oncologia

Congresso sui linfomi: terapie
più "mirate", intelligenza artificiale (e record di presenze)

Sabato 21 giugno 2025 ca. 6 min. di lettura
La sala principale del Palazzo dei congressi di Lugano, gremita per l’inaugurazione del congresso (foto di Chiara Micci/Garbani)
La sala principale del Palazzo dei congressi di Lugano, gremita per l’inaugurazione del congresso (foto di Chiara Micci/Garbani)
 

Circa 4’250 iscritti da tutto il mondo hanno preso parte all’ICML, organizzato da Franco Cavalli, che si conferma come uno degli eventi di riferimento internazionale per lo studio dei tumori del sistema linfatico
di Paolo Rossi Castelli

Ultimo giorno, sabato 21 giugno, per il congresso internazionale sui linfomi maligni (ICML) organizzato a Lugano con grande successo da Franco Cavalli e da un comitato scientifico ricco di personalità d’eccezione. L’evento, con cadenza biennale, rappresenta uno dei punti fermi internazionali per gli oncologi che si occupano dei tumori del sistema linfatico (i linfomi, appunto). Questi tumori si sviluppano a partire dai linfociti, un tipo di cellule del sistema immunitario fondamentali per le difese dell’organismo. 

Laffollamento è stato più alto che mai, e ha costretto gli organizzatori ad ampliare le sedi all’interno della città, per accogliere tutti, poiché il Palazzo dei congressi non ha una capienza adeguata a un evento così importante, che raccoglie scienziati provenienti, in senso letterale, dai cinque continenti. Così le insegne dell’ICML si sono estese al parco Ciani (con un “tendone” da 700 posti), Villa Ciani, più l’ex-asilo Ciani, al cinema Corso, all’auditorium del Campus ovest dell’Università della Svizzera italiana e alla Sala polivalente del Campus est USI-SUPSI. Alberghi esauriti (molti iscritti al congresso hanno dovuto cercare un hotel a Como); ristoranti del centro super-prenotati, atmosfera da grande evento, per chi si è ritrovato in mezzo a fiumi di persone dotate di badge con i quadratini bianchi e rossi dell’ICML.

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«Sì, questa è stata la versione più grande di sempre, sotto ogni aspetto - conferma a Ticino Scienza Franco Cavalli. - Abbiamo avuto almeno 4.250 presenze sul posto, cioè persone che si erano iscritte e hanno partecipato “fisicamente”, più circa 500-600 utenti che si sono collegati ogni giorno via computer da remoto. Ma intorno al Palazzo dei congressi e alle altre sedi hanno “gravitato” anche gli staff delle ditte farmaceutiche, il personale tecnico, le famiglie e gli accompagnatori. Difficile fare una stima precisa, però si tratta di un impatto significativo per una città di 68’000 abitanti come Lugano».

Si sapeva che i numeri della precedente edizione sarebbero stati superati...

«Nel 2023 l’ICML aveva sfiorato i 4’000 partecipanti (comunque un ottimo risultato...). Ma anche per quanto riguarda gli abstract (cioè i riassunti dei risultati degli studi scientifici, ndr) che ci sono pervenuti, si è trattato di un record, perché erano il 20% in più rispetto al 2023, provenienti in buona parte da Stati Uniti e Cina. Questo ci ha costretto ad ampliare il programma: altrimenti, avremmo potuto accettare per le presentazioni orali solo l’11% degli abstract, una percentuale troppo bassa. Alla fine abbiamo accolto circa il 15%».

Avete quindi aggiunto alcune sessioni?

«Sì, tre o quattro sessioni in più, rispetto alla precedente edizione, anche se è difficile fare un confronto preciso. E, per la prima volta, abbiamo inserito nel programma anche una sessione interamente dedicata alle scienze infermieristiche».

Il giorno dell’inaugurazione avete dedicato una sessione importante anche all’intelligenza artificiale, insieme all’American Association for Cancer Research. L’AI è quindi entrata a pieno titolo nel vostro settore?

«L’Intelligenza Artificiale aiuta i patologi nella diagnosi dei linfomi (non dimentichiamo che ne esistono quasi 100 sottotipi!), ma può avere un ruolo anche negli studi clinici e nello sviluppo dei nuovi farmaci».

Esistono gruppi di ricerca leader in questo campo?

«Per la patologia, soprattutto gruppi francesi, come quello di Tolosa. Per le terapie, i centri di ricerca sono più sparsi e ci sono anche aziende farmaceutiche coinvolte».

Uno degli obiettivi è anche quello di modificare il modo in cui vengono organizzate le sperimentazioni?

«C’è un interesse crescente a trovare alternative, anche per motivi di costo e tempo. L’AI potrebbe creare gruppi di controllo virtuali, ma siamo ancora all’inizio».

Torniamo all’organizzazione del congresso. C’è chi teme, ormai da tempo, che l’ICML - avendo raggiunto dimensioni così ragguardevoli - venga “strappato” a Lugano per essere ospitato in città più grandi...

«In passato ci sono stati tentativi, è vero, ma oggi il "marchio Lugano" è consolidato. La struttura organizzativa è rodata, e la città piace. Non credo ci sia un rischio reale».

Le autorità locali vi sostengono?

«Il Comune di Lugano sì, con un contributo di 100’000 franchi e l’uso agevolato del Palazzo dei Congressi. Il Cantone in passato ha aiutato, ora meno. Ma il Municipio è molto collaborativo».

Dal punto di vista scientifico, quali sono le tendenze più significative emerse da questi giorni di presentazioni e dibattiti fra gli esperti?

«La tendenza più solida è verso la terapia personalizzata. Combinando la PET (Tomografia a emissioni di positroni) con la biopsia liquida (cioè analisi molto sofisticate per trovare nel sangue tracce, anche minime, di codice genetico “perso” dalle cellule tumorali, ndr), si può stabilire meglio, ad esempio, se la malattia è davvero scomparsa o se è necessario continuare con la terapia. Questo consente trattamenti più mirati».

La biopsia liquida è disponibile ovunque?

«Ancora no. È una tecnologia complessa e costosa, per adesso usata quasi soltanto nell’ambito delle sperimentazionii. Noi all’Istituto Oncologico di Ricerca, con il gruppo di Davide Rossi, siamo un centro di riferimento per alcuni studi europei. Questa tecnica, fra l’altro, non è ancora rimborsata dalle casse malati».

E sul fronte dei farmaci?

«Le CAR-T cells (linfociti modificati con tecniche di ingegneria genetica, ndr) sembravano la soluzione più promettente, ma ora gli anticorpi monoclonali bispecifici (cioè progettati per colpire due bersagli contemporaneamente, ndr) stanno guadagnando terreno: sono più semplici da usare, meno costosi, meno rischiosi».

Le tensioni politiche negli Stati Uniti stanno influenzando la ricerca?

«Sì, purtroppo. Alcuni ricercatori del National Cancer Institute che sono intervenuti al nostro congresso, per citare un piccolo esempio, hanno dovuto far approvare le loro slide, prima di poterle mostrare. Ed Elaine Jaffe (ricercatrice del National Institute of Health di Bethesda), che ha ricevuto uno dei nostri premi, per qualche tempo non ha saputo nemmeno se sarebbe potuta venire a Lugano. C’è malcontento. Alcuni ricercatori stanno valutando di trasferirsi in Europa».

Incredibile per un Paese che ha sempre puntato sulla ricerca.

«È una situazione sconcertante. Ma noi siamo pronti ad accogliere gli studiosi statunitensi che cercheranno opportunità in Svizzera».