisi richiedono strutture e laboratori avanzati – sia per la difficoltà nel reperire finanziamenti. In questo contesto, l’attività di ricerca è resa possibile soprattutto grazie a collaborazioni con istituzioni accademiche e scientifiche, come l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL), con cui è attualmente in fase di avvio un nuovo progetto.
FONDAMENTALE IL PASSAGGIO ALLA GESTIONE PUBBLICA - In questi 75 anni di storia, uno dei momenti più significativi, spiega Maccagni, è stato il passaggio dalla gestione privata a quella pubblica. Questo cambiamento, infatti, non solo ha reso accessibile alla collettività un patrimonio naturale di grande valore, ma ha anche segnato – almeno simbolicamente – la nascita, in Ticino, di una nuova struttura a vocazione scientifica: un Giardino (all’epoca Parco) botanico che si inseriva per la prima volta nel panorama istituzionale del cantone come centro di conoscenza, oltre che di bellezza. L’apertura al pubblico ha rappresentato una spinta decisiva per la promozione e la valorizzazione delle Isole, in un’ottica di conservazione della biodiversità. «Dalla nascita del Giardino sono stati fatti diversi tentativi per avviare un’attività scientifica - racconta Maccagni. - Negli anni ’50, il primo curatore Albert Ulrich Däniker immaginava di istituire un centro di ricerca botanica sull’isola. Tra gli anni ’60 e ’80, il Giardino ottenne un finanziamento dal Fondo Nazionale Svizzero per un progetto di ricerca botanica, ma purtroppo quell’iniziativa fu in gran parte abbandonata. Successivamente, con il passaggio alla gestione ticinese, coordinata inizialmente dalla STSN (Società Ticinese di Scienze Naturali) e da una commissione ad hoc, si diede avvio a un nuovo corso: in particolare, venne realizzato il primo Index Plantarum (il registro ufficiale della collezione botanica)».
IL NODO DEI FINANZIAMENTI - Nonostante la difficoltà nel reperire risorse economiche, il curatore scientifico è deciso a sfruttare le potenzialità del Giardino: «L’anno scorso - spiega Maccagni - abbiamo elaborato la prima politica curatoriale e adesso, pian piano, stiamo provando a rilanciare l’attività scientifica, in particolare sulla conservazione di una specie rara di muschio che era data per estinta in Svizzera da oltre cent’anni, e invece ritrovata proprio nel giardino (Entodon cladorrizans), ma sempre in collaborazione con Istituti Cantonali (Servizio fitosanitario, Museo Cantonale di Storia Naturale) e Università». I passaggi fondamentali per il futuro, secondo Maccagni, sono due: «Innanzitutto - dice - vorremmo elaborare un piano di gestione che unifichi l’anima storico-paesaggistica con quella scientifico-museale e naturalistica del Giardino, per avere una struttura ancora più precisa e organizzata. A seguire, vorrei puntare allo studio di questa collezione subtropicale inserita in un contesto climatico abbastanza atipico. Tengo particolarmente a questo secondo punto, poiché la componente scientifica di conservazione e di ricerca è, alla fine, ciò che caratterizza un Giardino botanico rispetto a qualsiasi altro parco».
UNO SGUARDO COMPLESSIVO IN UN NUOVO LIBRO - La ricchezza e la varietà delle Isole sono oggi illustrate in un volume, Il Giardino botanico cantonale delle Isole di Brissago, pubblicato dalla STSN e dal Museo cantonale e storia naturale come quattordicesimo capitolo della collana “Memorie”, in concomitanza dei 75 anni dalla prima apertura al pubblico.
«Il libro ha voluto raccogliere e condensare il valore e il ruolo delle Isole di Brissago attraverso i decenni, rendendolo finalmente accessibile al pubblico» - spiega il curatore scientifico. Nel volume, che è stato presentato a Locarno il 27 giugno scorso, vengono toccati vari temi. C’è una parte storica, che inizia con il racconto di come il parco è nato nel 1885 dalla passione per la flora tropicale della baronessa Antonietta St. Léger, proprietaria fino al 1927. Si racconta, poi, lo sviluppo nei decenni successivi, che hanno portato il parco a diventare pubblico nel 1949, come dicevamo, con l’acquisto e l’Istituzione del Giardino da parte del Cantone e dei comuni di Brissago, Ascona e Ronco, fino a oggi. Nel 2019 le Isole di Brissago sono poi state acquisite interamente dal Canton Ticino e la loro gestione è stata affidata al Dipartimento del Territorio.
Il libro racconta anche il ruolo fondamentale della Società Ticinese di Scienze Naturali nel permettere la crescita del Giardino, anche attraverso l’istituzione di una commissione addetta all’attività scientifica. Nel volume vengono infine descritte le collezioni botaniche, che nel tempo si sono arricchite progressivamente, arrivando a comprendere specie provenienti dal bacino del Mediterraneo, dalla regione del Capo in Sudafrica, dalla costa californiana, dalle coste sudorientali dell’Australia e dalla zona centrale del Cile.
«Per i più esperti - aggiunge Maccagni - è poi incluso uno speciale inserto sull’analisi fitopatologica (sulle malattie delle specie vegetali), che raramente si trova il questo tipo di pubblicazioni». Infine, il volume spiega come i particolari aspetti climatici dell’isola tipici dell’Insubria, la particolare geologia e l’effetto termoregolatore del lago abbiano permesso la crescita spontanea dell’incredibile diversità floristica, faunistica e micologica (cioè relativa ai funghi) che oggi rende quest’isola così eccezionale. Tra queste, anche una collezione di Proteaceae (piante originarie dell’Africa meridionale) che normalmente non si trova a queste latitudini o in un contesto alpino, e al massimo viene fatta crescere in serra.
PIANTE ESOTICHE IN UN AMBIENTE ALPINO - «La collezione è unica a livello nazionale, perché abbiamo piante esotiche in mezzo alle Alpi impossibili da trovare in altri giardini svizzeri, e specie rare - sottolinea Maccagni. - Ma l’unicità non riguarda solo le specie vegetali. L’isola è interessante anche a livello faunistico, micologico (che riguarda funghi e miceti ndr), lichenologico (che riguarda i licheni, ndr) e storico. Per esempio, l’isola di San Pancrazio ospita una grande colonia di pipistrelli, mentre sull’isola più piccola (Sant’Apollinare, nota anche come Isola dei Conigli) ci sono i ruderi di una vecchia chiesa del 1200 che sono protetti come beni culturali. Oltre ovviamente alla villa in stile neoclassico sull’isola maggiore, che fu costruita negli anni ‘30 da Max Emden, proprietario dell’isola dopo la baronessa. Per cui non devi essere per forza un botanico per apprezzare la bellezza delle isole: c’è molto altro».
IL GIARDINO ANCHE LUOGO DI MOSTRE - Il Giardino Botanico ospita, inoltre, eventi e mostre. Al momento è possibile visitare la mostra fotografica “Mutanti”, che rimarrà aperta fino al 2026, di Daniel Pittet: riguarda organismi molto particolari che grazie a modificazioni e nuove forme (talvolta eleganti, altre volte stravaganti), sono in grado di adattarsi a nuovi ambienti.