cultura e salute

Arte che cura, lezione 4
Roberta Pedrinis: «Così
si aiuta l’auto-guarigione»

Lunedì 4 novembre 2024 circa 6 minuti di lettura
Roberta Pedrinis, arte-terapeuta presso la Lega ticinese contro il Cancro
Roberta Pedrinis, arte-terapeuta presso la Lega ticinese contro il Cancro

di Valeria Camia

Un percorso di cura che utilizza attività creative come il disegno, la pittura, o la scultura per favorire il benessere psicologico di una persona. Non stiamo parlando di un semplice laboratorio artistico, il cui obiettivo è la realizzazione di un’opera creativa, ma di arte-terapia, «un insieme di tecniche e di metodologie - spiega Roberta Pedrinis, arte-terapeuta presso la Lega ticinese contro il Cancro - che utilizzano la mediazione artistica come strumento di cura». Insomma, in questo ambito l’arte non è fine a se stessa, ma diventa una modalità per attivare in ogni essere umano le risorse sopite o pre-esistenti, e liberare forze di auto-guarigione. Roberta Pedrinis sarà la protagonista della quarta lezione (il 4 novembre, alle ore 18 nell’Aula Polivalente del Campus Est di via La Santa 1 a Lugano-Viganello) del corso "Arte che cura", organizzato dall’Università della Svizzera italiana con la Divisione cultura della Città di Lugano e la IBSA Foundation per la ricerca scientifica. Durante l’incontro, destinato agli studenti ma aperto, gratuitamente, anche alle persone che sono interessate a questi temi, verranno portate evidenze su come l’arte-terapia trovi un terreno fertile nei contesti medici grazie alla sua capacità di integrare il benessere psicologico con quello fisico, ad esempio in campo oncologico, per aiutare i pazienti a esprimere le proprie emozioni, a gestire l’ansia e a migliorare la qualità della vita durante e dopo il trattamento. Oppure nei percorsi di riabilitazione, favorendo il recupero funzionale dopo un trauma o una malattia.

«L’arte-terapeuta - spiega Pedrinis - è colui che si prende cura dell’altro mettendolo nella condizione di esprimersi. Ciò significa che qualcosa dell’altro verrà preso, raccolto, tolto, fatto uscire per essere ricreato, elaborato all’interno di un’opera, di una parola, di un racconto. L’arte-terapeuta lavora con la propria sensibilità affettiva e intellettiva: all’incrocio tra fenomenologia e psicoanalisi». 

L’arte-terapia a cui Pedrinis si ricollega trova i suoi fondamenti nei lavori dello psichiatra e filosofo Karl Jaspers, e in quelli di Ludwig Binswanger e di Eugène Minkowski, esponenti importanti di quella che viene chiamata fenomenologia psichiatrica. «Questo apporccio - dice Pedrinis -  porta a a valorizzare una diagnosi non limitata all’osservazione dei sintomi oggettivi, ma attenta alla comprensione del mondo interiore del paziente, delle sue percezioni, dei suoi pensieri e delle sue emozioni». In questo senso, come spiega l’esperta, il processo creativo diventa un momento di profonda connessione e introspezione. «Possiamo affermare - continua Pedrinis - che la forza dell’arte-terapia a orientamento psicodinamico  sia proprio quella di “rimettere il pendolo in movimento”, agendo come un catalizzatore, innescando un processo di cambiamento là dove la persona si trova in una situazione di stallo. Che si tratti di un trauma, di un blocco emotivo o di un semplice momento di stasi, l’espressione artistica diventa lo strumento che permette di "svincolare" le energie vitali e di riavviare un processo di crescita e sviluppo personale». 

Durante una sessione di arte-terapia il paziente è libero di esprimere sensazioni, emozioni, sentimenti, pensieri senza preoccuparsi del risultato finale. Nello stesso tempo l’arte-terapeuta, attraverso domande aperte e riflessioni condivise, può aiutare il paziente a comprendere il significato simbolico delle sue creazioni e a stabilire connessioni tra l’esperienza artistica e la propria vita. «Oltre alla pratica artistica - dice Pedrinis - l’arte-terapeuta ha una solida formazione in campo psicologico, che gli permette di meglio comprendere i processi mentali ed emotivi dei suoi pazienti. Questa combinazione di competenze consente all’arte-terapeuta di creare un ambiente sicuro e accogliente, in cui le persone possono esprimere liberamente la propria creatività. L’arte-terapeuta deve essere il garante del setting (contesto terapeutico, ndr) e del processo, con un occhio attento e silenzioso sui partecipanti e sulle dinamiche che avvengono all’interno del gruppo. Si parla di neutralità bienveillante (benevola) per indicare questa posizione dell’arte-terapeuta, priva di desiderio e senza rimpianto, ma tesa a favorire e attivare l’espressione dei partecipanti». 

Naturalmente rimuovere quelle barriere che abbiamo tutti alla realizzazione del nostro gesto spontaneo e autentico è difficile. «È comprensibile - continua Pedrinis - che all’inizio molte persone si sentano inibite, pensando di non essere sufficientemente competenti in campo artistico. Domande come “A cosa serve?”, o la paura di apparire infantili sono comuni. Tuttavia, l’arte-terapia offre uno spazio protetto e sicuro per sperimentare e scoprire le proprie potenzialità nascoste».
I materiali utilizzati all’interno di una seduta di arte-terapia non sono secondari. Se ne utilizza una vasta gamma: dai colori a tempera, ai pastelli, fino ad arrivare a tecniche come il collage. La scelta può variare a seconda delle esigenze specifiche di ogni persona. A volte, il paziente stesso è invitato a scegliere i materiali che lo attraggono maggiormente, in modo da favorire un’espressione più autentica. Altre volte è l’arte-terapeuta, in base alla sua esperienza, a suggerire l’uso di determinati materiali per stimolare particolari processi emotivi o cognitivi, in quanto ogni materiale possiede delle proprie caratteristiche specifiche. 

«Ricordo il caso di un giovane uomo, vittima di un grave incidente stradale, che portava i segni di innumerevoli interventi chirurgici e soffriva di un dolore cronico - racconta Pedrinis. - Profondamente depresso e sfiduciato, è arrivato in atelier durante un progetto pilota. In un primo momento, ha espresso il suo profondo disagio attraverso una macchia di colore tutta nera. Successivamente, è riuscito a rappresentare visivamente l’istante traumatico dell’incidente, e questo è stato un momento di svolta fondamentale. Questo atto di rappresentazione, questo processo di messa in forma (che in tedesco si esprime con la parola Gestaltung) di una memoria corporea implicita, ha innescato un processo di elaborazione del trauma, aprendo la strada a una graduale guarigione».

Tra i numerosi progetti che ha avviato, Roberta Pedrinis ricorda  la collaborazione con la Clinica riabilitativa EOC di Novaggio, dove ha proposto l’arte-terapia a pazienti oncologici con dolore cronico, in un contesto collaborativo accanto ad altre figure professionali. Il lavoro di team è particolarmente importante, sottolinea l’esperta, dal punto di vista della comunicazione interdisciplinare, e la condivisione dei lavori artistici può rendere ancora più efficace la collaborazione. Purtroppo, però, nel Canton Ticino, nonostante il crescente riconoscimento dei benefici dell’arte-terapia, l’offerta di servizi di questo tipo all’interno degli ospedali e degli altri spazi di cura rimane estremamente limitata. «Dunque - conclude Pedrinis - mi auguro che si possa continuare a lavorare affinché l’arte, potente strumento di cura e benessere, possa essere pienamente integrata nei contesti di cura tradizionali».